Petrolio: non più “oro nero”?

-

L’amore per il petrolio vissuto nell’ultimo trimestre del 2019 è svanito in un baleno. Il livello attuale rappresenta un rischio o un’opportunità?

Da quando l’emergenza coronavirus ha assunto una dimensione globale, il prezzo del Wti è crolla­to dai 65 dollari al barile, toccati ad inizio gennaio sulla scorta delle tensioni in Iran, ai 49 di settima­na scorsa, lasciando quindi sul terreno un quarto del suo valore in meno di un mese. La Cina è il secondo consumatore di petrolio a livello globale e il blocco delle attività produttive ha provocato una contrazione della domanda di circa 3 milioni di barili al giorno, pari al 20% del totale, quindi la discesa dei prezzi in realtà non deve sorprendere. Guidata dall’Arabia Saudita, l’Opec aveva spinto nelle scorse settimane per una riunione d’emer­genza allargata ai partner non Opec. Sul tavolo la possibilità di deliberare un taglio della produzione di 600 mila barili al giorno proprio per contrastare la contrazione della domanda e sostenere i prezzi di mercato, ma la Russia si è subito mostrata titubante. La prossima riunione è programmata per il 5 marzo ma non è ancora del tutto esclusa la possibilità di un anticipo, anche se al momento nessun annuncio ufficiale è stato fatto. Negli ultimi giorni abbiamo assistito, però, a una stabilizzazio­ne dei prezzi pur in presenza di un aumento delle scorte che ha superato le previsioni degli analisti.

E’ sicuramente presto per archiviare l’emergenza coronavirus e le stime sull’impatto che il rallenta­mento dell’economia cinese avrà sul Pil globale cambiano di giorno in giorno, ma non sarà certa­mente trascurabile. Prevedere quindi un recupero degli ordinativi di petrolio nel breve rappresen­terebbe un grosso azzardo. Il mercato però si muove sulle aspettative e ai livelli di prezzo attuali, basta un miglioramento anche marginale per ave­re forti impatti sul mercato. Nell’ultima settimana il numero di nuovi contagi su base giornaliera si è stabilizzato e non sono stati riportati casi in nuovi paesi (al momento sono 24 quelli che hanno alme­no un malato conclamato), segno che il cordone sanitario internazionale sta funzionando. L’attività produttiva in Cina, al di fuori dell’area di Hubei, sta lentamente riprendendo e molti esperti ritengo­no che, con l’arrivo della stagione primaverile e l’aumento delle temperature, l’epidemia possa arrestarsi naturalmente. Infine anche dal punto di vista tecnico, l’area 50 dollari rappresenta un sup­porto importante che negli ultimi due anni è stato violato solo a dicembre 2018, quando il mercato scontava una recessione a livello globale, ipotesi che al momento anche i più prudenti tendono ad escludere.