I VARPS, un’opportunità decorrelata nei mercati di frontiera

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Nel 2016 abbiamo identificato cinque mercati chiave all’interno dell’universo di frontiera che, potenzialmente, offrono un buon rapporto rischio / rendimento: Vietnam, Argentina, Romania, Pakistan e Arabia Saudita, e li abbiamo ribattezzati VARPS. Questo sottoinsieme di paesi ha realizzato di recente la maggior parte della performance dell’indice MSCI Frontier Markets. Nel 2020 la Romania e l’Arabia Saudita sono state inserite nell’indice principale MSCI Emerging Markets, lasciando solo Vietnam, Argentina e Pakistan come veri e propri mercati di frontiera. Tuttavia, consideriamo i VARPS come un gruppo non correlato all’indice EM principale, e forniamo un aggiornamento su ciascuno dei cinque paesi di seguito, evidenziando le sfide attuali e le aree in cui vediamo progressi economici e opportunità d’investimento.

Vietnam

Le azioni vietnamite hanno continuato a sovraperformare quest’anno, con un rialzo di circa il 16% in dollari fino al 9 agosto 2021. Riteniamo che il contesto d’investimento in Vietnam rimanga solido, nonostante l’attuale carenza di democrazia e di libertà di stampa nel paese. A nostro avviso, la crescita primaria è trainata dalle esportazioni manifatturiere e di materie prime (basate su salari pari a circa un terzo di quelli cinesi, con possibilità di commercio dalle basse tariffe verso gli Stati Uniti e l’Unione europea), dai consumi interni e dalle infrastrutture, grazie all’alta densità urbana, alla creazione di posti di lavoro e alla bassa inflazione (circa il 4%). Il basso rischio politico interno del Vietnam (che ha un sistema politico monopartitico) e la successione recentemente confermata, insieme alla crescita del turismo e al basso rischio valutario, sono ulteriori aspetti positivi. Tuttavia, i limiti alla proprietà straniera danneggiano ancora un po’ gli investimenti, a nostro avviso, dato che solo il 23% dell’indice MSCI Vietnam è accessibile agli investitori stranieri, il che può fare aumentare il rischio di illiquidità. Ironia della sorte, la gestione particolarmente efficace della crisi del Covid-19 e la posizione privilegiata del Vietnam nel trarre vantaggio dalla strategia “Cina più uno” nel settore manifatturiero hanno fatto sì che questa volta non si sia ripetuta la pressione per accelerare le riforme (il deficit fiscale è di circa il 4%, la crescita è di circa il 7%, le sofferenze bancarie sono inferiori al 5% e il debito estero a breve termine è solo il 9% del PIL). Rimaniamo vigili su quelli che consideriamo i principali rischi di investimento per il Vietnam: lotte di potere all’interno del partito comunista che non sono pubblicamente visibili (ma che occasionalmente hanno portato a inaspettate indagini sulla corruzione dei dirigenti aziendali o a ritardi nelle approvazioni normative), una popolazione che invecchia e una perdita di slancio della liberalizzazione economica (privatizzazioni, aumenti dei vincoli per la proprietà straniera).

Argentina

L’Argentina è stata uno dei paesi di frontiera più deboli; infatti MSCI ha recentemente annunciato la riclassificazione dell’Argentina da mercato emergente a mercato a sé stante a causa dei prolungati controlli sul capitale, degli squilibri macro e delle micro distorsioni politiche a livello industriale. I progressi limitati in queste aree mantengono elevati i premi per il rischio sia nel debito sovrano che nell’azionario. Con la stagnazione economica in atto dal 2011, crediamo che affinché l’Argentina recuperi la propria competitività e gli investimenti diretti esteri (IDE) tornino a crescere, sia necessario attuare una significativa riforma strutturale. In particolare, pensiamo a: a) progressi sul fronte del piano di stabilizzazione macro e b) un cambiamento materiale della politica macro a seguito delle prossime elezioni di metà mandato nel novembre 2021. Purtroppo, crediamo che il paese abbia ben poco da perdere in termini di IDE, dopo questa discutibile amministrazione di orientamento socialista. Inoltre l’Argentina si è trovata in difficoltà, come del resto tutta la regione latinoamericana, per quanto riguarda il PIL pro capite durante pandemia di Covid-19. Cercheremo un punto di ingresso migliore da un punto di vista delle valutazioni quando queste riforme diventeranno realtà. Alla luce di un tale contesto interno, il settore tecnologico rappresenta un segmento positivo del mercato che cresce velocemente, aggiungendo valore alle esportazioni della nazione. L’industria del software impiega attualmente 120.000 persone e il governo spera di far crescere tale cifra fino a mezzo milione di dipendenti entro il 2030. Per esempio, Globant, una società di soluzioni software e Mercado Libre, un player regionale che domina l’e-commerce, hanno avuto una forte performance durante il 2020/ 2021. Dopo le elezioni di novembre, rivaluteremo gli esportatori, come i player dell’acciaio e dell’agricoltura. Il rapporto rischio/rendimento si concentrerà sulla possibilità di un maggiore rischio di controllo dei capitali e alla mancanza di una riforma strutturale significativa. Di conseguenza, favoriamo i programmi ADR in termini di esposizione al mercato, rispetto alle azioni locali.

Romania

Uno studio di Deloitte ha classificato la Romania, insieme a Cina, Cile, Australia, Lituania e Corea del Sud, come uno dei soli sei paesi al mondo il cui PIL è cresciuto durante la pandemia. La Romania rappresenta solo lo 0,1% dell’indice MSCI EM. Ha sovraperformato nell’ultimo anno, ma rimane interessante, a nostro avviso, con un dividend yield di quasi il 7%. La Romania è membro dell’UE dal 2007 e ha mostrato un track record di alta crescita del PIL, di riduzione costante della povertà e di aumento del reddito pro capite. Il governo ha agito rapidamente in risposta alla crisi pandemica, fornendo uno stimolo fiscale del 4,4% del PIL nel 2020 per aiutare a mantenere l’economia in corsa. L’attività economica è stata anche sostenuta da un settore privato resiliente. Le prospettive della Romania per la crescita macroeconomica e l’inflazione sono favorevoli: 6,0% e 4,8% di crescita del PIL reale e 2,8% e 2,5% di inflazione, rispettivamente nel 2021 e 2022, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Tuttavia, i deficit gemelli rappresentano un problema, in particolare il deficit fiscale, che al 9% nel 2020 è molto più alto degli attuali criteri di adesione all’UE. Un mandato politico è fondamentale per essere credibili con l’UE circa la riduzione di questo deficit per il quale il FMI prevede attualmente il 7,1% e il 6,3%, rispettivamente nel 2021 e nel 2022. La prospettiva di avere accesso ai circa 30 miliardi di euro del piano di risanamento della Commissione europea mette il paese in un contesto favorevole senza precedenti, a nostro avviso.

Pakistan

Notiamo che ultimamente stanno emergendo dei segnali di ripresa nel quadro macro del Pakistan; anche se l’inflazione rimane alta e il debito circolante continua ad accumularsi, il Pakistan ha ricevuto rimesse record di 29,4 miliardi di dollari durante l’ultimo anno finanziario, compensando parzialmente il rimbalzo del deficit commerciale. Il paese ha quasi completato il piano d’azione della Financial Action Task Force (FATF), con una sola azione in sospeso. Crediamo anche che un miglioramento generazionale nella governance sia in corso, le relazioni militari-civili sono durevolmente stabili, le infrastrutture stanno subendo un aggiornamento nell’ambito del China Pakistan Economic Corridor, anche se costoso, e le relazioni con l’India non possono peggiorare a causa del deterrente nucleare. Tutti segnali incoraggianti, a nostro avviso. Tuttavia, i rischi sono soprattutto la disoccupazione alta post pandemia e la continua crescita della popolazione di circa il 2% all’anno. Lo spionaggio militare in Pakistan rimane dominante nell’economia politica e lo sta diventando sempre di più, dato che le relazioni con gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita non sono più così solide come negli anni precedenti. Molte aziende statali si sono ridotte significativamente in termini di importanza e quindi il mix di attività e passività è cambiato significativamente. Questo ha reso il Pakistan più dipendente dagli IDE cinesi, tanto che la Cina è ora sempre più il partner geopolitico internazionale del Pakistan, supportato con progetti infrastrutturali chiave, così come con la fornitura di sicurezza in tutte le province a tutela della catena di approvvigionamento. Continueremo a valutare le opportunità in Pakistan man mano che il quadro migliorerà.

Arabia Saudita

Manteniamo il nostro outlook positivo a lungo termine sull’Arabia Saudita, grazie alla liberalizzazione dei consumi e della forza lavoro, insieme all’allentamento delle restrizioni nei settori del tempo libero e dei viaggi. L’introduzione dell’IVA, la vendita della quota in Aramco, il prestito fiscale e l’accesso alle riserve di liquidità in eccesso sostengono gli investimenti nei settori non petroliferi. La crescita dell’Arabia Saudita dipende dal successo del suo programma di diversificazione. Tutte queste misure, insieme al rilancio della proprietà straniera, dovrebbero continuare a stimolare la crescita di nuovi settori. Tuttavia, tali riforme hanno lunghi periodi di gestazione e non è ancora chiaro se l’Arabia Saudita riuscirà ad essere competitiva nei settori non petroliferi, da una prospettiva globale. Un punto a suo favore è che sembra che stia riuscendo nei suoi piani di diversificazione in maniera più efficace rispetto, per esempio, a un’altra economia dipendente dal petrolio come la Russia. Quest’ultima è stata notevolmente frenata dai suoi venti contrari per quanto riguarda le sanzioni occidentali. Inoltre, mentre l’Arabia Saudita è diventata parte del mainstream per gli investitori globali in azioni quotate (il settimo mercato nell’indice MSCI EM, con un peso del 3%), lo stesso non si può dire per gli IDE.