Gli italiani risparmiano, ma della finanza si fidano poco

di Rosaria Barrile -

Indagine Assimoco: aumenta il numero di chi riesce a mettere da parte qualcosa. Si punta su liquidità e immobili. E la cultura in materia di investimenti è scarsa, soprattutto fra le donne

Gli Italiani riprendono a risparmiare anche se poi, quando si tratta di decidere come investire, raramente scelgono prodotti che implicano una prospettiva di lungo termine, per mancanza di fiducia nelle banche e, talvolta, per scarsa conoscenza di alcuni concetti chiave della finanza.

Lo afferma il rapporto “Un neo-welfare per la famiglia: cooperare per una gestione consapevole del risparmio”, promosso dal gruppo assicurativo Assimoco e realizzato da Ermeneia. Condotto su un campione di circa 2 mila famiglie, lo studio fa emergere non tanto il superamento della crisi economica, quanto piuttosto una capacità di adattamento ai suoi effetti.

Tra le notizie positive ad esempio, vi è un aumento della capacità delle famiglie di “mettere da parte”: la quota di coloro che dichiarano di risparmiare fino al 15% del reddito familiare sale dal 26,7% del 2014 al 34,6% del 2016, mentre si contrae leggermente la quota di coloro che riescono a risparmiare oltre il 15% del reddito percepito (che scende dall’8,5% al 7,6%).

Dalla ricerca emerge anche come circa due terzi dei capifamiglia italiani sia tentato di non fare alcun investimento finanziario e di restare “liquido”, conservando il denaro in casa o in cassette di sicurezza. Se si guarda poi nel dettaglio alle attività finanziarie detenute in portafoglio, cresce ancora di più la componente di liquidità posseduta dalle famiglie sotto forma di depositi bancari e risparmio postale: dai 1.091 miliardi di euro (a prezzi correnti) nel 2010 è salita a 1.211 nel 2014.

Ma anche in questo caso il rapporto invita ad andare oltre a quella che è la tendenza generale. Nel concreto infatti i comportamenti risultano molto più aperti e in evidente trasformazione: si riscontra per esempio un disinvestimento dai titoli di debito pubblico e un maggiore investimento rispetto al passato in quote di fondi e in polizze assicurative.

“C’è una maggiore propensione a investire una parte dei risparmi sulla copertura dei grandi rischi in cui può incorrere la famiglia, adottando le formule assicurative opportune, anche perché il sistema di welfare pubblico si sta indebolendo e la solidarietà familiare tende ad attenuarsi rispetto al passato”, sottolinea Ruggero Frecchiami, direttore generale del gruppo Assimoco. “In questo scenario vi è una nuova apertura dei giochi nel campo degli investimenti nel mattone, anche se gli intervistati sembrano essere pienamente consapevoli dei limiti connessi alla tassazione sulla casa e alla rigidità del sistema degli affitti. Ciononostante il 45,5% dei capifamiglia ammette che la casa torna ad essere un ambito importante su cui indirizzare i risparmi, date anche le incertezze che presentano gli investimenti di tipo finanziario”.

Secondo i dati del rapporto, chi oggi ha accumulato risparmi si sente disorientato: il 78,4% dei capifamiglia ammette che non è facile scegliere gli impieghi finanziari ottimali tra quelli disponibili, l’81,4% sottolinea come le sicurezze e i rendimenti cui si era abituati in passato non sono più validi oggi e l’84,8% valuta in modo decisamente in negativo le recenti vicende relative al salvataggio delle banche del centro Italia tra cui Banca Marche e Banca Etruria.

E qui entra in gioco l’impatto dell’educazione finanziaria vista come l’unica via per tornare ad avere fiducia e scegliere consapevolmente come investire.

I cosiddetti “millennials” e le donne rappresentano i gruppi della popolazione a più alto rischio di analfabetismo finanziario. Tre in particolare sono i fattori che stanno influenzando l’approccio dei giovani ai prodotti finanziari: scarsa fiducia nelle banche tradizionali, forte propensione all’utilizzo di risorse online, bassa alfabetizzazione finanziaria e scarsa comprensione dei termini tecnici finanziari.

In Italia il gap tra uomini e donne resta elevato: il 45% degli uomini risulta avere competenze finanziarie di base contro solo il 30% delle donne.

La buona notizia tuttavia è che tale risultato potrebbe essere in realtà sovrastimato: in pratica le donne, pur avendo competenze simili a quelle di molti uomini, avrebbero invece un basso livello di fiducia in loro stesse quando si tratta di decidere come investire.

Questo atteggiamento si rivela un grave handicap sul lungo periodo perché, a causa della maggiore longevità anagrafica, delle differenze retributive e delle frequenti interruzioni di carriera dovute alla maternità, le donne hanno maggiori difficoltà nel mantenere un adeguato tenore di vita durante la vecchiaia e sono in grado di accumulare minori risorse economiche durante la vita lavorativa. La capacità di saper prendere decisioni efficaci in materia finanziaria, aumentando il livello di conoscenze complessive sui grandi temi della finanza, diventa quindi prioritaria per le donne soprattutto in un contesto come quello attuale, che vede in aumento donne single e divorziate, oltre che vedove, magari con figli a carico.