Private equity: un manuale per l’investimento “Sri”

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Presentato da Forum per la finanza sostenibile e Aifi, illustra modalità e vantaggi dell’integrazione dei criteri Esg nella valutazione delle aziende

Una migliore valutazione dei rischi e delle opportunità, la crescente richiesta da parte degli investitori finali, a necessità di rispettare un quadro normativo in rapida evoluzione. Sono molte le ragioni che spingono anche il settore del private equity verso un approccio “responsabile”, verso l’integrazione cioè dei criteri Esg nella valutazione delle imprese in cui investire.

Ed è per rispondere a questa evoluzione che il Forum per la finanza sostenibile e l’Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) hanno deciso di realizzare, attraverso un apposito Gruppo di lavoro, il primo manuale sul private equity sostenibile per gli operatori italiani.

Il manuale (alla cui realizzazione hanno partecipato cinque gestori di fondi di private equity particolarmente sensibili al tema: Ape Sgr, Mandarin Capital Partners, Pai Partners, Quadrivio Sgr e Wise Sgr) è stato presentato oggi, nell’ambito della Settimana Sri, in un incontro alla Fondazione Enrico Mattei di Milano.

Il mercato italiano presenta caratteristiche particolari, che appaiono come un limite alla diffusione dell’Sri, l’investimento socialmente responsabile: per esempio, la presenza di investitori istituzionali di dimensioni limitate, un numero ridotto di società quotate o la scarsa conoscenza del tema.

Ma, affermano i promotori dell’iniziativa, proprio l’Sri può assumere un ruolo fondamentale nel rilancio dell’economia italiana, aiutando le imprese non quotate, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, ad accrescere la propria capacità di innovazione e l’attenzione agli aspetti ambientali, sociali e di buona governance (Esg).

Investire in private equity secondo criteri di sostenibilità consente in primo luogo di avere una migliore valutazione dei rischi e delle opportunità legati alle scelte di portafoglio. E dato che le imprese non quotate tendono a fornire meno informazioni sulle dimensioni Esg della loro attività, “includere un’analisi di sostenibilità nelle decisioni di investimento”, spiega il manuale, “può consentire di mettere in luce elementi diversamente non catturabili, garantendo così una maggior completezza delle analisi e una maggior efficacia degli interventi sulle aziende inserite in portafoglio”.

In secondo luogo, orientarsi verso strategie di investimento sostenibile consente di rispondere alle aspettative e alle esigenze degli investitori finali, il cui interesse nei confronti degli aspetti ambientali, sociali e di governance è in costante aumento.

Un’ulteriore spinta viene dal quadro normativo. “In futuro, ci si aspetta che siano anzitutto i governi e i regolatori a esercitare pressione per l’integrazione di criteri Esg, soprattutto in Europa (si pensi, per esempio, alla recente approvazione della Direttiva europea sulla rendicontazione delle informazioni non finanziarie, in fase di recepimento nei Paesi dell’Unione) e nelle regioni dell’Asia e del Pacifico”.

“L’adozione di una policy Sri rappresenta il primo passo per ogni gestore che voglia orientarsi verso una strategia di investimento sostenibile e responsabile”, affermano gli autori.

Il manuale entra poi nel dettaglio delle modalità con cui gli operatori del private equity possono realizzare nella pratica un approccio sostenibile e responsabile, a partire da tre passaggi fondamentali: acquisire in prima persona competenze sui temi ambientali, sociali e di governance; esplicitare obiettivi e impegni sulle questioni di sostenibilità; e valorizzare l’approccio Esg nella relazione con le imprese.

Il testo “Private equity sostenibile – Una guida per gli operatori del mercato italiano”, può essere scaricato a questo link