“Rivoluzione idrogeno”: un piano in 10 mosse per far decollare l’economia dell’idrogeno

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L’idrogeno è l’elemento più abbondante nel sole, in moltissime altre stelle e anche nel nostro corpo. È un mezzo potente per convertire, conservare e utilizzare energia. Può essere generato usando un numero potenzialmente illimitato di fonti; può servire da combustibile, vettore di energia e materia prima chimica; il suo utilizzo non comporta emissioni di CO2. È particolarmente efficiente sia quando viene trasportato – attraverso gasdotti oppure in forma liquida o di gas compresso all’interno di serbatoi – sia quando viene stoccato, a costi molto più bassi rispetto all’elettricità.

L’idrogeno può essere ottenuto attraverso vari processi. Uno di questi consiste nello scomporre l’acqua grazie all’elettrolisi, utilizzando elettricità. Quando la fonte di elettricità è rinnovabile (eolico o solare), si ottiene il cosiddetto “idrogeno verde”. Oggi l’idrogeno è prodotto quasi esclusivamente da fonti fossili, soprattutto gas naturale (“idrogeno grigio”, che diventa “idrogeno blu” quando il processo viene completato con l’operazione di cattura e sequestro dell’anidride carbonica, CCS). Tuttavia esistono ampi margini per incrementare la produzione di idrogeno da rinnovabili, realizzandone il potenziale per la lotta ai cambiamenti climatici e la transizione energetica.

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Una rivoluzione possibile

Il progresso fatto negli ultimi dieci anni nelle rinnovabili, abbinato a una maggiore consapevolezza delle questioni climatiche e di qualità dell’aria, hanno riportato il tema dell’idrogeno al centro del dibattito.

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Con un piano ambizioso, in soli cinque anni l’idrogeno potrebbe essere competitivo con il petrolio in molte applicazioni, senza sussidi. Governi, aziende e associazioni stanno lavorando ai loro piani per l’idrogeno. L’industria degli elettrolizzatori, componenti fondamentali per la produzione dell’idrogeno verde, è ancora giovane e artigianale. Con lo sviluppo di una maggiore capacità produttiva, il prezzo dei dispositivi scenderà molto, riducendo così a sua volta il costo dell’idrogeno. Abbinando a ciò la rapida riduzione dei costi delle rinnovabili, è possibile intravedere uno scenario nel quale al prezzo di 2 dollari per chilo si raggiunga un “punto di svolta” per l’idrogeno, che potrebbe diventare una fonte energetica competitiva in vari settori, senza l’aiuto di sussidi.

Sfide e soluzioni per l’affermazione dell’idrogeno verde

Le sfide per l’affermazione definitiva dell’idrogeno verde sono: migliorare la sua reputazione e percezione di sicurezza; rendere capillari le infrastrutture di fornitura; ridurre i costi.

Reputazione

Equipaggiare auto, camion, treni e navi con celle a combustibile potrà accrescere la popolarità dell’idrogeno nell’opinione pubblica, creare un clima di fiducia e accelerarne l’utilizzo di massa.

Infrastruttura

Intensificare gli studi e le sperimentazioni sulla miscelazione, per garantire che percentuali crescenti di idrogeno siano compatibili con le infrastrutture esistenti; far crescere la domanda di idrogeno pulito nei mercati già maturi, che non richiedono nuove infrastrutture o apparecchiature, permettendo una riduzione dei costi di produzione senza modificare troppo le abitudini dei consumatori; creare dei distretti alimentati a idrogeno in modo da aggregare la domanda, generare economie di scala e spartire il costo delle nuove infrastrutture.

Costi

Oggi, l’idrogeno verde prodotto tramite elettrolisi può arrivare a costare 4 dollari al chilogrammo, equivalenti a 100 dollari per megawattora o circa 160 dollari al barile, circa il doppio della media dei prezzi del petrolio degli ultimi due anni. L’idrogeno blu, ottenuto attraverso i combustibili fossili e la cattura dell’anidride carbonica, costa circa la metà e può quindi giocare un ruolo nella transizione, pur essendo non rinnovabile e quindi considerato “meno pregiato” dell’idrogeno verde.

La domanda di idrogeno verde potrà cominciare a crescere significativamente ad un costo di produzione di 3 dollari al chilogrammo e raggiungere il punto di svolta (tipping point) a 2 dollari al chilogrammo. I fattori principali sui quali intervenire sono il costo delle fonti rinnovabili, quello del capitale e quello degli elettrolizzatori.

Costo delle rinnovabili

Nell’ultimo decennio, il costo dell’energia generata dal sole e dal vento si è ridotto enormemente. Oggi il valore è circa 40-50 dollari al megawattora per entrambe le tecnologie. Dove ci sono condizioni ottimali, per esempio per generare energia solare nel Medio Oriente, si arriva al di sotto dei 15 dollari al megawattora.

L’accesso a capitali più convenienti

Il costo del capitale è un fattore decisivo sul costo di produzione. La disponibilità di risorse per questo tipo di attività non manca, soprattutto se consideriamo il crescente interesse degli investitori nei confronti della transizione energetica e il boom di fondi di private equity verdi. L’investimento in idrogeno avrà poi rischi industriali contenuti, grazie all’assenza di esposizione alla volatilità del prezzo delle materie prime e alla prevedibilità della produzione. Molti progetti, almeno inizialmente, saranno supportati da iniziative di policy che garantiscono ricavi nel tempo.

Ridurre i costi degli elettrolizzatori

La capacità totale degli elettrolizzatori installati globalmente al 2019 è molto bassa, aggirandosi intorno ai 150 megawatt. Le potenzialità di crescita dei volumi e riduzione della curva dei costi sono enormi. Per quest’ultimo aspetto, occorre considerare che attualmente circa il 40% del prezzo degli elettrolizzatori riflette il costo della materia prima, rappresentata prevalentemente da parti premontate. Con l’aumento della produzione aumenterà anche il volume d’affari dei fornitori lungo la catena del valore, riducendo ulteriormente il costo del prodotto finito. L’aumento della domanda quindi supporterà la progettazione e la produzione di impianti più grandi, di potenza più elevata, che contribuiranno a ridurre ulteriormente i costi.

In base a questi elementi si stima che la realizzazione di circa 20 gigawatt di capacità di elettrolisi nei prossimi cinque anni consentirebbe di portare il costo dell’idrogeno verde a un livello competitivo in molte applicazioni. Nel decennio, occorrerebbe raggiungere i 50 gigawatt per arrivare sotto il punto di svolta dei 2 dollari al chilogrammo in Italia e in molte aree del mondo. Ciò significa installare ogni anno circa il 4% di quanto già oggi si realizza nel solare. Le politiche di stimolo della domanda dovrebbero concentrarsi in prima battuta sui mercati già esistenti, che non richiedono particolari investimenti nell’infrastruttura.

Il Piano

  1. Darsi un obiettivo: far scendere il costo dell’idrogeno verde fino a raggiungere la parità con i combustibili fossili in molte applicazioni in cinque anni. Questo vuol dire raggiungere un costo tra i 2-3 dollari al chilo.
  2. Una coalizione di volenterosi: i Paesi più avanzati nel settore come quelli europei, l’Australia, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud e Stati americani come la California e New York, ma anche agenzie e istituzioni, potrebbero dar vita a un’alleanza per stimolare il mercato.
  3. Idrogeno e metano insieme: miscelare l’idrogeno con il gas naturale nelle reti esistenti, e fornire una percentuale di idrogeno agli attuali consumatori di gas naturale, è un modo per farne crescere la produzione senza bisogno di aspettare che si sviluppino i consumi specifici. Gli esperimenti di Snam, che ha miscelato prima il 5 e poi il 10% di idrogeno nella propria rete, dimostrano la fattibilità di questa soluzione. Per esempio, se l’Europa e il Giappone decidessero entrambe di miscelare il 5% di idrogeno nelle proprie reti del gas naturale, si potrebbe raggiungere una capacità installata di oltre 45 gigawatt. Immaginando di avviare questa miscelazione su larga scala nel 2020 e di arrivare al 5% nel 2030, i costi per il sistema sarebbero meno di 20 euro a persona in dieci anni, o lo 0,01% del Pil combinato, un livello significativamente inferiore a quello degli attuali incentivi europei per le energie rinnovabili. Solo l’Italia spende 12 miliardi di euro l’anno (o 200 euro pro capite) in incentivi alle rinnovabili elettriche. Basterebbe dunque miscelare il 5% di idrogeno nelle nostre reti per portare il suo prezzo a circa 2 dollari per chilogrammo e innescare un “effetto valanga” a livello globale.
  4. Idrogeno verde in mercati strategici: una strada, complementare o alternativa a quella della miscelazione, è di prevedere quote di penetrazione dell’idrogeno verde in alcuni mercati come quello del trasporto pesante. Camion, autobus e treni sono settori nei quali è possibile far crescere l’uso di idrogeno verde senza particolari costi aggiuntivi. Sarebbe necessaria una nuova infrastruttura e nuovi mezzi dotati di motori elettrici con celle a combustibile che generino l’elettricità a partire dall’idrogeno, ma con un guadagno netto in termini di efficienza. Lo dimostrano i 250 milioni di euro di investimenti di CNH nella società che realizza camion all’idrogeno Nikola. Sulle rotaie, l’idrogeno rappresenta un’alternativa competitiva per la decarbonizzazione di alcune tratte regionali non servite da una linea elettrica catenaria. In Italia parliamo di oltre 4000 chilometri di binari, pari a circa un quarto della rete ferroviaria nazionale, attualmente percorsi da treni diesel e non elettrificabili. I treni a celle a combustibile alimentati da idrogeno verde potrebbero diventare competitivi entro i prossimi cinque anni. Snam ha firmato un accordo con Alstom per accelerare questa transizione. Due Coradia iLint di Alstom (il primo treno con celle a combustibile a idrogeno al mondo) sono operativi in Germania dal 2018, e il piano di sviluppo è già in atto con una flotta di quarantun treni commissionati per il mercato tedesco entro il 2022, e l’apertura di nuove tratte in altri Paesi europei, come Olanda e Danimarca.
  5. Il grande gigante green: le più grandi aziende del mondo – quali Microsoft, Apple, Google, Unilever, Ikea e molte altre – hanno ambizioni verdi sulle quali far leva per sviluppare l’idrogeno. Queste aziende sono già oggi sul mercato alla ricerca di soluzioni per abbattere completamente le loro emissioni.
  6. Distretti a idrogeno: lo sviluppo del mercato dell’idrogeno avrà bisogno di infrastrutture. Il modo più efficiente per svilupparle è aggregare questi consumi a livello geografico, in “hydrogen valley”. Aggregando tutta la domanda potenziale nella stessa geografia, si può ottimizzare l’infrastruttura di trasporto, distribuzione e stoccaggio necessaria. I distretti possono essere industriali o urbani, come quello di Leeds. Snam sta promuovendo la creazione di hydrogen valleys nel Sud Italia. Anche Venezia potrebbe essere un’ottima candidata.
  7. Ricerca e sviluppo: sarà importante stanziare fondi adeguati e coordinare gli investimenti in ricerca a livello europeo.
  8. Mega-fabbrica di elettrolizzatori: costituire in Europa una mega-fabbrica di elettrolizzatori, che sia in un’unica location oppure modulare nel territorio, per scalarne la produzione e ridurre i costi creando nuovi posti di lavoro.
  9. Blu e verde: una sana competizione: i costi per realizzare le due alternative saranno diversi nelle diverse aree del mondo. Nelle regioni più ventose e assolate, l’idrogeno verde avrà un grande vantaggio in virtù dei costi contenuti. Altre regioni, con un’ampia ed economica disponibilità di gas e spazio per catturare l’anidride carbonica, potrebbero invece optare per l’idrogeno blu. L’idrogeno blu potrà fare da apripista, penetrando in molti mercati per poi essere sostituito da quello verde quando il costo degli elettrolizzatori si ridurrà. E quando l’idrogeno verde decollerà, spiazzerà le fonti fossili rendendole più economiche, determinando una riduzione dei costi dell’idrogeno blu.
  10. Obiettivo comune: a livello di singole nazioni serve un piano per l’idrogeno, che ne promuova lo sviluppo in sinergia con la rete elettrica. E a livello internazionale servono regole che facilitino lo scambio, garanzie d’origine e standard comuni.