Fed: l’unica via d’uscita è quella di un ulteriore allentamento

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L’aumento dei prezzi delle azioni è in gran parte riconducibile all’orientamento della politica monetaria. La Fed è infatti impegnata in una politica di monetizzazione del deficit federale attraverso le operazioni repo. L’aumento del disavanzo federale a 1.000 miliardi di dollari nell’ultimo anno fiscale non potrebbe essere assorbito dalla domanda di buoni del tesoro da parte degli investitori non residenti, in parte a causa di costi sfavorevoli di copertura valutaria. Parallelamente, le tensioni sui mercati delle operazioni repo richiedono interventi per tenere il passo con il crescente fabbisogno di prestiti da parte degli operatori primari. L’acquisto di buoni del Tesoro da parte della Fed per un ammontare di 60 miliardi nel primo mese è stato in grado di fornire liquidità diretta al Tesoro.

L’aumento dell’indebitamento federale è preoccupante, in quanto gran parte di esso deriva da voci non cicliche, tra cui la spesa sanitaria (Medicare) e i pagamenti legati alle inadempienze dei prestiti agli studenti garantiti dal governo. Quindi, nonostante la tanto pubblicizzata “pausa” di Powell, l’allentamento monetario non può che continuare. L’attuale correzione dei prestiti a leva finanziaria potrebbe presto fornire un altro argomento a favore di tassi più bassi. I rendimenti sono limitati per un certo periodo di tempo, anche se i problemi di bilancio suggeriscono una curva più ripida. Siamo favorevoli a una posizione rialzista sui Treasury americani con un potenziale ampliamento del differenziale tra i tassi a 2 e a 10 anni. Le attività sensibili a un dollaro più debole possono beneficiare delle attuali condizioni di finanziamento. È il caso delle obbligazioni emergenti, dato che gli spread sono tornati a livelli di fine luglio (319pb su JPM EMBI Global Diversified).