Quando l’investimento ha un’anima

Redazione - redazione@lamiafinanza.it -

La selezione dei titoli è fatta da agenzie specializzate, che attribuiscono a obbligazioni e azioni un vero e proprio rating etico

 

Il primo fondo d’investimento etico, Sanpaolo azionario internazionale, è comparso in Italia nel 1997. Da allora il mercato ha sfornato prodotti etici a getto continuo: non soltanto fondi, ma anche gestioni patrimoniali, conti correnti, fondi immobiliari. Eppure la finanza etica è ancora poco conosciuta nel nostro Paese, dove regna una certa confusione su cosa possa essere considerato un investimento etico, e cosa no. Assogestioni, l’associazione che riunisce le società di gestione dei fondi, ha dato una propria classificazione dei fondi etici: e secondo i suoi dati questi hanno oggi un patrimonio di poco più di 2 miliardi di euro. Pochissimi.

 

Un fondo di investimento (o un altro prodotto finanziario) può essere definito etico quando seleziona i titoli (azioni e obbligazioni) in base al comportamento delle imprese, e degli Stati, che li hanno emessi. E investono soltanto quelli che rispondono a precisi standard di responsabilità sociale. Quindi: no ai titoli di società che fabbricano armi, alcolici o tabacco,  che non rispettano le regole fondamentali nei rapporti con i dipendenti (per esempio perché non riconoscono i diritti sindacali o impiegano il lavoro di bambini), che non rispettano l’ambiente o che sostengono, più o meno apertamente, regimi politici non democratici. E no, ovviamente, ai titoli di Stato di Paesi che non rispettano i diritti umani o sono vere e proprie dittature.

La selezione dei titoli è fatta sulla base di studi e analisi realizzati da agenzie specializzate, che danno ad azioni e obbligazioni un vero e proprio rating etico.

L’eticità di un investimento può poi essere declinata secondo principi diversi: per esempio un fondo etico può essere particolarmente attento alle tematiche ambientali, o a motivazioni religiose (alcuni escludono i titoli di società farmaceutiche in quanto produttori di anticoncezionali), o pacifiste, e così via.

Nella categoria della finanza etica non vanno invece, a nostro avviso, rubricati i prodotti che si limitano a devolvere una parte delle spese o dei proventi ad associazioni o iniziative benefiche. Iniziative lodevoli, ma che hanno poco a che vedere con un modo di investire un po’ più complesso.


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