Lettera di Larry Fink (2021) ai CEO e la transizione globale verso zero emissioni nette

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In qualità di consulente fiduciario, BlackRock aiuta i propri clienti a investire per realizzare progetti di lungo termine. Il denaro che investiamo è destinato in prevalenza alla pensione, per individui e beneficiari quali insegnanti, vigili del fuoco, dottori, imprenditori e molti altri ancora. È il loro denaro, non il nostro. Per la fiducia che i clienti ci riconoscono, e per il nostro ruolo di tramite con le società in cui essi investono, sentiamo forte la responsabilità di promuovere le loro istanze.

Per questo motivo Le scrivo ogni anno, col desiderio di porre l’accento sui temi che considero decisivi per creare valore duraturo, questioni come la gestione del capitale, la strategia di lungo termine, lo scopo e il cambiamento climatico. Siamo fermamente convinti che i nostri clienti, in quanto azionisti della Sua società, potranno trarre beneficio se riuscirete a creare valore duraturo e sostenibile per tutti i vostri stakeholder.

Ho iniziato a scrivere queste lettere sull’onda della crisi finanziaria, ma ciò che abbiamo vissuto lo scorso anno è qualcosa di ancora più pervasivo, una pandemia che ha travolto l’intero pianeta cambiandolo in maniera permanente. Oltre a richiedere un terribile tributo in termini di vite umane, l’emergenza sanitaria ha trasformato il nostro modo di vivere, lavorare, imparare, curarci e tanti altri aspetti.

La pandemia ha innescato la più grave contrazione globale dalla Grande depressione e il crollo più veloce dei mercati azionari dal 1987, ma le conseguenze sono state assai variabili: se alcuni settori, in particolare quelli dipendenti dall’interazione fisica tra le persone, hanno sofferto, altri hanno prosperato. Ma per quanto la ripresa del mercato azionario appaia promettente per la crescita in un contesto di progressiva remissione della pandemia, attualmente siamo ancora in una situazione di devastazione economica dove la disoccupazione è molto elevata, le piccole imprese rischiano ogni giorno di chiudere i battenti e in tutto il mondo vi sono famiglie che fanno fatica a pagare l’affitto e a comprare generi di prima necessità.

La pandemia ha inoltre accelerato trend più profondi, dalla crisi sempre più grave dei sistemi pensionistici alle disuguaglianze sistemiche. Durante l’anno, l’emergenza sanitaria si è scontrata con un’ondata storica di proteste per la giustizia razziale negli Stati Uniti e in tutto il mondo, mentre di recente ha esacerbato le tensioni sulla scena politica statunitense, dove in questo mese abbiamo visto l’alienazione politica, alimentata da menzogne e opportunismo politico, sfociare nella violenza. Gli eventi del Campidoglio ci ricordano duramente quanto possa essere vulnerabile e prezioso un sistema democratico.

Malgrado tutta l’oscurità degli ultimi dodici mesi, non sono mancati segnali di speranza: abbiamo visto società che hanno lavorato con coraggio e convinzione al servizio dei propri stakeholder e aziende pronte a innovarsi per non interrompere la distribuzione di generi alimentari e merci durante i lockdown. Il mondo imprenditoriale si è mosso per sostenere le organizzazioni non profit che assistono i bisognosi. In uno dei grandi trionfi della scienza moderna, sono stati messi a punto diversi vaccini in tempi record. Molte società hanno inoltre risposto agli appelli per l’equità razziale, anche se resta ancora molto da fare per mantenere questi impegni. Ma l’aspetto che più colpisce, è come nel mezzo dei profondi sconvolgimenti del 2020 le imprese si siano mosse con decisione per affrontare il rischio climatico.

Credo che la pandemia ci abbia posto di fronte a una tale crisi esistenziale – richiamo così forte alla nostra fragilità – da indurci ad affrontare con maggiore determinazione la minaccia globale del cambiamento climatico, destinato, come la pandemia, a cambiare le nostre vite.

Il virus ci ha ricordato come le crisi più gravi, siano esse sanitarie o ambientali, richiedano una risposta globale e ambiziosa.

L’anno scorso non abbiamo sperimentato solo i crescenti effetti fisici del cambiamento climatico, con incendi, siccità, inondazioni e uragani, ma anche le prime conseguenze finanziarie dirette, con le società energetiche costrette, a causa del clima, a svalutazioni miliardarie su asset che non potranno essere valorizzati e i regolatori impegnati a valutare il rischio climatico nel sistema finanziario globale. Aumenta inoltre l’interesse per la grande opportunità economica che deriverà dalla transizione, alla ricerca di soluzioni per realizzarla in modo giusto ed equo. Tra le priorità dei nostri clienti, il rischio climatico occupa in assoluto il primo posto, ogni giorno riceviamo domande su questo tema.

Un cambiamento immane e sempre più rapido

A gennaio dello scorso anno scrivevo che il rischio climatico è il rischio di investimento, e che non appena i mercati avessero iniziato a scontare il rischio climatico nel valore dei titoli avremmo assistito a una riallocazione fondamentale dei capitali. Poi è arrivata la pandemia, e a marzo l’opinione più diffusa era che la crisi avrebbe distolto l’attenzione dal clima. Invece è successo esattamente il contrario e la riallocazione dei capitali ha subito un’accelerazione ancora più rapida di quanto avessi previsto.

Da gennaio a novembre 2020, gli investitori in fondi comuni ed ETF hanno investito globalmente $288 miliardi in asset sostenibili, con un incremento del 96% rispetto a tutto il 2019. Siamo all’inizio di una transizione lunga ma in rapida accelerazione, che si dispiegherà per molti anni e trasformerà i prezzi delle attività finanziarie di ogni tipo. Adesso sappiamo che il rischio climatico è il rischio di investimento. Ma siamo anche convinti che la transizione climatica rappresenti un’opportunità di investimento storica.

Essenziale, per questa transizione, è stato il crescente livello di disponibilità e accessibilità delle soluzioni di investimento sostenibile. In un passato non troppo lontano, costruire un portafoglio attento al clima era un processo assai difficoltoso, alla portata solo dei maggiori investitori. Ma la creazione di investimenti indicizzati sostenibili ha consentito una forte accelerazione dei capitali verso società più pronte ad affrontare il rischio climatico.

Oggi siamo alle soglie di un’altra trasformazione. Grazie al progresso delle tecnologie e dei dati, le società di asset management possono offrire portafogli di indici su misura a un pubblico molto più vasto, un’altra possibilità che un tempo era riservata solo ai maggiori investitori. Con un numero sempre più elevato di investitori decisi a scegliere le società orientate alla sostenibilità, assisteremo a un’ulteriore accelerazione dell’immane cambiamento in atto. E poiché questo processo avrà un enorme impatto sull’allocazione dei capitali, i manager e i consigli di amministrazione dovranno valutarne gli effetti sul titolo della propria società.

Oltre a innescare un cambiamento nel comportamento degli investitori, il 2020 è stato un anno fondamentale anche per la risposta politica al cambiamento climatico. Nel 2020, Unione europea, Cina, Giappone e Corea del Sud hanno assunto impegni storici per raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica. Con l’impegno degli Stati Uniti, rientrati, la settimana scorsa, negli Accordi di Parigi, 127 governi – responsabili di oltre il 60% delle emissioni globali – stanno giá implementando l’impegno a raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica o perlomeno si stanno orientando verso questa direzione. L’interesse continua a crescere e nel 2021 diventerà ancora più pressante, con notevoli implicazioni per l’economia globale.

L’opportunità della transizione verso un’economia a emissioni zero

I modelli di business di tutte le società, nessuna esclusa, saranno profondamente interessati dalla transizione verso un’economia a zero emissioni nette. L’obiettivo è arrivare, entro il 2050, a un’economia in cui l’anidride carbonica prodotta non superi quella rimossa dall’atmosfera, la soglia stabilita dalla scienza per mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C. Con l’accelerazione della transizione, le società che hanno una strategia a lungo termine ben articolata e un piano chiaro per gestire la transizione verso la neutralità carbonica si distingueranno agli occhi degli stakeholder, nonché dei clienti, responsabili politici, dipendenti e azionisti, spingendoli a fidarsi della loro capacità di affrontare questa trasformazione globale. Saranno invece penalizzate le attività e le valutazioni delle società che non si prepareranno in tempi rapidi, perché questi stessi stakeholder perderanno fiducia nella loro capacità di adattare i propri modelli di business ai radicali cambiamenti previsti.

È importante riconoscere che la neutralità carbonica richiede una trasformazione dell’intera economia. Gli scienziali concordano che per realizzare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di contenere il riscaldamento globale “ben al di sotto di 2 gradi rispetto alle medie preindustriali” entro il 2100 le emissioni prodotte dall’uomo dovranno diminuire dell’8-10% all’anno tra il 2020 e il 2050 e arrivare allo “zero netto” entro la metà del secolo. L’economia oggi è ancora molto dipendente dai combustibili fossili, come dimostra l’intensità di carbonio di grandi indici quali l’S&P 500 o l’MSCI World, al momento su traiettorie sostanzialmente superiori ai 3C.

Questo significa che una transizione di successo, ovvero giusta, equa e attenta a tutelare i mezzi di sostentamento delle persone, richiederà non solo innovazione tecnologica, ma anche una pianificazione decennale. E potrà essere raggiunta solo con la leadership, il coordinamento e il supporto a ogni livello di governo, stringendo partenariati con il settore privato per aumentare al massimo la prosperità. Le comunità vulnerabili e le nazioni in via di sviluppo, in molti casi già esposte alle peggiori conseguenze del cambiamento climatico, non possono certo permettersi gli shock economici dovuti a una transizione attuata in modo inadeguato. La transizione deve avvenire in modo da realizzare l’urgente cambiamento necessario senza aggravare questo duplice fardello.

La transizione sarà inevitabilmente complessa e difficile, ma altresì essenziale per costruire un’economia più resiliente a vantaggio di un maggior numero di persone. Sono molto ottimista sul futuro del capitalismo e sulla salute futura dell’economia – e questo non malgrado la transizione energetica, ma proprio grazie a essa.

Naturalmente, gli investitori potranno preparare i loro portafogli a questa transizione solo se capiranno in che misura le singole società sono pronte ad affrontare le minacce fisiche del cambiamento climatico e la transizione dell’economia globale verso la neutralità carbonica. Essi chiedono quindi alle società di asset management come BlackRock di accelerare lo sviluppo delle proprie capacità di elaborazione dati e di analisi in quest’area, e noi ci impegniamo a soddisfare questa esigenza.

L’importanza dei dati e delle informative

Per valutare i rischi di sostenibilità, gli investitori devono avere accesso a informazioni pubbliche rilevanti, di elevata qualità e coerenti. Ecco perché l’anno scorso abbiamo chiesto alle società di allinearsi, nelle proprie informative, alle raccomandazioni della Task force sulla rendicontazione finanziaria dei fattori climatici (TCFD) e del Sustainability Accounting Standards Board (SASB), che copre un’ampia gamma di fattori di sostenibilità materiali. Riteniamo inoltre molto incoraggianti i progressi osservati lo scorso anno – un aumento del 363% delle informative SASB e oltre 1.700 organizzazioni che si sono espresse in favore delle linee guida TCFD (BlackRock ha pubblicato le sue prime informative TCFD e SASB l’anno scorso).

Le informative TCFD rappresentano lo standard globale per aiutare gli investitori a comprendere i rischi climatici più materiali che le società si trovano ad affrontare e il modo in cui li gestiscono. Visto il ruolo centrale che rivestirà la transizione energetica per le prospettive di crescita di tutte le società, chiediamo alle aziende di divulgare un piano relativo alla compatibilità del proprio modello di business con un’economia a zero emissioni nette, ovvero uno scenario in cui il riscaldamento globale sia limitato a un livello assai inferiore a 2°C, in linea con l’aspirazione globale di arrivare a zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Chiediamo alla Sua società di illustrare le modalità con cui questo piano viene integrato nella strategia aziendale a lungo termine e rivisto dal consiglio di amministrazione.

Siamo consapevoli che possa essere scomodo divulgare queste informazioni e che la varietà dei framework di rendicontazione sia fonte di ulteriori complessità per le aziende. Sosteniamo fermamente il passaggio a un unico standard globale, che consentirà agli investitori di prendere decisioni più informate per ottenere rendimenti duraturi a lungo termine. Disporre di informative migliori sulla sostenibilità è nell’interesse delle società come degli investitori, pertanto vi chiedo di iniziare fin da subito a divulgarle, senza aspettare che siano i regolatori a renderle obbligatorie (con il passaggio a un unico standard, BlackRock continua a promuovere una rendicontazione allineata ai requisiti TCFD e SASB). Credo inoltre che le linee guida del TCFD non dovrebbero essere adottate solo dalle società pubbliche: se vogliamo che queste informative siano veramente efficaci, se vogliamo vedere un vero cambiamento a livello sociale, dovrebbero adottarle anche le grandi società private.

Inoltre, i rischi legati al clima non riguardano solo le aziende. BlackRock ritiene per esempio che anche gli emittenti di debito pubblico dovrebbero divulgare informazioni su come stanno affrontando tali rischi. Ma la misurazione e la divulgazione non sono le uniche sfide. I governi di tutto il mondo, soggetti a forti pressioni fiscali a causa della pandemia, devono anche avviare importanti progetti di infrastrutture per il clima, sia a tutela dei rischi fisici, sia per fornire energia pulita. Queste sfide richiederanno l’intervento creativo di partenariati pubblico-privati per finanziarle, nonché migliori informative per attrarre i capitali.

L’impegno di BlackRock verso la neutralità carbonica

Il mondo si sta muovendo verso la neutralità carbonica e, nel migliore interesse dei propri clienti, BlackRock vuole essere alla guida di questa transizione. Oggi le nostre attività sono “carbon neutral” e ci impegniamo a sostenere l’obiettivo di zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Nessuna azienda può pianificare su un orizzonte trentennale, ma siamo convinti che tutte le società, compresa BlackRock, debbano iniziare oggi ad affrontare la transizione verso la neutralità carbonica. Stiamo compiendo i passi necessari per aiutare gli investitori a preparare i portafogli per un mondo a emissioni zero, anche cogliendo le opportunità create da questa transizione.

Oggi, in una lettera ai nostri clienti, abbiamo annunciato in maggiore dettaglio queste iniziative, fra cui: pubblicare una metrica di allineamento delle temperature per i nostri fondi azionari e obbligazionari pubblici, laddove siano disponibili dati sufficienti; integrare le considerazioni sul clima nelle nostre ipotesi sui mercati dei capitali; attuare un “modello a maggiore scrutinio” nei nostri portafogli attivi come quadro di riferimento per gestire le posizioni che presentano un rischio climatico significativo (segnalando le posizioni per una potenziale uscita); lanciare prodotti di investimento con espliciti obiettivi di allineamento delle temperature, compresi prodotti in linea con l’obiettivo di zero emissioni nette; usare le attività di gestione degli investimenti per assicurare che le società in cui investono i nostri clienti mitighino il rischio climatico e prendano in considerazione le opportunità offerte dalla transizione verso la neutralità carbonica.

Migliorare i rendimenti grazie alla sostenibilità e a connessioni più strette con gli stakeholder

Nel 2018 avevo invitato ogni società a esprimere il proprio scopo e come intende realizzarlo a beneficio di tutti gli stakeholder: azionisti, dipendenti, clienti e comunità di riferimento. Nel corso del 2020 le società con uno scopo ben preciso e migliori profili ambientali, sociali e di governance (ESG) hanno realizzato risultati superiori: l’81% di una selezione globalmente rappresentativa di indici sostenibili ha sovraperformato i rispettivi indici originari. Questa sovraperformance è apparsa ancora più pronunciata durante la recessione del primo trimestre, dimostrando ancora una volta la resilienza dei fondi sostenibili osservata in occasione di fasi recessive precedenti. E il ventaglio più ampio di soluzioni di investimento sostenibile continuerà ad alimentare l’interesse degli investitori verso questi fondi, come abbiamo visto nel 2020.

Da un’analisi più approfondita emerge tuttavia che non si tratta solo della sovraperformance degli indici ESG del mercato generale. All’interno dei singoli settori – dalle automobili alle banche, fino al settore gas e petrolio – si scorge infatti un’altra divergenza: le società con profili ESG migliori hanno performance superiori rispetto alle altre, grazie a un “premio di sostenibilità”.

È chiaro che per una società essere in connessione con gli stakeholder, ovvero instaurare un rapporto di fiducia e agire con uno scopo, significa comprendere i cambiamenti in atto nel mondo e reagire di conseguenza. Le società che ignorano gli stakeholder lo fanno a proprio rischio e pericolo: se non riescono a guadagnarsi la loro fiducia incontreranno sempre più difficoltà nell’attirare clienti e talenti, considerato che i giovani tendono a preferire le aziende che rispecchiano i loro valori. Più la Sua società riuscirà a dimostrare il proprio scopo nel generare valore per i propri clienti e dipendenti e per le comunità di riferimento, più diventerà competitiva e potrà generare profitti duraturi a lungo termine per gli azionisti.

Non ho memoria di un periodo in cui sia stato più importante, per le società, rispondere alle esigenze dei propri stakeholder. Attraversiamo una fase di terribili difficoltà economiche, ma siamo anche giunti a un crocevia storico nel percorso verso la giustizia razziale, una questione che non può essere risolta senza la leadership delle società. Una società che non cerca di trarre vantaggio dall’intero spettro dei talenti umani sarà più debole, perché avrà meno probabilità di assumere i migliori talenti, di rispondere alle esigenze dei propri clienti e delle comunità in cui opera e, in definitiva, di sovraperformare.

Sebbene le questioni legate alla razza e all’etnia siano affrontate in modi assai diversi a livello mondiale, ci aspettiamo che in tutti i Paesi le società abbiano una strategia per i talenti che consenta di attingere alla più ampia rosa possibile. Nel pubblicare i rapporti sulla sostenibilità, Le chiediamo di divulgare informazioni sulla strategia per i talenti che rispecchino appieno i vostri piani a lungo termine per migliorare la diversità, l’equità e l’inclusione, come richiede la situazione nelle diverse regioni. Noi intendiamo mantenerci su questo stesso standard.

La giustizia razziale, la diseguaglianza economica e il coinvolgimento nella comunità sono spesso classificati come questioni riconducibili alla “S” di ESG, ma è fuorviante tracciare linee tanto nette tra queste categorie. Il cambiamento climatico, per esempio, sta già avendo un impatto enorme sulle comunità a basso reddito in tutto il mondo: si tratta di una questione “E”, oppure “S”? Ciò che conta non è tanto la categoria in cui collochiamo tali questioni, quanto piuttosto le informazioni che abbiamo per comprendere la loro natura e il modo in cui interagiscono tra loro. Dati e informative migliori ci aiuteranno a comprendere meglio la profonda interdipendenza tra questioni ambientali e sociali.

Io sono un ottimista. Ho visto con quale serietà molte società stanno affrontando queste sfide, come rispondono alle richieste di maggiore trasparenza, maggiore assunzione di responsabilità nei confronti degli stakeholder e migliore preparazione al cambiamento climatico. Tutto questo mi rassicura. Adesso, i dirigenti e gli amministratori dovranno dimostrare ancora più coraggio e impegno verso gli stakeholder. Dobbiamo muoverci ancora più velocemente, per creare più posti di lavoro, più prosperità e più inclusività. Ho grande fiducia nella capacità delle imprese di aiutarci a uscire da questa crisi e costruire un capitalismo più inclusivo.

Prima del 2020, lo sviluppo di un vaccino richiedeva tipicamente da 10 a 15 anni. Il vaccino più rapido mai messo a punto finora, quello per la parotite, ha richiesto quattro anni. Oggi abbiamo diverse aziende in tutto il mondo che producono vaccini sviluppati in meno di un anno, e che dimostrano la forza delle imprese – la forza del capitalismo – nel rispondere ai bisogni dell’umanità. Mentre usciamo progressivamente dalla pandemia, affrontando enormi difficoltà economiche e pesanti disuguaglianze, abbiamo bisogno di società capaci di abbracciare una forma di capitalismo che riconosca tutti i portatori d’interesse e si ponga al loro servizio.

Il vaccino è un primo passo. Il mondo è ancora in crisi e continuerà a esserlo. Abbiamo una grande sfida da affrontare. Le società che abbracciano questa sfida, che cercano di costruire valore a lungo termine per i propri stakeholder, contribuiranno a generare rendimenti a lungo termine per gli azionisti e a costruire un futuro più luminoso e prospero per il mondo intero.