Sottovalutazione della crescita (e degli utili) vs compressione dei margini

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Con i mercati azionari globali indirizzati verso ritorni del 20% nell’anno dei “picchi”, molti operatori stanno prevedibilmente riducendo le aspettative per l’anno prossimo. Siamo nella stagione del “cautamente ottimista”, con gli strategist che fanno le tipiche previsioni intorno al 5-7%, un valore medio che tutti si aspettano, ma che anno dopo anno sembra non arrivare mai. Noi, però, abbiamo una view diversa.

Il 2022 sembra essere pieno di incertezze e cambiamenti, con l’economia globale che continua a normalizzarsi dopo shock iniziale dovuto al Covid, ma la crescita è destinata a rimanere robusta e probabilmente continuerà a spingere i mercati oltre le preoccupazioni.

Cominciamo proprio dalla crescita. La caratteristica distintiva della ripresa è stata una persistente sottovalutazione della crescita economica e degli utili. Trimestre dopo trimestre, alcune delle più importanti società battevano le attese, con l’economia che sorprendeva al rialzo. E anche se gli investitori erano pronti a una deludente earning season nel terzo trimestre, molte società hanno invece spiegato i buoni risultati con il fatto che pressioni sui costi e interruzioni della catena di approvvigionamento fossero state più che compensate dalla crescita degli utili.

Non invece dalla temuta compressione dei margini temuta dagli investitori. E con i forti guadagni sono arrivate anche forti indicazioni per il futuro e un crescente senso che il picco nei problemi legate alle forniture sia alle spalle. Dobbiamo aspettarci ancora di più nell’anno a venire, poiché gli investitori sottovalutano i benefici operativi ottenuti durante la pandemia grazie alla gestione e all’ottimizzazione dei costi.

Per tutto il 2021 abbiamo sottolineato le scarse probabilità di un rapido ritorno della crescita sui livelli tendenziali pre-crisi. I problemi legati alle forniture e la carenza di manodopera hanno fatto sì che il picco fosse inferiore a quello potenziale, ma la crescita mancata sarà probabilmente registrata nel 2022. Accettiamo un valore assoluto più contenuto in cambio di una base più ampia di crescita elevata.

Anche se tutti preferiremmo un’inflazione modesta e una crescita reale più alta, il quadro della crescita nominale rimane solido, con stime di consenso del 7% di crescita nominale del Pil probabilmente troppo basse. Sebbene una continua normalizzazione dei modelli di consumo, tornando dai beni ai servizi, dovrebbe aiutare ad allontanare la composizione della crescita nominale dall’inflazione verso la crescita reale, i conti delle società sono in termini nominali e una crescita ben al di sopra del trend, indipendentemente dalla sua composizione, continuerà a sostenere il motore degli utili aziendali.