Le nuove classifiche di sostenibilità dei Paesi OCSE ed Emergenti di DPAM: Regno Unito e India, due casi di successo

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Guardando alla società nel suo complesso e alla stabilità dei mercati finanziari globali, risulta evidente come l’adozione di un approccio ESG in relazione alle obbligazioni sovrane sia sempre più importante. Un concetto è unanime: il cambiamento climatico rappresenta un rischio finanziario sistemico da integrare nel processo di investimento. Sul fronte sociale, la povertà globale è diminuita, mentre le disuguaglianze sono aumentate, rendendo instabile la coesione sociale e richiedendo una buona governance anche relativamente alla tutela dei diritti umani. L’attenta considerazione di queste diverse sfide aiuta a prendere decisioni di investimento più consapevoli e a migliorare il profilo di rischio/rendimento dei portafogli.

Degroof Petercam Asset Management (DPAM), società di gestione del risparmio indipendente con oltre 37 miliardi di euro in gestione e dal 2002 pioniere negli investimenti responsabili, presenta l’aggiornamento delle sue classifiche di sostenibilità al secondo semestre 2019, basate su un processo di analisi proprietaria e pubblicate con cadenza semestrale dal 2007 per i Paesi OCSE e dal 2013 per quelli Emergenti. Lo scopo è definire l’universo di investimento dei fondi obbligazionari governativi SRI DPAM L Bonds Government Sustainable e DPAM L Bonds Emerging Markets Sustainable, dai quali vengono esclusi i Paesi che non eccellono dal punto di vista della sostenibilità.

Paesi OCSE
Conferme sul podio e Italia nuovamente esclusa. Il caso virtuoso del Regno Unito

Negli ultimi anni, la top ten dei Paesi OCSE è stata appannaggio di Paesi del Nord Europa, di lingua tedesca o del mondo anglosassone (con l’esclusione degli Stati Uniti, da sempre fuori dall’universo investibile). L’ultima rilevazione ha visto infatti la conferma al vertice della Norvegia, seguita da Svizzera e Danimarca. L’Italia ha mantenuto il suo posizionamento di bassa classifica, ben al di sotto della metà alta del ranking e quindi dei Paesi investibili.

Entra invece in top ten il Regno Unito, negli ultimi 12 anni (dall’inizio delle rilevazioni) costantemente classificatosi nella metà alta della classifica OCSE. Un rapido sguardo agli indicatori chiave del paese mostra la sua forza nelle sfere dell’ambiente e dell’istruzione e la sua debolezza comparativa in termini di popolazione, assistenza sanitaria e distribuzione della ricchezza.

Il Regno Unito, oggi alle prese con la Brexit, è uno dei paesi più innovativi a livello mondiale e si colloca costantemente nella top 5 tra le economie ad alto reddito relativamente a questa dimensione.

Sul fronte ambientale, Londra ha lanciato nel 2008 un’importante iniziativa, il Climate Change Act, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050. Negli ultimi 20 anni, il Regno Unito è riuscito a de-correlare la sua crescita economica dall’incremento delle emissioni di gas serra: dal 1990 al 2014, il consumo energetico del paese è infatti diminuito del 10%, mentre il PIL è aumentato del 65%. A titolo di confronto, la media UE parla di una diminuzione del 4% del consumo energetico a fronte di un aumento del PIL del 49%. La riduzione delle emissioni è dovuta principalmente alla minore dipendenza del paese dal carbone e, in misura minore, all’aumento dell’utilizzo di energie rinnovabili.

Paesi Emergenti
Singapore conquista la vetta, ma a stupire è il track-record virtuoso dell’India

Sul fronte dei Paesi Emergenti, si registrano maggiori novità nelle posizioni di testa. Singapore conquista infatti il gradino più alto del podio, seguito dal Costa Rica e dall’Uruguay. Questi ultimi non erano nemmeno sul podio nella rilevazione precedente, segno che gli ampi margini di miglioramento di alcuni Paesi Emergenti consentono, qualora venga intrapreso un percorso virtuoso, di bruciare le tappe verso l’empireo della sostenibilità.

Un approfondimento merita il caso dell’India, che dal 2013 a oggi ha scalato la classifica attestandosi al 35esimo posto, contro il 70esimo occupato 6 anni fa. Due dimensioni a cui guardare per capire la direzione intrapresa da Nuova Delhi sono quella dell’innovazione/istruzione – considerando anche che la popolazione indiana è una delle più ampie a livello mondiale – e quella dell’ambiente – l’India è uno dei maggiori responsabili delle emissioni globali. Il paese ha registrato notevoli progressi in termini di innovazione – grazie anche alle esportazioni di servizi ICT, alla qualità delle università tecniche e al numero di laureati – ed è tra le economie più dinamiche della sua regione da questo punto di vista. Sul fronte dell’istruzione, l’India ha tra i più bassi livelli di alfabetizzazione rispetto al campione analizzato, anche se i progressi sono stati tangibili sia in termini di scuola primaria che superiore.

L’innovazione e la tecnologia potranno giocare un ruolo fondamentale per affrontare la grande sfida ambientale e del soddisfacimento del fabbisogno energetico. L’India registra una fortissima crescita economica abbinata ad un aumento della popolazione (del 26% entro il 2050) che porterà a un consumo di energia maggiore. Attualmente, il carbone è ancora la principale fonte energetica, al punto che si prevede che le emissioni indiane di CO2 raddoppieranno di qui al 2050. Il consumo energetico industriale del paese dovrebbe triplicare entro il 2050 con un tasso medio annuo del 3,4% nel periodo 2018-2050, arrivando a rappresentare il 40% dell’aumento totale a livello mondiale. Nuova Delhi ha già investito molto nelle energie rinnovabili e il suo miglioramento ha permesso al paese di guadagnare tre posizioni nel Climate Change Performance Index. Tuttavia, l’assenza di una politica di abbandono del carbone e la costruzione di nuove centrali, potrebbero rappresentare un rischio e controbilanciare gli sviluppi positivi nel settore delle rinnovabili.

Le classifiche di sostenibilità di DPAM – Come funzionano
Le classifiche vengono elaborate analizzando oltre 60 indicatori per i Paesi OCSE e circa 60 indicatori per i Paesi emergenti e di frontiera, che vengonoraggruppati in cinque pilastri: Trasparenza delle istituzioni e valori democratici; Tutela dell’ambiente; Popolazione, sanità e distribuzione della ricchezza; Istruzione, Ricerca & Sviluppo; Economia. Oltre a questi viene preso in considerazione anche un indicatore di tendenza, che tiene conto dei progressi attuati da ciascun Paese nel tempo in tema di sostenibilità, in modo da “premiare”, contemporaneamente, i Paesi che sono risultati più virtuosi e anche quelli che hanno compiuto ragguardevoli passi avanti.