Scatta oggi il decreto “salva banche”

di Rosaria Barrile -

Scongiurato il “bail in” per CariFerrara, Banca Marche, Popolare dell’Etruria e CariChieti. A pagare questa volta non saranno i correntisti

E’ finita la corsa contro il tempo per salvare CariFerrara, Banca Marche, Popolare dell’Etruria e CariChieti e scongiurare l’applicazione del tanto temuto “bail in” ovvero il nuovo procedimento europeo di salvataggio delle banche in crisi, che scatterà dal 1° gennaio del 2016.

E’ stato approvato dal Consiglio dei ministri un decreto legge che di fatto permetterà alle banche in questione, da tempo in amministrazione straordinaria e poi finite in liquidazione coatta amministrativa, di continuare a operare salvando posti di lavoro e soldi dei correntisti.

Il meccanismo di salvataggio, che ha ricevuto l’approvazione della Commissione europea e quello della Bce, si basa sulla creazione di quattro “banche-ponte”.

Per ciascuna delle quattro banche in difficoltà, che nel complesso hanno una quota di mercato pari all’1% dei depositi, la parte “sana” è stata separata da quella malata del bilancio. Tutte le attività in sofferenza sono stati trasferite in un’unica” bad bank”, mentre tutte le altre attività, tra cui depositi, i conti correnti e le obbligazioni ordinarie sono state trasferite nella corrispondente banca-ponte.

Per i correntisti, almeno in teoria, dovrebbe cambiare poco o nulla. Le quattro banche ponte, ripulite dai crediti deterioriati, come anticipato da Banca d’Italia, cambieranno solo denominazione: si chiameranno “Nuova Cariferrara”, “Nuova Banca Etruria”, “Nuova Banca Marche” e “Nuova Carichieti”.

A pagare per l’operazione non saranno i risparmiatori, bensì, il neonato Fondo di risoluzione (previsto dalle norme europee e amministrato da Bankitalia) che ha ricostituito il capitale delle quattro banche-ponte pari a 1,8 miliardi. L’importo verrà recuperato quando le banche ponte saranno finalmente vendute sul mercato. Per il momento saranno gestite sotto la supervisione dell’unità di risoluzione della Banca d’Italia e saranno presiedute da Roberto Nicastro (ex direttore generale di Unicredit).

Tecnicamente il fondo di risoluzione erogherà complessivamente 3,6 miliardi di euro alle banche ponte, per capitalizzarle e per coprire la differenza negativa fra gli attivi trasferiti e le passività. L’operazione sarà finanziata dai contributi delle banche al fondo. In particolare, spiega la Banca d’Italia, l’impegno finanziario immediato del Fondo di risoluzione è, complessivamente per le quattro banche, così suddiviso: circa 1,7 miliardi a copertura delle perdite delle banche originari; circa 1,8 miliardi per ricapitalizzare le banche buone, circa 140 milioni per fornire alla banca cattiva il capitale minimo necessario a operare.

Denaro che è stato anticipato da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi Banca, a tassi di mercato e con scadenza massima di 18 mesi.