Il conflitto Russia/Ucraina polarizza l’attenzione delle banche centrali a scapito della crescita
Il conflitto tra Russia e Ucraina sta polarizzando l’attenzione delle banche centrali perché può rivelarsi un serio problema per gli sviluppi dell’economia mondiale e può condizionare anche le decisioni di politica monetaria. Al momento però riteniamo che le banche centrali dovrebbero riservare maggiore considerazione anche alla crescita economica visto che al momento questo fattore viene in parte tralasciato.
Infatti, i rialzi dei prezzi delle materie prime e i rischi connessi alla loro supply chain, considerando il ruolo preminente che la Russia ricopre nel settore delle commodity, avranno indubbiamente un forte impatto anche sulla crescita economica. Di conseguenza pensiamo che, per non gravare eccessivamente sulla ripresa economica, le banche centrali propenderanno per una politica monetaria meno aggressiva rispetto alle previsioni e a rialzi dei tassi più dilazionati nel tempo.
Finora le autorità europee hanno solidalmente comminato diversi round di sanzioni alla Russia che andranno ad impattare su diversi settori dell’economia russa. A nostro parere, le vere fragilità da colpire sono rappresentate dagli ambiti di R&D nel settore IT, in quanto storicamente la Russia ha difficoltà ad estrarre valore aggiunto dalla sua economia. Quindi, in definitiva, le sanzioni più impattanti saranno proprio quelle riguardanti la tecnologia, le esportazioni di chip e il settore aeronautico di cui la Russia è netto importatore.
Un altro tema che risente del conflitto in atto è rappresentato dalla transizione energetica che esacerba la ben nota vulnerabilità dell’Europa lato produzione ed approvvigionamento delle materie prime e questo aggiunge una certa urgenza a sviluppare robuste alternative; riteniamo che le energie rinnovabili siano la prima e più rapida soluzione a questo problema.
I paesi che beneficeranno di questo contesto di forte volatilità sui mercati delle commodities saranno gli esportatori di minerali e di energia come la Colombia o chi esporta metalli come il Sud Africa, sostanzialmente i diretti competitor della Russia; invece, sono da evitare i paesi come Egitto e Turchia ma, più in generale, anche i paesi del Medio Oriente che dipendono molto dalle importazioni di grano e di altri beni alimentari da Russia e Ucraina.
I mercati emergenti al pari dell’Europa sono altrettanto interessanti poiché hanno dovuto convivere con lockdown prolungati e iter di vaccinazioni proseguite a rilento. Se riusciranno a rafforzarsi e ad uscire da questa posizione di debolezza allora il peso di un dollaro forte sarà meno di ostacolo all’espansione delle loro economie.
Riteniamo che la pandemia allenterà molto la sua morsa e via via sarà sempre più debole; quindi, molto di ciò che ha provocato lo squilibrio tra mercati emergenti ed Europa con gli Stati Uniti sta scomparendo e un ambiente globalmente inflazionistico con l’aumento dei prezzi delle materie prime è sempre stato positivo per i mercati emergenti.