L’attuale ciclo di inasprimento dei tassi USA è diverso e il mercato non lo sta capendo

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A dicembre 2015, sei anni dopo che la crisi finanziaria globale aveva travolto l’economia mondiale e causato il taglio dei tassi di interesse in tutto il mondo, la Federal Reserve statunitense alzò il target per il tasso ufficiale di riferimento (federal funds rate) da 0,25% a 0,5%. Tuttavia, ci volle un anno prima che il ciclo di inasprimento fosse avviato, con un altro aumento di 25 punti base a dicembre 2016 che, a sua volta, venne seguito da una serie di rialzi di 25 punti ogni trimestre successivo. Ciò portò il tasso overnight della Fed al 2,5% a dicembre 2018. Sette mesi dopo, la stessa banca centrale fu costretta a invertire parzialmente il trend, riducendo il tasso all’1,75% nella seconda metà del 2019 a causa delle forti oscillazioni dei mercati finanziari registrate nonostante il buon andamento dell’economia.

Con la Federal Reserve di nuovo in procinto di attuare un ciclo di inasprimento, i mercati finanziari stanno ripetendo il copione del passato e stanno supponendo che la Fed sarà in grado di aumentare il suo tasso solo a circa l’1,75%, ben al di sotto di qualsiasi valutazione del livello economicamente neutro dei tassi di interesse, poiché sarà guidata, nelle sue mosse, dal desiderio di ridurre anche il bilancio.

Perché allora, di fronte a picchi di inflazione che non si vedevano da decenni, i mercati sono così ottimisti riguardo all’outlook sui tassi di interesse? La risposta sta nel bilancio della Fed, e in particolare nel livello delle riserve in eccesso collocate dalle banche commerciali.

Quando una banca centrale intraprende un quantitative easing (QE), crea riserve per se stessa e con queste acquista titoli di Stato e altri asset. Questi sono come una risorsa nel suo bilancio. Il denaro che è stato creato per acquistare quegli asset finisce nel sistema bancario e, a sua volta, torna alla banca centrale come riserve in eccesso. Queste, come ogni deposito bancario, sono una passività per la banca centrale. Pertanto, in termini contabili, sia le attività sia le passività presso la banca finiscono per crescere. Quando si tratta di quantitative tightening (QT), il processo è invertito; la banca centrale vende o lascia maturare un’obbligazione, riducendo così i propri asset. Tuttavia, anche le sue passività si riducono quando le riserve in eccesso della banca commerciale diminuiscono di pari passo.

Quando la Fed decise di attuare un quantitative tightening l’ultima volta, impostò la propria bussola facendo due stime delle proprie passività piuttosto che delle proprie attività. In primo luogo, quante banconote e monete erano necessarie e, in secondo luogo, di quale livello di riserve avessero bisogno le banche commerciali. Il primo aspetto è abbastanza semplice: si prende il numero attuale e si suppone che cresca in linea con il PIL nominale. Quest’ultimo era più vago, quindi la Fed condusse sondaggi regolari presso tutte le principali banche e chiese loro le stime sulle riserve per il futuro. Questo diede quindi al Federal Open Market Committee (FOMC) un target approssimativo per la dimensione ottimale del proprio bilancio e la Banca decise di ridurlo di conseguenza.

Tuttavia, col passare del tempo e la progressiva riduzione delle riserve in eccesso, divenne presto evidente che le banche avevano bisogno di molte più riserve di quanto indicato. Il motivo non è chiaro: la distribuzione nel settore è molto irregolare, quindi forse l’indagine aveva fornito un numero fuorviante, o forse, poiché le riserve sono essenzialmente un’attività di alta qualità a duration zero e le obbligazioni stavano cedendo, le banche hanno deciso di volere più di quanto indicato. Qualunque sia la ragione, la bussola della Fed era nell’impostazione sbagliata, la banca esagerò con il QT e ritirò molta più liquidità di quella necessaria al settore bancario.

È questo aspetto piuttosto tecnico delle operazioni della Fed che riteniamo sia alla base del ciclo di inasprimento interrotto nel 2016/2018, piuttosto che il tasso sui fondi federali portato a un livello che l’economia non avrebbe potuto sopportare.

Questa volta, però, lo scenario è diverso. Per evitare che lo stesso accada di nuovo quando la Fed attuerà il quantitative tightening in questo ciclo, la banca ha introdotto nuovi strumenti “on-demand” per controllare i tassi di interesse overnight sia al rialzo sia al ribasso e, almeno in teoria, dovrebbe essere in grado di gestire il proprio bilancio senza provocare le carenze di liquidità che hanno caratterizzato l’ultima stretta. E’ inoltre in corso la revisione del Supplementary Leverage Ratio che viene applicato alle banche e che attualmente esclude dal calcolo le riserve in eccesso e i Treasury statunitensi, liberando nuovamente liquidità.

Se questo punto di vista è corretto, il mercato sta sottovalutando fino a che punto cresceranno i tassi di interesse, il che significa che i rendimenti obbligazionari sono destinati ad aumentare molto (e i prezzi delle obbligazioni dovranno scendere) rispetto al passato.

A dicembre 2015, sei anni dopo che la crisi finanziaria globale aveva travolto l’economia mondiale e causato il taglio dei tassi di interesse in tutto il mondo, la Federal Reserve statunitense alzò il target per il tasso ufficiale di riferimento (federal funds rate) da 0,25% a 0,5%. Tuttavia, ci volle un anno prima che il ciclo di inasprimento fosse avviato, con un altro aumento di 25 punti base a dicembre 2016 che, a sua volta, venne seguito da una serie di rialzi di 25 punti ogni trimestre successivo. Ciò portò il tasso overnight della Fed al 2,5% a dicembre 2018. Sette mesi dopo, la stessa banca centrale fu costretta a invertire parzialmente il trend, riducendo il tasso all’1,75% nella seconda metà del 2019 a causa delle forti oscillazioni dei mercati finanziari registrate nonostante il buon andamento dell’economia.

Con la Federal Reserve di nuovo in procinto di attuare un ciclo di inasprimento, i mercati finanziari stanno ripetendo il copione del passato e stanno supponendo che la Fed sarà in grado di aumentare il suo tasso solo a circa l’1,75%, ben al di sotto di qualsiasi valutazione del livello economicamente neutro dei tassi di interesse, poiché sarà guidata, nelle sue mosse, dal desiderio di ridurre anche il bilancio.

Perché allora, di fronte a picchi di inflazione che non si vedevano da decenni, i mercati sono così ottimisti riguardo all’outlook sui tassi di interesse? La risposta sta nel bilancio della Fed, e in particolare nel livello delle riserve in eccesso collocate dalle banche commerciali.

Quando una banca centrale intraprende un quantitative easing (QE), crea riserve per se stessa e con queste acquista titoli di Stato e altri asset. Questi sono come una risorsa nel suo bilancio. Il denaro che è stato creato per acquistare quegli asset finisce nel sistema bancario e, a sua volta, torna alla banca centrale come riserve in eccesso. Queste, come ogni deposito bancario, sono una passività per la banca centrale. Pertanto, in termini contabili, sia le attività sia le passività presso la banca finiscono per crescere. Quando si tratta di quantitative tightening (QT), il processo è invertito; la banca centrale vende o lascia maturare un’obbligazione, riducendo così i propri asset. Tuttavia, anche le sue passività si riducono quando le riserve in eccesso della banca commerciale diminuiscono di pari passo.

Quando la Fed decise di attuare un quantitative tightening l’ultima volta, impostò la propria bussola facendo due stime delle proprie passività piuttosto che delle proprie attività. In primo luogo, quante banconote e monete erano necessarie e, in secondo luogo, di quale livello di riserve avessero bisogno le banche commerciali. Il primo aspetto è abbastanza semplice: si prende il numero attuale e si suppone che cresca in linea con il PIL nominale. Quest’ultimo era più vago, quindi la Fed condusse sondaggi regolari presso tutte le principali banche e chiese loro le stime sulle riserve per il futuro. Questo diede quindi al Federal Open Market Committee (FOMC) un target approssimativo per la dimensione ottimale del proprio bilancio e la Banca decise di ridurlo di conseguenza.

Tuttavia, col passare del tempo e la progressiva riduzione delle riserve in eccesso, divenne presto evidente che le banche avevano bisogno di molte più riserve di quanto indicato. Il motivo non è chiaro: la distribuzione nel settore è molto irregolare, quindi forse l’indagine aveva fornito un numero fuorviante, o forse, poiché le riserve sono essenzialmente un’attività di alta qualità a duration zero e le obbligazioni stavano cedendo, le banche hanno deciso di volere più di quanto indicato. Qualunque sia la ragione, la bussola della Fed era nell’impostazione sbagliata, la banca esagerò con il QT e ritirò molta più liquidità di quella necessaria al settore bancario.

È questo aspetto piuttosto tecnico delle operazioni della Fed che riteniamo sia alla base del ciclo di inasprimento interrotto nel 2016/2018, piuttosto che il tasso sui fondi federali portato a un livello che l’economia non avrebbe potuto sopportare.

Questa volta, però, lo scenario è diverso. Per evitare che lo stesso accada di nuovo quando la Fed attuerà il quantitative tightening in questo ciclo, la banca ha introdotto nuovi strumenti “on-demand” per controllare i tassi di interesse overnight sia al rialzo sia al ribasso e, almeno in teoria, dovrebbe essere in grado di gestire il proprio bilancio senza provocare le carenze di liquidità che hanno caratterizzato l’ultima stretta. E’ inoltre in corso la revisione del Supplementary Leverage Ratio che viene applicato alle banche e che attualmente esclude dal calcolo le riserve in eccesso e i Treasury statunitensi, liberando nuovamente liquidità.

Se questo punto di vista è corretto, il mercato sta sottovalutando fino a che punto cresceranno i tassi di interesse, il che significa che i rendimenti obbligazionari sono destinati ad aumentare molto (e i prezzi delle obbligazioni dovranno scendere) rispetto al passato.