Sarà un “autunno dorato”?

Ann-Katrin Petersen -

Nell’emisfero boreale cadono le foglie e le temperature si fanno sempre più fredde, ma sembra che il cambio di stagione non abbia sinora avuto alcun effetto sulle borse. Nei primi nove mesi del 2019 i mercati finanziari hanno registrato una ripresa generalizzata.

Tale trend è ascrivibile essenzialmente alla svolta accomodante delle Banche Centrali, in termini di nuovi tagli dei tassi e iniezioni di liquidità, e non tanto al momentum, sempre debole, sulle dinamiche di crescita economica globale e utili in una fase avanzata del ciclo.

Tuttavia, nel medio termine, affinché le borse possano vivere un lungo “autunno dorato”, non bastano le aspettative elevate per banchieri centrali e ministri delle finanze, in particolare di Cina e Germania. Per lo meno finché non assisteremo a una ripresa della congiuntura mondiale e a una diminuzione dell’incertezza politica.

Da quando a fine luglio la Banca Centrale statunitense (Fed) ha tagliato i tassi di riferimento per la prima volta in undici anni, le diverse asset class hanno mostrato un andamento eterogeneo. Da metà anno si osserva un’alternanza tra propensione e avversione al rischio degli operatori di mercato (“risk-on/risk-off”). In base alla tolleranza al rischio a breve termine, a mettere a segno performance positive sono state o le asset class rischiose, come azioni e obbligazioni high yield, o le asset class tradizionalmente considerate “sicure”, come i titoli governativi, ma non contemporaneamente.

Evidentemente le attese per una politica economica più espansiva non sono state più sufficienti a “tenere a galla tutte le barche”. Hanno invece riacquistato importanza altri fattori, come le notizie sul fronte macroeconomico e i rischi geopolitici.

  1. L’economia mondiale non è in caduta libera, ma le preoccupazioni stanno aumentando. Ad esempio, il nostro modello sulle recessioni cicliche per la prima economica mondiale, gli Stati Uniti, attualmente indica una probabilità di recessione solo del 2% nei prossimi sei mesi. Ciò nonostante, la prolungata debolezza degli scambi commerciali e le incertezze in ambito geopolitico continuano a pesare significativamente sul comparto manifatturiero globale. Gli investitori stanno attentamente monitorando segnali evidenti di possibile contagio al settore dei servizi, orientato al mercato interno e sinora resiliente. Inoltre, il recente rincaro del petrolio potrebbe ripercuotersi sui consumi, che hanno sinora beneficiato della solidità del mercato del lavoro e dell’aumento dei salari. I rischi di un rallentamento congiunturale sono aumentati.
  2. Sul fronte politico sembra che numerosi ostacoli siano stati superati, almeno per il momento. Il nuovo governo italiano sta adottando un rapporto meno conflittuale con Bruxelles in tema di politica fiscale. Il parlamento britannico ha ridotto le probabilità di una Brexit senza accordo. E si intravedono modesti segnali positivi nei negoziati commerciali USA-Cina. Malgrado una possibile tregua, tuttavia, i dazi medi all’importazione applicati dagli Stati Uniti, che in settembre hanno toccato i massimi in 45 anni attestandosi al 4,7%, frenano già da tempo l’economia interna e globale. Se l’amministrazione Trump introdurrà nuove imposte sulle merci cinesi come annunciato, entro fine anno il dazio medio salirà al 6,2%. Inoltre, non si esclude un aumento dei dazi nel settore automobilistico (la decisione sarà presa a novembre), che in Europa colpirebbe in modo particolare Germania, Italia e Regno Unito.

Quali saranno le implicazioni sulle decisioni di investimento?

  • Di per sé, le attese per una politica monetaria e fiscale più espansiva sostengono le asset class rischiose. Tuttavia, ancora non è chiaro se ciò sarà sufficiente a produrre un effetto positivo duraturo sulle borse. Per il momento non si è registrata alcuna ripresa a livello economico e di utili societari.
  • In tale contesto, è consigliabile da un lato un’ampia diversificazione del portafoglio di investimento, dall’altro un atteggiamento tatticamente prudente verso gli asset rischiosi, con una selezione attiva dei titoli nel quadro di un approccio multi-asset.
  • Al momento, nell’ambito di un portafoglio azionario globale, privilegiamo ad esempio i titoli statunitensi, storicamente meno soggetti a oscillazioni, e i settori difensivi.

Ann-Katrin Petersen – Investment Strategist, Global Economics & Strategy – Allianz Global Investors