Ancora tu?

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L’inizio del processo di irripidimento della curva euro, funzione dell’uscita progressiva dalla crisi pandemica, vede il BTP tornare a sottoperformare gli altri emittenti europei. Analizziamo i motivi dell’allargamento dello spread e le variabili da tenere d’occhio nei prossimi mesi.

Da inizio anno le curve delle scadenze dei Paesi emittenti dell’area euro vivono una novità di signifi­cativa importanza: dopo aver raggiunto nuovi minimi nel differenziale di rendimento fra scadenze di medio/ lungo termine e scadenze di breve, quest’ultimo ha iniziato a virare al rialzo. Ad esempio, lo spread fra de­cennale e due anni ha toccato i 10 punti base (curva sostanzialmente piatta) il 31 dicembre 2020 e da allora segue un trend in ascesa senza significative interru­zioni, collocandosi oggi al di sopra dei 50 punti base. Questo processo è fisiologico: l’inclinazione della curva è figlia di più elevate attese di crescita economica e inflazio­ne. Conseguentemente il segnale è da accogliere positivamente, in quanto testimonia il miglioramento di scenario e prospettive più solide di uscita dalla crisi pandemica. Il fenomeno d’altra parte segue, con un ritardo di 6-7 mesi, quanto già osservato negli USA, e riguarda la generalità degli emittenti continentali.

Ciò che risulta interessante, oltre all’evento in sé, è che questa risalita dei rendimenti sia accompagnata anche da un allargamento dello spread fra BTP e Bund. Tale dinamica è per il momento lungi dall’essere preoc­cupante, muovendo da minimi pluriennali di 90 punti base (9 febbraio) fino agli attuali 125, ma le ragioni meritano di essere approfondite. La prima spiegazione è di natura prettamente finanziaria: per quanto smentito con forza dalle Autorità BCE, è naturale per i mercati che il miglioramento economico dell’area porti con sé attese di passi indietro sulle misure monetarie più espansive, come sta avvenendo, in maniera più evidente, negli Stati Uniti.

Il concetto di “tapering”, traslato nel contesto dell’ar­chitettura europea, può significare una maggiore vulnerabilità degli emittenti più indebitati dell’area. Ciò a motivo di un semplice effetto di domanda/offerta, dato che viene gradualmente a mancare un “grande compratore”, e anche per via del fatto che salgono i costi di finanziamento in un contesto di debito pubbli­co piuttosto gravoso.

La seconda spiegazione possibile ha a che vedere con il clima politico, sia in Italia che fuori dal Paese. Il dibattito sul piano europeo Next Generation va avanti, ma i tempi di approvazione restano incerti. Da supe­rare c’è ancora il farraginoso iter decisionale, con la necessità del placet da parte della Commissione e della ratifica dei 27 Paesi, che darà il via libera alla raccolta di fondi sui mercati. In ag­giunta a questo, a livello nazionale non aiutano alcune recenti dichiarazioni di membri della maggioranza, e più in generale una coalizione che appare tanto larga quanto potenzialmente fragile.

A nostro avviso sono questi dunque gli elementi da monitorare nei mesi a venire. La debolezza dei governativi europei in generale sembra destinata a continuare, con una velocità di risalita dei rendimenti che dipenderà dai progressi delle rispettive economie e dai dati d’inflazione. Quanto all’andamento dello spread italiano, una corretta e graduale gestione monetaria da parte della BCE e la stabilità e l’impul­so delle decisioni politiche sono necessarie per non modificare in maniera significativa le attuali, favorevoli, condizioni di finanziamento.