Guerra commerciale: il secondo fronte

Stephen H. Dover -
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Si è affermato che le espansioni economiche non muoiono di vecchiaia, ma vengono uccise, di solito dall’inflazione o dagli sforzi dell’U.S. Federal Reserve (la Fed) per controllarle.

Da parte nostra, riteniamo tuttavia che potremmo stare entrando in un’era in cui un “errore di politica”, che coinciderebbe in questo caso con la politica commerciale e i dazi, rafforza la probabilità di una recessione e di una pressione al ribasso sui mercati. Nel mese scorso le tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina sono aumentate creando volatilità nei mercati azionari globali.

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Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ora aperto un secondo fronte di tensioni commerciali, minacciando l’imposizione di dazi sulle importazioni dal Messico se questo paese non fermerà il passaggio illegale alla frontiera con gli Stati Uniti.

Alcune informazioni generali

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Il 30 maggio, il Presidente Trump ha annunciato con un tweet che a partire dal 10 giugno sarebbe stato imposto un dazio del 5% su tutte le merci importate dal Messico se questo paese non avesse fermato il flusso illegale di immigranti negli Stati Uniti. In una successiva dichiarazione, Trump ha affermato che a ottobre i dazi salirebbero al 25% a ottobre e rimarrebbero a tale livello fino a che il Messico non avesse messo in atto le azioni opportune. Queste azioni riguardano sia l’immigrazione che gli scambi commerciali.

Minacciando questi dazi, Trump ha adottato un approccio diverso da quello usato in passato con altri partner commerciali. Il presidente si è appellato all’International Emerging Economic Powers Act (IEEPA), che impedisce qualsiasi aiuto in merito da parte del North American Free Trade Agreement (NAFTA) e della World Trade Organization (WTO).

Ciò detto, vi è una possibilità che questo dazio non sia applicato (1) nel caso del raggiungimento di un accordo in occasione del summit fissato per il 5 giugno tra il Ministro degli Esteri messicano Ebrard e la sua controparte Mike Pompeo, (2) qualora i tribunali statunitensi deliberino che i dazi sono illegali, oppure (3) nel caso di un’azione del Congresso.

Possibile impatto dei dazi sugli Stati Uniti

Nel 2018 gli Stati Uniti hanno importato merci dal Messico per 372 miliardi di dollari. Un dazio del 5% significherebbe pertanto un importo totale di circa 19 miliardi di dollari all’anno.

Secondo la nostra view, i dazi minacciati da Trump, se messi in atto, sarebbero verosimilmente particolarmente dannosi per il settore auto statunitense, che nel 2018 ha importato dal Messico vetture o componenti per vetture per 93 miliardi di dollari. L’anno scorso hanno costituito le categorie di importazioni maggiori dal Messico negli Stati Uniti, dopo i macchinari elettrici (64 miliardi di dollari), i macchinari (63 miliardi di dollari), i carburanti fossili (16 miliardi di dollari) e gli strumenti ottici e medici (15 miliardi di dollari).

Possibile impatto dei dazi sul Messico

Secondo la nostra view, gli eventuali dazi imposti da Trump potrebbero avere un impatto notevole sull’economia messicana. Le esportazioni del paese sono destinate per circa l’80% agli Stati Uniti, e le esportazioni totali costituiscono il 35% del prodotto interno lordo (PIL) del Messico.

Il peso del commercio (esportazioni più importazioni) nell’economia messicana è superiore al 75%. L’impatto per il Messico si risentirebbe sulle partite correnti, sulla valuta e di conseguenza sull’inflazione, e per essere compensato almeno in parte il Messico potrebbe essere obbligato a implementare un monetary easing.

Riteniamo che l’inflazione costituisca un problema più per il Messico che per gli Stati Uniti. Tuttavia, se la guerra commerciale dovesse risultare in un ostacolo maggiore del previsto per la crescita economica degli Stati Uniti ed è inflazionistica, non escludiamo che la Fed possa procedere a un taglio dei tassi.

Perché le tensioni commerciali causate dagli USA potrebbero persistere

L’IEEPA conferisce al Presidente degli Stati Uniti il controllo totale sulla regolamentazione del commercio per far fronte a un’emergenza nazionale causata da una minaccia straniera. A tale riguardo, né il NAFTA né la WTO proteggono efficacemente da un aumento dei dazi. Anche se il Messico dovesse appellarsi a uno dei due organismi, i meccanismi per la composizione della controversia sono lenti e richiedono tempi lunghi; inoltre un risultato negativo non obbliga gli Stati Uniti a revocare i dazi.

Secondo la nostra view, i dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni dal Messico mettono in pericolo l’approvazione dello United States-Mexico-Canada Agreement (USMCA) da parte del Congresso e in Messico, oltre all’accordo NAFTA in vigore attualmente. Trump ha minacciato di uscire dal NAFTA qualora il Congresso non dovesse approvare l’USMCA. In effetti, con l’annuncio dei dazi Trump è già uscito dal NAFTA. Qualora alla fine i dazi dovessero essere applicati e il Messico dovesse reagire di conseguenza, il NAFTA potrebbe considerarsi defunto. L’USMCA deve essere ratificato dagli organi legislativi di tutti e tre i paesi: Stati Uniti, Messico e Canada. Il Senato messicano probabilmente non ratificherebbe un trattato mentre gli Stati Uniti stanno imponendo dazi al Messico.

Riteniamo che le guerre commerciali con la Cina e il Messico potrebbero procedere con grande lentezza, considerando l’interesse nutrito su entrambi i fronti (lavoro/immigrazione) dalla base elettorale di Trump e il Presidente gode del sostegno bipartisan per un’azione contro la Cina.

È anche possibile che in futuro assisteremo ad altri focolari di crisi per il commercio, che porterebbero a picchi di volatilità del mercato, considerando che i dazi sembrano essere diventati uno strumento utilizzato più frequentemente dalla politica statunitense.

Nonostante l’incertezza per le tensioni commerciali, siamo convinti che vi siano ancora vari motivi per continuare a investire in azioni globali, considerando che i fondamentali economici e societari in generale si stanno mantenendo forti. La nostra view è che la volatilità del mercato costituisce un’opportunità per acquisti interessanti, considerando che noi investiamo nel lungo termine.


Stephen H. Dover – Head of Equities, Chief Investment Officer – Franklin Templeton Investments