Donazioni: come usare le polizze vita?

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Seguendo l’esempio del Fai, anche altre associazioni o enti possono utilizzare un contratto di assicurazione per ricevere fondi dai loro benefattori

Ho visto di recente una pubblicità del Fai dove i soci e i non soci vengono invitati a nominare questa fondazione come beneficiaria di una polizza vita. Sono un consigliere ed economo di un’associazione no profit di una città di provincia che si occupa di carità per le persone bisognose e quindi sono molto interessato a una cosa del genere ma non mi è chiaro se una piccola realtà come la nostra possa fare altrettanto. Come funziona? Che vantaggi ci sono per noi e per chi fa la polizza. Potete darci informazioni. Ci sono controindicazioni?

Risponde David Canaletto

Il nostro lettore fa riferimento ad un’iniziativa del Fai (Fondo ambiente italiano) avviata in collaborazione con Farad International, un broker assicurativo indipendente specializzato nel “private life insurance”.

Si tratta di un modo indiretto di finanziare, con una donazione, il Fai. Viene utilizzata una polizza vita nella quale il Fai stesso verrà designato, in tutto o in parte, come beneficiario della prestazione. Ciò significa che il Fai dovrà attendere che la polizza giunga alla sua scadenza o che, in corso di contratto, l‘assicurato muoia. In tali casi il Fai, in qualità di beneficiario designato, acquisirà dalla compagnia la somma di denaro oggetto dell’assicurazione. È un diritto proprio, non ereditario, che non consente a eventuali eredi di pretendere quanto destinato alla fondazione dal contraente della polizza.

La polizza vita, grazie alle sue peculiarità normative e fiscali, è un veicolo del tutto legittimo ed efficace per beneficiare di finanziamenti che in genere potranno materializzarsi solo dopo la morte del benefattore. Il ricorso a un broker internazionale non può che ottimizzare questa soluzione entrando nello specifico degli aspetti legali, fiscali e finanziari del singolo potenziale assicurato.

Qualsiasi ente benefico che abbia una sua rilevanza giuridica può utilizzare lo stesso schema adottato dal Fai anche senza l’ausilio di un broker.

Qualunque polizza vita, anche la più modesta in termini di premi, richiede, al momento della sottoscrizione, la designazione di almeno un beneficiario. È in tale occasione che l’associazione di cui il nostro lettore è consigliere potrebbe essere indicata come destinatario, in tutto o in parte, della somma assicurata. Se il contraente durante la vita della polizza non cambierà idea e manterrà fermo il suo proposito, l’ente designato riceverà quanto gli spetta in caso di morte dell’assicurato. La designazione dell’ente può essere realizzata anche se una polizza sia già in vigore da tempo, poiché il beneficiario originario può essere revocato nella stessa forma con il quale è stato designato.

Come funziona? Si può sottoscrivere una qualsiasi polizza vita, presso un’agenzia, una filiale bancaria o un promotore finanziario ricordandosi di indicare l’ente come beneficiario. Se la polizza è già in essere occorre che il contraente comunichi alla propria compagnia che intende revocare, anche in parte, il beneficiario originario, sostituendolo con l’associazione.

Quali sono i vantaggi per l’ente? Non necessariamente immediati, nel tempo si possono però incassare somme anche cospicue, sempre che i potenziali benefattori siano sensibilizzati verso questa soluzione. Chi contrae la polizza con questa finalità ne mantiene il controllo diretto, può interromperla quando vuole, può riprendersi i soldi investiti oppure può, a sua discrezione, cambiare idea e designare un beneficiario diverso. Non è una scelta vincolante (salvo particolari formalismi) ma c’è la consapevolezza che, se l’assicurato muore, l’ente prescelto ne trarrà un vantaggio patrimoniale.

Non riscontriamo controindicazioni verso questa soluzione, che è regolata specificatamente dal Codice civile.