Tenere d’occhio le opzioni sui Treasury in attesa della Fed

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In queste settimane caratterizzate da così numerose fonti di incertezza, il nostro scenario resta quello in cui le azioni continuano ad essere l’asset class preferibile ma nel breve termine la molteplicità dei rischi e degli eventi incerti amplifica il novero dei possibili esiti. Potrebbero insorgere varianti del virus resistenti ai vaccini, tensioni di carattere geo-politico e, soprattutto, l’inflazione. Se dovesse rivelarsi più che un fenomeno temporaneo, le banche centrali dovrebbero correre ai ripari e cambiare completamente le condizioni del gioco.

Negli ultimi dodici mesi i prezzi delle commodity, tra cui si è distinto il rame per il suo impiego nella transizione ambientale, hanno continuato il movimento di crescita, le commodity agricole sono state tra le migliori asset class in termini di performance. All’origine c’è una combinazione di fattori: la domanda per la ricostituzione delle scorte (Cina su tutti), la domanda di energia verde, i colli di bottiglia nell’offerta creati dai lockdown. Per alcuni non si tratta solo del recupero dei livelli di pre-pandemia ma di tendenze che potrebbero persistere anche nel 2022.

A complicare le cose e aumentare l’entropia, la Federal Reserve ha comunicato la volontà di avviare i primi passi verso l’alleggerimento della sua esposizione ai titoli societari, complessivamente circa quattordici miliardi di dollari. La decisione di avviare la graduale chiusura del Secondary Market Corporate Credit Facility (SMCCF) da parte delle Fed di New York non è collegata alla politica monetaria governata dal FOMC di Washington. Gli acquisti mensili di 120 miliardi di dollari di emissioni di bond governativi proseguiranno ma la notizia amplifica le paure di un tapering prossimo venturo e fa trascurare che si tratta anche di un segnale positivo, il ritorno della fiducia nel segmento delle emissioni societarie.

Il dato di inflazione americano di maggio, pubblicato il 10 giugno, riporta un incremento mensile del 5%. Probabilmente innescherà un nuovo filotto di commenti e analisi sulla natura transitoria o permanente dei fattori che stanno spingendo in alto i prezzi.

Qualcuno darà maggiore importanza ai colli di bottiglia nel lato dell’offerta e al costante incremento dei prezzi delle commodity, iscrivendoli nel quadrante delle probabilità di inflazione permanente, altri continueranno a premiare la natura transitoria di questi effetti stimando un rientro dell’inflazione americana al livello obiettivo del 2% nel 2022. Al momento, le misurazioni condotte dall’Università del Michigan e i livelli di break-even dei TIPS mostrano che le aspettative di inflazione nel lungo termine sono aumentate ma restano in linea con le medie storiche.

I dubbi sull’inflazione vanno di conserva con i movimenti dei tassi di interesse, un’incertezza incorporata nel prezzo delle opzioni, più care quando il nervosismo aumenta. L’andamento dei prezzi delle opzioni sui Treasury è espresso dall’indice MOVE (Merrill Lynch Option Volatility Estimate), la versione obbligazionaria del più noto VIX. L’indice non sta mostrando particolare inquietudine sui tassi, è su livelli più bassi rispetto alla sua media storica e molto distante dai livelli toccati nei momenti di maggiore tensione.

Per Harley Bassman, che ha ideato l’indice MOVE nel 1994, i motivi sono in parte tecnici, con tassi pressoché a zero e la Fed non propensa a portarli in territorio negativo, “i movimenti di volatilità del Treasury sono limitati”. Nella conferenza stampa al termine della riunione del FOMC di aprile, Powell aveva confermato la stance espansiva collegando la politica monetaria alle condizioni del mercato del lavoro e all’obiettivo della piena occupazione. La politica della Fed è dunque esplicitamente ancorata alle dinamiche del lavoro.

Il dato sull’occupazione rilasciato venerdì scorso mostra luci ed ombre. I nuovi posti di lavoro sono stati al di sotto delle attese (559.000 vs. gli attesi 675.000) e Wall Street ha festeggiato con un rialzo perché si attenua la paura di una crescita troppo impetuosa dell’economia americana. Il livello della disoccupazione è sceso a 5,8%, l’occupazione femminile è stata più forte di quella maschile e, sostanzialmente, il dato conferma il buon tono del mercato del lavoro in graduale recupero: mancano 7,6 milioni di posti rispetto ai livelli occupazionali di prima della pandemia. L’accelerazione è prevista nell’autunno, con la riapertura delle scuole e la maggioranza della popolazione vaccinata. La riunione della Federal Reserve di metà giugno sarà particolarmente importante e sarà opportuno osservare i movimenti del MOVE.

Come anticipato sopra, le azioni restano l’asset class da preferire, sostenute dai successi delle campagne vaccinali e dalla ripresa economica favorita da politiche fiscali e monetarie accomodanti. La stagione degli utili, negli Stati Uniti e ancor di più in Europa, ha certificato il buono stato di salute delle società ma, certo, le condizioni delle economie avanzate sono ancora dipendenti dagli aiuti di governi e banche centrali. Diventa ancora più importante la selezione di società con attese di utili robusti e credibili, tali da contrastare l’inevitabile contraccolpo sulle valutazioni in caso di cambiamento di scenario. Sono da preferire le società, di qualsiasi settore, più avanti nell’adattamento alla trasformazione digitale, le società attive nella transizione ambientale, nell’economia circolare e favorite, almeno in Europa, dalle iniziative finanziate dal Recovery Plan.

I mercati emergenti e la Cina restano un tema strutturale per i portafogli, la Cina ha dalla sua anche la sottorappresentazione negli indici azionari, un’economia che conta per circa il 18% sul PIL mondiale rappresenta meno del 6% dell’indice MSCI AC World. Ricordando anche l’impossibilità di prevedere un esito tra tanti possibili esiti, il consiglio è di non contribuire alla volatilità, guardare “oltre il tempo presente” cercando di scansare il mercato quando “perde l’equilibrio”, per dirla con Keynes che fu anche abile investitore.