Proprietà immobiliare e finanziamento del tenore di vita

Roberto Carli -
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In Italia 1 milione e mezzo di famiglie di anziani hanno reddito basso, ma posseggono una casa di valore medio-alto.

Il dato viene riportato nel Quaderno n. 26 dell’Osservatorio di Fondazione Cariplo , “House rich, cash poor”, appena presentato; il 21% delle famiglie di anziani che abitano in casa di proprietà ha risparmio basso o nullo, ma più di un terzo di questi nuclei vive in un’abitazione del valore superiore a 200 mila euro. Il fenomeno assume sicuramente rilievo in un Paese come il nostro caratterizzato da una forte vocazione alla proprietà immobiliare.

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In una lettura “incrociata” va ricordato infatti come la recente Indagine annuale sul risparmio di Intesa Sanpaolo/Centro Einaudi evidenzi come il 77,6 per cento delle famiglie intervistate vive in una abitazione di proprietà. Si tratta di un valore che non conosce nel tempo oscillazioni significative e che cresce con l?età: già nella fascia di età più giovane il possesso dell?abitazione riguarda quasi il 60 per cento delle famiglie; la crescita è costante e, alla fine della vita lavorativa, l?85 per cento degli intervistati è proprietario dell?abitazione.

Circa un quinto delle famiglie possiede anche altri immobili (di nuovo, la percentuale sale con l?età) e circa un quarto dei soggetti più anziani possiede anche immobili diversi dalla propria abitazione. Il valore medio per famiglia del patrimonio immobiliare, stimato al netto dei mutui in corso, approssima i 217 mila euro, raggiungendo quasi i 255 mila per i più anziani: questo corrisponde a una ricchezza immobiliare complessiva pari a circa 3 volte e mezzo il PIL.

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Quale potrebbe essere il contributo della finalizzazione della proprietà immobiliare alla integrazione pensionistica ? Sempre l’Indagine annuale ISP/Centro Einaudi stima che a livello medio individuale, se la ricchezza immobiliare media della famiglia italiana fosse convertita in rendita, a 65 anni si otterrebbe un tasso di sostituzione sul reddito medio di circa il 49 per cento, a 69 anni di circa il 60 per cento.

Focalizzando poi l’attenzione sul Quaderno dell’Osservatorio della Fondazione Cariplo si sottolinea come la necessità di rendere liquida una parte o la totalità della ricchezza rappresentata dalla casa di abitazione è oggi più forte rispetto al passato per una pluralità di ragioni. In primo luogo le politiche pensionistiche sono meno generose.

Si profila poi l’allungamento della durata della vita media cui si associa un aumento del rischio di trascorrere una parte della vita in condizioni di non autosufficienza. Ulteriore aspetto è rappresentato dall’aumento del numero di persone anziane senza figli che si associa spesso con deboli motivazioni a lasciare un’eredità. Vanno ancora ricordate le maggiori difficoltà d’ingresso nel mondo del lavoro delle generazioni più giovani che possono determinare una maggiore propensione degli anziani a effettuare trasferimenti in vita a favore di membri giovani della famiglia.

L’eccessiva concentrazione della ricchezza sulla componente immobiliare giustifica poi una desiderio di maggiore diversificazione Vi è quindi un importante potenziale di sviluppo per strumenti che permettano di rendere liquida una parte della ricchezza accumulata nella casa di abitazione conservando il diritto ad abitarvi fino al termine della vita. Il tema dell’utilizzo razionale della ricchezza immobilizzata nella casa di abitazione ha sicuramente rilevanza sia dal punto di vista sociale sia macroeconomico.

Dal primo punto di vista, il tema può avere un impatto sul benessere degli anziani, sulla possibilità di contribuire alla gestione del problema del “dopo di noi”, sul problema della solidarietà tra le generazioni, sulla questione del contrasto della povertà, sul tema della qualità delle città (manutenzione degli immobili).

Dal punto di vista macroeconomico, la questione riguarda il consumo aggregato (e quindi il reddito e l’occupazione) e si può collegare anche alla ricerca da parte del sistema bancario di soluzioni ai cosiddetti “mutui incagliati”. Due sono gli strumenti che possono essere utilizzati a questo scopo. La cessione della nuda proprietà con mantenimento dell’usufrutto in capo all’anziano e il prestito vitalizio ipotecario che prevede l’emissione di debito a fronte di una garanzia rappresentata dalla casa di abitazione.

Ma quale è l’appeal dello smobilizzo immobiliare nell’immaginario collettivo del Bel Paese ? Tornando all’Indagine annuale ISP/Centro Einaudi solo il 18,5 per cento del campione sarebbe disposto a vendere la casa per vivere meglio e tale dato non aumenta (anzi, si riduce al 14,5 per cento) per i più anziani, mentre fino ai 44 anni è leggermente più alto della media (circa il 23 per cento).

Chi ritiene il prestito ipotecario vitalizio una buona idea (e lo utilizzerebbe in caso di bisogno) non supera il 10 per cento del campione in nessuna fascia d?età, anche se quasi due terzi vi ricorrerebbero in caso di estrema necessità. Si tratta di un risultato in qualche modo controintuitivo; se la casa è una forma di ricchezza come un?altra, l?idea di venderla per vivere meglio, o la possibilità di renderla (in parte) «liquida» usandola come collaterale per un prestito, che per di più sarà restituito dagli eredi, senza modificarne la proprietà né l?utilizzo, dovrebbe forse riscuotere maggiore interesse .

Probabilmente una ragione, tra le altre, chiosa l’Indagine annuale, è che la proprietà della casa, in particolare quella di abitazione, riveste una connotazione valoriale che va al di là di quella meramente monetaria