Gamma Capital Markets – Se è ancora tempo di Goldilocks.

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Market review

I mercati hanno registrato ottime performance da inizio anno, con i principali indici azionari che hanno chiuso il primo trimestre in positivo: il Nasdaq 100 a +8,49%, l’S&P500 a +10,16% e l’Euro Stoxx 50 a +12,43%. Il miglior settore in USA è stato quello della tecnologia, guidata dai Semiconduttori a +29% circa da inizio anno, mentre in Europa a performare meglio sono state le Auto&Parts con +15% circa da inizio anno. Aver focalizzato la nostra attenzione e ponderato maggiormente i nostri investimenti proprio su entrambi i settori da inizio anno ci ha sicuramente premiato.

I principali catalizzatori del primo trimestre sono stati 1) aspettative dei tagli sui tagli, nota negativa, essendo passati da 7 previsti a dicembre 2023 agli attuali 3 stimati dal mercato; 2) utili trimestrali migliori delle aspettative e guidance forti, soprattutto del settore tech e AI; Quantitative Tightening, che dovrà essere “lento e graduale”, per evitare ulteriori turbolenze alle regional banks     ; 4) politiche fiscali espansive da 500 miliardi di dollari, che hanno stimolato i consumi.

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Inflazione e nuove stime sugli scenari dell’economia

Veniamo da un’economia che, seppur in moderato rallentamento, mostra ancora forti segnali di resilienza. La lotta all’inflazione sta portando i suoi risultati e le earning season hanno mostrato numeri positivi, in particolare per i titoli a grande capitalizzazione legati all’intelligenza artificiale. Siamo, inoltre, passati dal rischio recessione temuto da tutti gli analisti nel 2023 all’attuale previsione di soft landing, se non addirittura no-landing. Un po’ di tempo fa poteva esser difficile da credersi, ma ci stiamo sempre più avvicinando allo scenario tanto acclamato “riccioli d’oro”.

Anche noi di Gamma Capital Markets, abbiamo aggiornato le nostre stime sull’economia americana, aumentando le probabilità dello scenario No Landing da 30% a 35%.
Il mercato del lavoro ha resistito fin troppo allo stress indotto dalla Fed e dai tassi alti. Forse qualche segno di indebolimento si inizia a vedere: le offerte di lavoro (JOLTS, Job Openings and Labor Turnover Survey) sono in calo di circa il 27% a marzo rispetto al picco del 2022.

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Quando taglieranno i tassi?

Resta sul tavolo il dilemma numero uno della Fed: quando tagliare i tassi? Farlo troppo in fretta, come più volte detto, potrebbe causare un ritorno dell’inflazione stile anni ’70. Farlo troppo tardi potrebbe innescare invece una recessione. Secondo quanto riferito nell’ultimo FOMC di Marzo, la Fed prevede ancora tre tagli dei tassi quest’anno, il che contribuisce a creare un contesto altamente accomodante per le azioni e altri asset rischiosi. Il tapering del bilancio (ovvero l’allentamento progressivo delle misure di quantitative easing) inizierà molto presto, secondo l’ultima dichiarazione di Powell, anche se per ora la Fed ha già ridotto il suo portafoglio titoli di circa 1,5 trilioni di dollari. La stretta quantitativa, ricordiamolo, fa seguito a un periodo di forte allentamento avvenuto durante la pandemia da Covid-19 e la successiva recessione che ha fatto sì che il portafoglio titoli della Fed fosse più che raddoppiato, arrivando a circa 9.000 miliardi di dollari durante il 2022.

Secondo la nostra opinione, la Fed continuerà a procedere lentamente nella riduzione del bilancio. Questo è stato anche già ampiamente dibattuto durante l’ultima conferenza in cui Powell ha più volte dichiarato di procedere in maniera lenta e graduale.

L’ultima volta che la Fed ha ridotto il suo bilancio era il 2019. Il QT era in corso da più di un anno ma la Fed ha dovuto interrompere il processo bruscamente dopo aver causato disfunzioni monetarie, costringendo la banca centrale a fare un passo indietro con massicce operazioni di pronti contro termine e a liquidare gran parte di quel QT. Powell ha fatto riferimento più volte a quell’episodio ed è chiaro che non vuole certamente indebolire il settore delle regional banks, già in condizioni di fragilità: “La liquidità non è distribuita uniformemente nel sistema. Possono esserci momenti in cui, nel complesso, le riserve sono ampie o addirittura abbondanti, ma non in ogni parte. In quelle parti in cui non sono ampie può esserci stress.” E: “Non vogliamo trovarci in una situazione in cui compriamo asset e rimettiamo le riserve nel sistema bancario come abbiamo fatto nel 2019”. Ciò significa che se i saldi RRP (reverse repo) continuano a diminuire, la Fed potrebbe ritrovarsi a fermare il QT del suo bilancio prima del previsto. Lato tassi di interesse, secondo l’opinione comune, la Fed probabilmente taglierà a giugno (la stima del mercato al momento è di circa il 60% per un taglio di 25 punti base).

Lato elezioni presidenziali, per chi non abbia piena familiarità con il sistema degli Stati Uniti, la maggior parte degli Stati usa il sistema maggioritario, ciò significa che il candidato, in caso di vittoria nella regione in questione, otterrà tutti i grandi elettori associati ad essa. Essi sono 538 in totale, ovvero tanti quanti il numero dei membri al Congresso più tre ulteriori rappresentanti del distretto di Washington e sono distribuiti nei vari Stati in base al numero di abitanti che vi risiedono. Successivamente, questi speciali elettori andranno a comporre il collegio elettorale del proprio Stato che si riunirà per la votazione del Presidente degli Stati Uniti. Per farla breve, sono necessari 270 voti per vincere le elezioni (la maggioranza su 538 elettori).

Ad oggi, vediamo che tutta la parte occidentale e orientale è grossomodo democratica, mentre la parte centrale è repubblicana. I repubblicani hanno 226 voti, il che significa che hanno bisogno di altri 44 voti per raggiungere i 270, mentre i repubblicani sono in testa con 235 voti, per cui hanno bisogno solo di altri 35 voti.
Siamo ancora ben lontani dalle vere e proprie campagne elettorali ma un dato interessante è che circa il 70% degli americani ha dichiarato di non volere come presidente i due principali candidati alle elezioni. Una percentuale sostanziale degli elettori democratici e la maggioranza degli elettori repubblicani non vogliono che il presidente Biden si candidi a causa della sua età e dei problemi cognitivi percepiti. Un numero considerevole di repubblicani e una maggioranza di democratici non vogliono che l’ex presidente Trump si candidi a causa dei suoi presunti problemi legali. Questo non è un dato sicuramente confortante in quanto potrebbe generare confusione e particolari stalli politici che non permetterebbero la corretta guida del Paese.

Inoltre, è bene ricordare che, in qualsiasi elezione c’è anche il rischio di ritardi nella verifica di un vincitore elettorale. A livello presidenziale, ciò si è verificato in quelle del 2020 (quando il risultato è stato contestato da Trump). In questi casi, i conseguenti ritardi potrebbero portare a risultati elettorali incerti, nel qual caso le classi di attività più rischiose potrebbero subire variazioni negative fino a quando non emergerà la chiarezza.

È chiaro che manca ancora troppo tempo per trarre importanti conclusioni, ma è un tema da monitorare costantemente perché segnerà l’andamento dei mercati da Settembre 2024 fino agli inizi dell’anno nuovo.

Prospettive di investimento per il prossimo trimestre

Il boom dell’intelligenza artificiale e le tendenze cicliche e strutturali si stanno traducendo in opportunità a lungo termine. Oltre alla tecnologia, che abbiamo già ridotto nelle recenti revisioni alle nostre principali strategie azionarie, il forte mercato del lavoro e la crescita dei salari dovrebbero continuare a stimolare i consumi interni. I futuri tagli dei tassi contribuiranno a ridurre i costi per le aziende, in primis fra tutte quelle legate alle energie rinnovabili (come solare, eolico e idrogeno) che dovrebbero trarre vantaggio dalla possibilità di investire in tecnologia innovativa a minori spese. Per tale ragione, continuiamo a tenere una quota di Alternative Energy nei nostri portafogli, convinti che il punto più basso in termini di valutazioni sia ormai vicino. In termini geografici, preferiamo Cina e India, oltre agli Stati Uniti, con una piccola partecipazione di aziende europee, soprattutto nei settori a bassissima valutazione, come l’automotive. Continuiamo a preferire la tecnologia, ma in questa fase di mercato preferiamo sottopesarla, soprattutto se partiamo di titoli tech a grande capitalizzazione (tra cui Amazon, Microsoft, Meta Platform, Nvidia). Siamo usciti da alcuni grandi brand, uno fra tutti Apple, che ci piace poco a causa dei rischi specifici del settore e della significativa presenza in Cina (20% delle attuali revenue provengono da lì) che la sta penalizzando.

In termini di valutazione, il P/E dei principali indici azionari risulta essere più basso rispetto agli anni precedenti e questo è principalmente dovuto dalla forte crescita degli utili aziendali, soprattutto nel settore della tecnologia e nello specifico dei semiconduttori. Il punto di domanda è se la crescita degli utili sarà sostenibile nei prossimi periodi. Secondo la nostra view, la risposta a questa domanda è sì, perché spinta da una domanda in forte crescita e dalla forte assunzione di massa della tecnologia che risulta essere sempre più una scelta esistenziale, senza la quale si è fuori dal mercato.

Ovviamente il flusso dati rimane altamente volatile, soprattutto se pensiamo alle prossime pubblicazioni di dati relativi all’inflazione che può, come già successo nei mesi scorsi, generare volatilità sui mercati e destabilizzare gli indici, anche se per pochi giorni. I rischi geopolitici continuano ad essere dietro l’angolo con le principali Nazioni al mondo che corrono ad incrementare la spesa militare e a raggiungere accordi internazionali di cooperazione alla difesa dei confini.

Consigliamo, dunque, un approccio diversificato, con particolare attenzione alla qualità. Sul comparto obbligazionario, in funzione di protezione del portafoglio, siamo investiti in emissioni euro corporate investment grade, con rendimento a scadenza medio del 3.80% e una duration media di 4,5. Non inseriamo la componente High Yield perché cerchiamo le performance con la componente azionaria e perché, in caso di scenario risk-off, il disinvestimento da questa asset class non gode delle stesse garanzie di immediata liquidabilità dell’equity.