Mercati inflazionati, timori inflazionistici o semplicemente inflazione?

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Con l’inizio della primavera si profila all’orizzonte una sensibile accelerazione dell’economia mondiale. Diversi fattori depongono infatti a favore di un incremento del tasso di crescita oltre il potenziale nel secondo e nel terzo trimestre del 2021: il calo dei casi di Covid grazie ai costanti progressi delle campagne vaccinali (benché con tempistiche diverse fra un Paese e l’altro) e le temperature più miti nell’emisfero settentrionale, il graduale allentamento delle restrizioni imposte dalla pandemia e le politiche monetarie ancora accomodanti. Le tracce della peggiore recessione globale del secondo dopoguerra stanno cominciando a svanire.

Di per sé la prevista svolta ciclica che supporta gli utili aziendali e quindi anche i mercati azionari, alimenta l’ottimismo degli investitori. Soprattutto dopo il netto rialzo dei corsi dei mesi passati, l’andamento degli utili è un importante barometro per le borse.

In tale quadro l’”eccezionalismo degli Stati Uniti” (US exceptionalism) è sempre più evidente sotto diversi punti di vista. La Cina ha recuperato da tempo le perdite di inizio 2020 e gli indicatori sul sentiment ora segnalano un rallentamento della ripresa. Nell’area euro, i dati sui nuovi casi di coronavirus e una campagna vaccinale zoppicante frenano le attese di una “primavera congiunturale”. Per contro, negli Stati Uniti i rapidi progressi nella somministrazione dei vaccini e il pacchetto fiscale multi miliardario proposto dal Presidente Joe Biden alimentano le più rosee speranze di ripresa economica. Nell’ambito di un contesto economico globale nel complesso positivo, prevediamo che nei prossimi trimestri gli USA registrino una crescita più robusta rispetto agli altri membri del G4 e a molti Paesi emergenti. La Federal Reserve stima per il 2021 un’espansione pari al 6,5%, la più consistente dal 1984.

Non senza qualche timore, gli investitori si stanno chiedendo insistentemente se anche l’inflazione si ridesterà dal suo lungo letargo. Durante la pandemia di Covid-19, le pressioni inflazionistiche sono nettamente diminuite in tutto il mondo per effetto del calo del prezzo del petrolio e della forte flessione della domanda. Tuttavia, attorno alla metà del 2021 il tasso di inflazione potrebbe superare il 3% negli USA e il 2% nell’area euro.

I crescenti rischi inflazionistici potrebbero costringere le banche centrali a mettere prematuramente fine, a sorpresa, alle politiche monetarie ultra-accomodanti. E il moltiplicarsi delle voci di una riduzione degli acquisti di asset da parte della Fed potrebbe penalizzare i mercati obbligazionari nei prossimi mesi.

Per le asset class rischiose, un moderato incremento dei rendimenti per effetto della crescita economica è positivo, un repentino e consistente aumento dei tassi di interesse (reali) no.

Ma è importante considerare che nel breve periodo sono soprattutto i fattori temporanei eccezionali a suggerire un sensibile rialzo dell’inflazione nei prossimi mesi. Tra questi figurano importanti effetti base (rispetto al crollo economico dell’anno scorso), l’aumento dei prezzi delle materie prime, il rimbalzo dei consumi privati e possibili strozzature nel settore dei servizi in seguito all’allentamento del distanziamento sociale e delle restrizioni. In passato le banche centrali non hanno dato peso ai rialzi temporanei dell’inflazione.

Il reflation trade di quest’anno potrebbe anche interrompersi. La Fed stima che nel corso 2022 il suo parametro preferito di misurazione dell’inflazione tornerà al 2,0% e non prevede inasprimenti dei tassi prima del 2023. Per quanto riguarda l’area euro, il prossimo anno l’inflazione dovrebbe rimanere decisamente al di sotto del target della Banca Centrale Europea (previsioni della BCE: 1,2%). Non si attende una repentina svolta della politica monetaria.

Vi sono quindi due forze opposte che trainano i mercati, a partire da quello statunitense: da un lato il contesto macroeconomico favorevole e dall’altro i crescenti timori per una prossima riduzione degli stimoli monetari.