Gli investimenti? Piacciono di più se hanno un impatto positivo su ambiente e società

Ufficio Studi - BorsadelCredito.it -

La sostenibilità è in cima alle agende di tutti i governi. In particolare in Europa, dove il Green Deal traccia la strada per trasformare il nostro continente nel primo a emissioni zero. Ma l’ambiente è solo un aspetto della sostenibilità: un’economia sostenibile è un’economia circolare, che non spreca ma riesce anche a produrre un impatto positivo sulla società.

L’interesse verso queste caratteristiche è sempre più elevato come dimostrano, per esempio, i numeri sui flussi di investimento verso i fondi ESG (Environmental, Social and Governance) che, secondo Eurosif, hanno raggiunto in Europa un volume totale di 20 mila miliardi di euro. Un’offerta che evolve anche in qualità: la strategia prevalente è ancora quella dell’esclusione (che prevede di non investire in aziende che producono tabacco, armi, pornografia), che caratterizza quasi la metà dei fondi ESG, per un volume di 9.500 miliardi di euro. Ma la seconda per dimensioni è oggi quella che prevede un’azione di engagement e voting da parte dell’investitore, al fine di influenzare comportamenti virtuosi nelle aziende. Insomma, ESG è sempre meno etichetta e sempre più sostanza.

Aumenta la domanda di impacting, soprattutto tra i Millennials

Anche perché aumenta la domanda di investimenti socialmente responsabili. Secondo il World Wealth Report 2020, nel 2019 la popolazione di High Net Worth Individual  (i cosiddetti HNWI, ovvero i componenti delle élite super ricche) e la relativa ricchezza sono aumentati di quasi il 9% a livello globale. L’analisi di Capgemini prevede un calo tra il 6% e l’8% alla fine di aprile 2020 (rispetto a dicembre 2019) per effetto del Covid, che però ha mutato anche le priorità di investimento: con la pandemia, gli investimenti sostenibili stanno assumendo un ruolo di primo piano.

Il 27% degli ultra-HNWI (con disponibilità superiori ai 30 milioni di dollari) esprime interesse per questi prodotti e il 40% si è detto disposto a investire in sostenibilità, destinando il 41% del loro portafoglio ai prodotti di investimento sostenibile entro la fine del 2020 e il 46% entro la fine del 2021.

Le ragioni principali che spingono l’interesse sono i rendimenti più elevati e i rischi più bassi ma il 26% degli HNWI afferma di voler offrire il proprio contributo positivo alla società.

E questi investitori sono sempre più in grado di discernere quel fenomeno collaterale negativo, il greenwashing, la comunicazione vuota di contenuti che serve a costruire un’immagine ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale (e per estensione, anche dell’impatto sociale).

Dalla microfinanza al marketplace lending

Un modo per abilitare questa economia sostenibile è senza dubbio comporre il portafoglio scegliendo investimenti impacting. La survey annuale 2020 della Global Impact Investing Network (GIIN) stima che il mercato impacting valga 715 miliardi di dollari nel mondo.

A fare la parte del leone – in Italia e nel mondo – è la microfinanza, che rappresenta i due terzi del totale. Se la microfinanza nasce, nelle intenzioni del suo inventore, l’economista bengalese Muhammad Yunus, come una forma di finanziamento dei poveri (che non valuta il merito di credito ma si basa su un sistema di fiducia al cui centro c’è un garante), le sue versioni più evolute sono senza dubbio il direct lending e il marketplace lending.

Il concetto di base è simile: ovvero finanziarie piccole cifre all’economia reale, a microimprese che non avrebbero alternative per reperire finanza. Perché per le banche prestiti troppo piccoli sono un costo (600mila dollari in USA e 100mila euro in Italia) e perché la piccola dimensione di fatto impedisce anche l’accesso a canali alternativi, come l’emissione di mini e microbond o la quotazione in Borsa, non sostenibili economicamente senza massa critica.

L’impatto dei marketplace lending come BorsadelCredito.it sull’economia reale è misurabile attraverso i numeri delle aziende finanziate, da quelli di bilancio a quelli delle nuove assunzioni. Ma lo è anche attraverso parametri non finanziari: un’economia come quella italiana, che per oltre il 95% si basa su micro e piccole imprese, non può che crescere se non con i finanziamenti diffusi che contribuiscono a pagare le spese correnti in momenti in cui la liquidità manca, ma anche a fare investimenti per la crescita. E ora che il marketplace lending è sempre più nel radar degli investitori istituzionali, la benzina per crescere diventa un bene più disponibile per le PMI.