Il contribuito degli investitori istituzionali allo sviluppo economia Paese

Roberto Carli -
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Si è tenuta a Roma lo scorso 16 luglio la terza Edizione della Giornata dell’Investitore Istituzionale, l’evento organizzato da FeBAF dedicato agli investitori istituzionali ed al loro ruolo e contributo allo sviluppo dell’economia del Paese.

E’ utile ricordare in premessa come, così come evidenziato dalla Banca d’Italia nella recente Relazione annuale, nonostante i recenti progressi (tra il 2005 e il 2018 il numero delle società non finanziarie quotate è aumentato del 45 per cento) il mercato azionario italiano è ancora piccolo rispetto ai principali Paesi europei in termini di capitalizzazione in rapporto al PIL.

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Così come riportato poi nella Relazione annuale della Covip il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana è di 36,7 miliardi di euro, il 27,7% del patrimonio mentre pe le Casse di previdenza gli investimenti nell’economia italiana, ossia in immobili e in titoli domestici, ammontano a 34,4 miliardi di euro, pari al 40,3% delle attività totali, mentre gli investimenti non domestici si attestano a 37 miliardi di euro, corrispondenti al 43,3% delle attività totali.

Nel corso della Giornata sono stati presentati i risultati dei lavori di un tavolo inter-associativo coordinato da FeBAF che ha l’obiettivo di approfondire ed elaborare proposte di policies per sostenere un maggiore afflusso di risorse all’economia reale.

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Il tavolo ha individuato tre aree critiche su cui occorre elaborare nuove proposte: l’offerta, attraverso una migliore canalizzazione dei finanziamenti degli investitori istituzionali all’economia reale; la domanda, portando in luce quelle piccole e medie imprese che presentano contemporaneamente potenziale e difficoltà nel reperimento di risorse; l’intermediazione, attraverso la comprensione dei fattori che limitano l’azione degli operatori di private equity e venture capital alla fascia più alta delle imprese.

Quali sono le principali evidenze ? Lo spostamento verso titoli di debito e di capitale delle nostre imprese di una minima parte del patrimonio e degli asset dei gestori collettivi del risparmio previdenziale e assicurativo apporterebbe risorse ingenti e concrete al mondo produttivo, che potrebbe investirle in innovazione, programmi di espansione, nuova occupazione con riflessi significativi sulla crescita del PIL.

La stima elaborata è di 10 miliardi che potrebbero attivare la ‘scintilla’ necessaria a far ripartire gli investimenti, che dopo un periodo positivo stanno attraversando una fase di contrazione.

Si sottolinea ancora come la vocazione di lungo termine del risparmio previdenziale e assicurativo si coniugherebbe con le esigenze di sostenibilità ormai necessarie in ogni progetto di investimento delle imprese, finanziarie e non. L’analisi fatta durante la Giornata, che è coerente con gli sviluppi europei del Mercato unico dei capitali e con le novità introdotte nella normativa italiana negli ultimi anni, punta ad allargare i canali di finanziamento delle imprese.

Quello bancario resta in assoluto prevalente, ma per effetto di regolamentazioni internazionali sempre più restrittive, ha sempre più necessità di essere affiancato da altri strumenti e soggetti, tra i quali appunto gli investitori istituzionali.

Saranno necessarie modifiche normative, regolamentari e di vigilanza, si sottolinea, per eliminare alcune distorsioni sulle assicurazioni effetto di Solvency II, per i limiti agli investimenti in economia reale da parte di Fondi di previdenza e Casse, oltre che per soglie di ingresso troppo elevate, come nel private equity.

Ma il percorso verso maggior consapevolezza e interventi mirati è avviato e vi è unità di venute da parte delle imprese e degli investitori, chiamati a gestioni sempre più professionali ed efficaci, pur nella prudenza che deve caratterizzare l’utilizzo del risparmio previdenziale obbligatorio (come per le Casse di previdenza) e complementare (è il caso dei fondi previdenziali).