Prospettive intatte per i mercati emergenti. La selezione resta fondamentale

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Negli ultimi mesi i rialzi azionari si sono concentrati su un gruppo sempre più ristretto di aziende, soprattutto del settore tecnologico e delle comunicazioni, le cui attività sono in pieno boom (o almeno lo sono agli occhi degli investitori) nonostante o addirittura a causa della pandemia. Il loro peso negli indici azionari continua quindi ad aumentare ulteriormente, il che, a sua volta, alimenta un ciclo di feedback positivo attraverso veicoli di investimento passivi, come gli ETF nonché strategie di investimento basate sul momentum, e comporta ulteriori guadagni per queste azioni. È interessante sottolineare che questo non si osserva solo per i mercati sviluppati, ma in linea di principio anche per i paesi emergenti. L’ampiezza del mercato in diminuzione e i forti segnali di esagerazioni speculative negli USA suggeriscono una crescente vulnerabilità alle correzioni, soprattutto perché le prossime elezioni presidenziali negli USA potrebbero causare ulteriore volatilità. 

Fra poco cambieranno i favoriti sulle borse azionarie?

L’esperienza dimostra che una possibile correzione del mercato azionario negli USA dovrebbe lasciare il segno anche in altri mercati, ma non significa necessariamente la fine del rally dei mercati azionari. Al contrario, se questo dovesse essere accompagnato da un “cambio nei favoriti”, in seguito l’attenzione degli investitori si potrebbe addirittura spostare su molte azioni che non sono ancora sopravvalutate e che finora hanno partecipato molto meno alla ripresa. Tra queste si trovano soprattutto società cicliche, più piccole e della “old economy”.

Prospettive intatte per i mercati emergenti, ma la selezione resta fondamentale

Molto fa pensare che in un tale scenario anche i paesi emergenti nel loro insieme possano avere maggiori opportunità e che in seguito per un bel po’ di tempo termini anche la massiccia outperformance del mercato azionario USA. In ogni caso, dal punto di vista odierno, le azioni dei mercati emergenti, considerate nel loro complesso, offrono un profilo di rischio-rendimento a lungo termine di gran lunga migliore delle azioni USA. È molto probabile, tuttavia, che non tutti i paesi emergenti ne beneficeranno nella stessa misura, e ovviamente nemmeno tutti i settori. La selezione attiva e un lieve allontanamento dagli investimenti passivi e dai grandi indici potrebbe valere la pena soprattutto in uno scenario simile.

Dollaro più debole soprattutto rispetto all‘euro, meno rispetto alle valute emergenti

Storicamente il dollaro USA si è dimostrato un fattore determinante per l’andamento di azioni e obbligazioni dei mercati emergenti. In questo contesto va sottolineato che il dollaro ha continuato a indebolirsi, ma soprattutto contro l’euro e relativamente poco contro le valute dei paesi emergenti. Quest’ultimo potrebbe essere uno dei fattori che spiega la continua performance inferiore alla media delle azioni emergenti, piuttosto inusuale in presenza di un dollaro più debole e un contesto azionario globale complessivamente positivo. Allo stesso tempo, la debolezza parziale del dollaro fino a questo momento potrebbe essere un segnale d’allarme che la ripresa economica mondiale stia procedendo molto più lentamente di quanto i mercati azionari stiano attualmente scontando. In parte ciò è probabilmente dovuto anche al fatto che gli USA possono operare con un margine di manovra fiscale e monetario molto più ampio e stimolare di conseguenza la propria economia.

Tuttavia, le restrizioni a questo riguardo, cui sono soggetti molti paesi emergenti, potrebbero anche avere un effetto positivo nel lungo periodo, costringendo i paesi e le imprese interessate a ridurre le inefficienze, a rafforzare i loro bilanci e a migliorare la produttività. D’altra parte, i periodi di massicci stimoli governativi in passato hanno portato molto spesso a un calo dell’efficienza e a un’allocazione del capitale sbagliata. In questo contesto va sottolineato che la performance inferiore alla media dei mercati azionari dei paesi emergenti nell’ultimo decennio è stata in gran parte dovuta a una reddittività minore e stagnante o addirittura in calo delle società dei mercati emergenti.

Covid-19, diminuisce l’impatto sui mercati

Infine, una parola sulla pandemia da COVID-19 ancora dilagante. Un vaccino sarebbe definitivamente un cambiamento di paradigma, ma difficilmente sarà disponibile in grandi quantità quest’anno. Allo stesso tempo, non sembra essere possibile attuare nuovi lockdown a livello nazionale, né sul piano politico né economico e sui mercati e tra i cittadini di molti paesi sono evidenti “segni di esaurimento” in merito a   questo tema. A condizione che non vi siano sviluppi drammatici e imprevisti è probabile che il COVID-19 faccia sempre “più parte” della vita quotidiana e abbia sempre meno potenziale per generare movimenti dei corsi più ampi, sia verso l’alto che verso il basso.