Le criptovalute decreteranno la fine del sistema bancario?

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Sul mondo delle monete digitali aleggia tuttora un forte alone di sospetto da parte dell’opinione pubblica. Da un lato, infatti, la familiarità ancora scarsa di molti risparmiatori con questo tipo di valuta fa in modo che sopravvivano delle cospicue sacche di diffidenza nei suoi confronti. Dall’altro, l’effettiva difficoltà registrata da molti investitori nel trarre profitti immediati dalle criptovalute ha reso il mondo della finanza online una sorta di élite, apparentemente un club esclusivo in cui non è sempre facile introdursi.

 

 

Nonostante ciò, e malgrado le oggettive difficoltà che molte monete digitali stanno incontrando nell’imporsi sul mercato (paradossale il caso di Libra, la criptovaluta di Facebook, sotto processo prima ancora di entrare in circolazione), c’è chi è pronto a scommettere su una futura, per alcuni imminente, egemonia di fatto del Bitcoin e dei suoi “fratelli”. E non parliamo di piattaforme di commercio di Bitcoin come Plus500, o altre compagnie di investimento digitali. Tra chi si espresso in tal senso, un parere particolarmente autorevole si è levato nientemeno che dall’Università di Stanford, vale a dire la culla dei futuri economisti e finanzieri americani (e non solo). A pronunciarlo è stato l’economista canadese Darrell Duffie, professore ordinario presso l’ateneo californiano dal 1984, con alle spalle decine di pubblicazioni (accademiche e non) e una mezza dozzina di cariche altamente prestigiose. Tra queste: Presidente dell’American Finance Association, membro del Consiglio della Società Econometrica e componente del board del Financial Advisory Roundtable della Federal Reserve Bank of New York. Insomma, non una voce tra le tante per quanto riguarda l’economia.

Ebbene, in una recente intervista rilasciata al sito della Facoltà di Economia di Stanford, Duffie ha espresso il suo parere in merito alle criptovalute. Tra le sue affermazioni, quella che ha destato il maggiore interesse – e, almeno per alcuni, risvegliato le paure più ancestrali – riguarda il rapporto tra criptovalute e sistema bancario. Duffie non è andato molto per il sottile: secondo lui, le prime finiranno per far soccombere il secondo, almeno nella configurazione che noi oggi conosciamo, nel giro di pochi decenni, forse appena un paio. Gli agenti di questa rivoluzione, sempre secondo l’economista, saranno proprio gli investitori e i piccoli risparmiatori, stanchi di vedersi decurtare il proprio patrimonio da commissioni e costi accessori, ma anche esasperati dalla proverbiale lentezza delle transazioni tramite banche: tutti inconvenienti che la tecnologia blockchain, su cui il sistema delle criptovalute si appoggia, ha praticamente eliminato. Una sorta di rivoluzione dal basso, secondo il modello, molto caro agli americani, delle cosiddette grassroots actions, ovvero quelle azioni che traggono forza dal consenso popolare, senza una matrice precipitata dall’alto che le determini o orienti.

A dire il vero, Duffie ha anche fatto dei distinguo, precisando che non tutti gli istituti di credito accuseranno il colpo alla stessa maniera. Secondo l’economista, i grandi gruppi bancari possiedono già, al loro interno, gli anticorpi per riuscire a tamponare l’eventuale emorragia. Mentre quelli meno strutturati avranno comunque la possibilità di sopravvivere se riusciranno ad adeguare il loro modello di business alle nuove coordinate imposte dalle criptovalute. Uno scenario, insomma, ancora sufficientemente liquido da autorizzare ogni tipo di ipotesi.