Non tutti i Net Zero sono uguali

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Secondo un recente report del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sopra i livelli preindustriali ed evitare gli effetti più catastrofici dei cambiamenti climatici, il mondo deve dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030 circa e raggiungere emissioni nette di CO2 pari a zero entro la metà del secolo. A livello globale, l’IPCC fornisce una definizione chiara di zero emissioni nette: le emissioni nette vengono raggiunte quando le emissioni antropiche (cioè causa- te dall’uomo) di gas serra (GHG) nell’atmosfera sono controbilanciate dagli assorbimenti antropici in un dato periodo. Nella seconda metà del secolo sarà quindi necessario controbilanciare le emissioni di gas a effetto serra in modo che la somma di tutti questi gas messi dalle attività umane sia zero. Non stiamo parlando di «Zero», ma di «Net Zero» perché è naturale che continueremo ad emettere gas serra, ma ciò avverrà nei limiti della capacità di assorbimento del nostro pianeta. L’espressione «Carbonio negativo» va oltre e comporta la rimozione dall’atmosfera di più CO2 di quanti ne emettiamo. Si tratta probabilmente di un obiettivo che l’umanità dovrà raggiungere nella seconda metà del secolo. A livello planetario, i termini sembrano semplici e chiari: rimuovere dall’atmosfera una quantità di gas serra pari a quella emessa. Le cose si complicano rapidamente non appena ci si posiziona a livello di Stato. E questo è semplicemente impossibile da oggettivare per un’azienda. Cominciamo con gli Stati: l’Unione Europea, la Cina e gli Stati Uniti hanno annunciato obiettivi di neutralità del carbonio. Lo stesso vale attualmente per 59 Paesi del mondo.

Tuttavia, ogni paese adotta un approccio diverso:

  • l’UE include tutti i gas a effetto serra nel suo piano di neutralità del carbonio entro il 2050;
  • Il piano «Net Zero» cinese si concentra sul riequili- brio delle sole emissioni di CO2 entro il 2060;
  • Il piano climatico dell’amministrazione Biden mira a raggiungere il «Net Zero» entro il 2050, ma non ha ancora specificato quali gas sono coinvolti;

Una vera e propria baraonda terminologica

L’anidride carbonica è la causa principale dell’aumento delle temperature a livello mondiale; si accumula e permane nell’atmosfera per centinaia di anni. Ridurre a zero le emissioni di CO2 fermerà il riscaldamento globale, ma l’impatto dell’anidride carbonica già presente nell’atmosfera si farà sentire per secoli. Al contrario, i gas serra a vita più breve, come il metano, hanno un impatto sull’atmosfera solo per pochi anni o decenni. La loro riduzione ridurrebbe in modo relativamente rapido il contributo al riscaldamento globale. Altri elementi come la responsabilità storica o il percorso di riforestazione complicano ulteriormente il dibattito, ma questo non è nulla in confronto alla baraonda terminologica a livello aziendale. L’elenco delle aziende che annunciano i loro obiettivi di neutralità continua a crescere, con più di 400 aziende che li hanno già adottati. Gli obiettivi sono difficili da confrontare e le definizioni rimangono vaghe. I dettagli dietro le etichette di neutralità variano di molto. Alcuni obiettivi si concentrano solo sulle emissioni di CO2. Altri coprono tutti i gas a effetto serra. Le aziende possono includere solo le emissioni che controllano direttamente (Scope 1), o includere quelle derivanti dalle loro catene di approvvigionamento e dall’uso dei loro prodotti (Scope 3). A volte gli obiettivi non mirano nemmeno a ridurre le emissioni, ma solo a compensarle con crediti di carbonio. ACI Europe, che rappresenta oltre 500 aeroporti eu- ropei, è un buon esempio di un obiettivo di emissioni ridotte. ACI Europe ha fissato un obiettivo di emissioni nette di CO2 pari a zero entro il 2050, che si applica solo agli edifici e alle operazioni a terra, non alle emissioni degli aerei. Ciò implica che sono prese in considerazione solo il 2% delle emissioni di tutte le at- tività di trasporto aereo che passano attraverso questi aeroporti.

La compensazione non può essere l’unica soluzione

La compensazione del carbonio è la panacea utilizzata da tutti gli attori economici. Il principio è semplice. Per compensare le loro emissioni, le aziende investono in progetti che permettono sia di ridurre le emissioni di CO2 (per esempio, progetti di energia rinnovabile), sia di assorbirle (per esempio, progetti di riforestazione), con la maggior parte dei volumi in quest’ultima categoria. Tranne che piovono critiche sulla compensazione del carbonio: l’addizionalità del progetto, ossia il fatto che non sarebbe esistito senza questo finanziamento, non è facile da dimostrare. La permanenza dello stoccaggio di CO2 è rimessa in discussione per i progetti forestali (quando le foreste bruciano o muoiono, l’anidride carbonica viene rilasciata nell’atmosfera) e la contabilizzazione è un incubo. Se Total compensa le emissioni di un barile estratto in Angola e bruciato in Francia piantando alberi in Benin, nulla impedisce alle quattro parti di utilizzare questa compensazione per i loro scopi. Infine, se ogni attore si limita a compensare le sue emissioni senza ridurle, non ci saranno abbastanza mezzi di compensazione per tutti. Naturalmente, non bisogna buttare il bambino con l’acqua sporca, e queste misure sono un buon inizio. Il nostro ruolo di investitori attivi è quello di mantenere un occhio critico e differenziare gli attori economici per mettere in evidenza le pratiche migliori. Che in effetti esistono. Microsoft si è posta l’obiettivo ambizioso di neutralizzare tutte le emissioni di CO2 entro il 2050, ma il gruppo vuole anche andare oltre e neutralizzare le emissioni prodotte dalla sua costituzione nel 1975. Microsoft fornisce spiegazioni chiare su ciò che intende attuare: In primo luogo, cerca di ridurre la sua impronta diretta senza usare compensazioni. Microsoft prevede di utilizzare il 100% di energie rinnovabili per tutti i suoi data center ed edifici entro il 2025. Successivamente prendere in considerazione tutte le sue emissioni, cioè anche lo scope 3. Microsoft vuole dimezzare queste ultime entro il 2030 lavorando con tutta la sua catena di fornitori. Per neutralizzare queste emissioni, Microsoft non vuole passare attraverso sistemi di acquisto di crediti di compensazione, ma finanziare direttamente progetti di assorbimento di CO2, principalmente attraverso soluzioni naturali (riforestazione) ma anche sostenendo lo sviluppo di soluzioni tecnologiche. Microsoft sta discutendo apertamente i limiti della compensazione e ha pertanto sviluppato una tabella di marcia con obiettivi intermedi. Al di là delle considerazioni tecniche, come investitori, dobbiamo rimanere vigili riguardo agli effetti degli annunci.

Non tutte le strategie «Net Zero» sono uguali e, soprattutto, non esimono le aziende dal cominciare a compiere sforzi già da ora per ottenere riduzioni in termini assoluti in tutto il perimetro della loro attività (Scope 1+2+3). I tre perimetri di emissione:

  • Scope 1: emissioni dirette di gas a effetto serra provenienti dalla produzione del prodotto dell’azienda;
  • Scope 2: emissioni indirette di gas a effetto serra dovute all’uso di elettricità, al riscaldamento degli edifici, ecc;
  • Scope 3: emissioni di gas a effetto serra provenienti dal trasporto e dall’uso del prodotto per esempio, dalla combustione della benzina nelle automobili.