La transizione di metà ciclo non è una buona ragione per vendere

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Come attestato ufficialmente dal National Bureau of Economic Research (NBER) due settimane fa, l’attività economica ha segnato il suo punto minimo nell’aprile 2020. Pertanto, i due mesi di COVID-19 hanno prodotto la recessione più breve che si ricordi dalla metà del 1800. L’annunciata fine della recessione non ha destato grande sorpresa fra i seguaci del programma ClearBridge Anatomy of a Recession: già 14 mesi fa il ClearBridge Recovery Dashboard indicava un segnale verde di espansione generale. Inoltre, dalla sua reintroduzione all’inizio di quest’anno il ClearBridge Recession Risk Dashboard mostra un segnale verde di espansione generale e due mesi fa tutti i suoi 12 indicatori sottostanti sono diventati verdi. Ad agosto non sono intervenute variazioni nel dashboard.

 

 

Nei mesi scorsi, abbiamo accennato al fatto che il dashboard evidenziasse alcuni dei migliori risultati storici. Questa forza non è venuta meno, nonostante il PIL del secondo trimestre abbia “disatteso” le aspettative fermandosi al 6,5% contro il dato consensuale dell’8,4%. Nel secondo trimestre, a frenare leggermente l’attività economica sono intervenuti ben noti problemi della catena di approvvigionamento e una spesa pubblica più debole, ossia aspetti che tendono a rivestire minore importanza per gli investitori azionari. Nel secondo semestre, inoltre, dovrebbero iniziare ad attenuarsi i problemi di approvvigionamento che hanno causato un’impressionante riduzione delle scorte e la debolezza nel commercio e nell’edilizia. Va sottolineato che il 6,5% rappresenta il miglior risultato trimestrale da quasi 20 anni (dalla seconda parte del 2003), escludendo l’anomalo terzo trimestre del 2020 quando sono iniziate le riaperture.

Molti indicatori economici continuano a mostrarsi forti ma, come abbiamo detto in precedenza, il contesto attuale segna probabilmente un picco della crescita economica e degli utili. Anche se alcuni operatori di mercato sembrano temere un rallentamento imminente, continuiamo a credere che l’economia stia vivendo una transizione alquanto tipica dalla fase iniziale a quella centrale del ciclo economico. È un periodo accompagnato spesso da mercati azionari più incerti, poiché gli investitori cercano di capire quali saranno i temi dominanti della prossima espansione. Anche se solo a posteriori conosceremo i dati concreti, escludiamo certamente la possibilità di una recessione a W.

Le espansioni moderne hanno mostrato capacità di tenuta

Le recessioni a W (due recessioni a distanza massima di un anno l’una dall’altra) sono rare: secondo il NBER, se ne contano solo una durante la seconda guerra mondiale e tre dalla metà del 1800 in poi. Negli ultimi decenni, le espansioni economiche si sono protratte e le recessioni sono diventate meno frequenti. Le ultime quattro espansioni, per esempio, sono durate in media 103 mesi (poco più di 8,5 anni). In effetti, tre delle quattro espansioni storiche più lunghe (e quattro delle sei più lunghe) sono intervenute negli ultimi quattro decenni.

Un modello simile emerge dal ClearBridge Recession Risk Dashboard: tra il ritorno del dashboard a un segnale verde generalizzato dopo una recessione e l’avvio della ripresa successiva trascorrono in media 82 mesi (esclusa la recessione a W del 1980). Inoltre, la migrazione verso segnali espansionistici prolungati nel tempo rispetto alle medie storiche è avvenuta in corrispondenza con i cicli economici allungati degli ultimi anni. Ciò che più conta, forse, è che in questi periodi storici il rendimento azionario si è attestato mediamente al 7,5% annuo tra il segnale verde e la successiva recessione, e ad un ancora più robusto 10,6% tra il segnale verde e il picco di mercato intervenuto prima della recessione.

 

 

Durante le passate espansioni economiche i rendimenti sono stati robusti, ma i mercati non sono stati esenti dalla volatilità. In ogni ciclo economico intervengono correzioni significative. L’ultimo ciclo del mercato rialzista, per esempio, ha evidenziato tre correzioni del 15-20% (2010, 2011 e 2018), quasi da scenario ribassista, due drawdown compresi fra il 10% e il 15% (2016, 2018) e, infine, altre tre contrazioni del 10% (2011, 2012, 2015), fino a 30 punti base. Alcuni dei nuovi investitori azionari potrebbero rabbrividire al solo pensiero di dover sopportare ancora quegli alti e bassi, ma si tratta di fasi salutari e fondamentali per l’avvio di un nuovo mercato toro.

Data l’elevata volatilità registrata durante le ultime tre transizioni da inizio a metà ciclo nel 1994, 2003 e 2011, non ci sorprenderebbe osservare un periodo di consolidamento. In retrospettiva, ognuno di questi periodi si è rivelato una grande opportunità di acquisto per gli investitori a lungo termine. Dato il robusto quadro economico odierno, fondato sulla sana condizione finanziaria di famiglie e imprese, riteniamo che qualsiasi correzione condurrebbe a un risultato analogo.