Che cosa non ci racconta un rating?

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La probabilità di default (PoD) o bancarotta di un’azienda è il concetto centrale alla base di un rating convenzionale. I rating costituiscono un legame fondamentale tra mercati e investitori. La loro importanza non può essere sopravvalutata. Tuttavia, i rating tradizionali, secondo le stesse agenzie di rating del credito, sono solo opinioni. Il processo di calcolo di una probabilità di bancarotta di un’azienda non è solo soggettivo, manca di trasparenza e, dato che non è un processo strettamente scientifico, può essere manipolato, portando a conflitti di interesse e frodi.

Le tre grandi agenzie di rating forniscono rating dall’inizio del 20 ° secolo. Allora il mondo era molto diverso. I rating tradizionali sono diventati pericolosamente obsoleti e, soprattutto, non adatti a un’economia turbolenta. Con l’aumentare della complessità dell’economia, i rating convenzionali producono risultati discutibili. Matematicamente corretti ma sostanzialmente irrilevanti. Ciò è emerso nel 2007, quando le agenzie di rating hanno fuorviato gli investitori e contribuito in modo significativo al tracollo globale dell’economia. Il nuovo sistema di Rating di Resilienza, descritto nel presente articolo, è stato progettato specificamente per le turbolenze e un’economia veloce dominata da shock, bolle e instabilità. I mercati non sono efficienti. In Natura non esiste l’equilibrio. Sono necessari nuovi approcci.

I rating convenzionali continueranno sicuramente ad essere utilizzati in futuro. Tuttavia, al fine di fornire agli investitori conoscenze e approfondimenti nuovi e oggettivi, proponiamo un rating nuovo basato sulla resilienza. La crescente complessità e turbolenza sono, con ogni probabilità, le caratteristiche più evidenti e drammatiche della nostra economia globale. Sono anche il segno distintivo dei nostri tempi. In tale contesto, un rating di probabilità di bancarotta è irrilevante e potenzialmente fuorviante. La resilienza, o la capacità di resistere a shock, d’altra parte, è una quantità oggettiva, fisica e misurabile. È particolarmente significativa in situazioni di elevata turbolenza, shock e in condizioni in rapida evoluzione. Un rating basato sulla resilienza è ampiamente applicabile e può essere utilizzato per misurare lo stato di salute di aziende, azioni, portafogli, fondi, fondi di fondi, sistemi di società o città ed economie nazionali. Nella nostra veloce e turbolenta economia, piena di incertezze e interdipendenze, eventi estremi e improvvisi stanno diventando abbastanza comuni. Tali eventi diventeranno sempre più frequenti e intensi, esponendo imprese fragili a eventi apparentemente non correlati che hanno, potenzialmente, origine a migliaia di chilometri di distanza. Ciò impone alle aziende e agli investitori di concentrarsi non solo sulle prestazioni ma anche sulla resilienza, costruendo imprese meno complesse, meno fragili e più sane. Elevata resilienza significa sopravvivenza e sostenibilità. Tuttavia, l’aspetto chiave dei rating di resilienza è che sono di natura olistica e sistemica. Questo perché possono essere calcolati non solo sulla base di fondamenti – bilanci, flusso di cassa, stato patrimoniale o rapporti – ma anche su dati relativi a clienti, a fornitori e a qualsiasi insieme di parametri macroeconomici pertinenti. Ma soprattutto, i rating di resilienza sono scienza, non opinioni. Numeri, non sensazioni.

La resilienza, o resistenza agli shock (RtS o Resistance to Shocks) viene misurata su una scala da 0% al 100%. Valori vicini al 100% denotano un’elevata stabilità e capacità di assorbire turbolenze ed eventi destabilizzanti. I valori bassi, d’altra parte, riflettono fragilità che può influire sulla sostenibilità a lungo termine.

Il presente articolo fornisce un interessante confronto tra i rating convenzionali e quelli di resilienza per oltre 500 società quotate su S&P, Dow Jones e NASDAQ. Le analisi si sono basate su bilanci standardizzati trimestrali.

La distribuzione dei valori di resilienza delle 500 società è illustrata nella figura sotto. Indica come la maggior parte delle aziende si concentri su valori di resilienza del 65-75%, con pochissime aziende con valori superiori all’80%. Allo stesso modo, al momento non ci sono aziende con un valore di resilienza inferiore all’allarmante soglia del 50%.

 

 

Il confronto tra rating convenzionali e quelli di resilienza è illustrato nella figura riportata di seguito.

 

 

Delle oltre 500 aziende, solo 5 sono da AAA, cioè Prime Grade (vedi freccia rossa). La maggior parte delle aziende ha un rating classico medio, con una forbice in termini di rating di resilienza dal 55% al 90%. Infine, 73 società hanno un rating inferiore a livello di spazzatura. Con una sola eccezione, la maggior parte di questi ha un rating di resilienza che va dal 60% all’80%.

In sostanza, abbiamo un’area di forma quasi triangolare che induce le seguenti conclusioni:

  • I rating da tripla A non corrispondono ad aziende con il rating di resilienza elevato – questo si assesta su valori di circa 65%. In effetti, aziende con rating tripla A sembrano avere una fragilità ben oltre la media.
  • Le aziende con il rating di resilienza più elevato hanno un rating classico di livello medio. Quindi, se si cerca aziende altamente resilienti, bisogna cercare nella gamma BB (freccia verde).
  • I rating speculativi possono, tuttavia, nascondere aziende con resilienza relativamente elevata (circa il 70%, anche fino all’80%). In altre parole, c’è “spazzatura stabile” là fuori.

La conclusione principale dello studio è che i rating da tripla A non implicano necessariamente un’elevata resilienza, quindi la sostenibilità. Questo non è affatto sorprendente. In sostanza, questi casi corrispondono a situazioni ad alte prestazioni che comporta un prezzo: la fragilità. Un’analogia che viene subito in mente è quella di una macchina di Formula Uno – elevatissime prestazioni per brevi periodi di tempo ma ad un prezzo molto alto. Bisogna scegliere: alte prestazioni a breve termine o alta sostenibilità. Non è facile avere entrambi.