La mobilità del 21° secolo sarà a emissioni zero e digitale

-

La strada sembrava tracciata, ma non sempre tutto va come dovrebbe andare. Nel 2021 il settore automobilistico avrebbe dovuto segnare una ripresa senza intoppi, spinta dai consumatori e dalle imprese… alla ricerca del tempo perduto. Eppure la produzione è aumentata soltanto del +2% fermandosi a 76 milioni di unità prodotte, un dato inferiore alle vendite per il terzo anno consecutivo che ha ridotto le scorte ai minimi termini. E non è andata meglio al Salone dell’auto di Ginevra, annullato per il terzo anno consecutivo.

Le ben note tensioni nelle catene logistiche con la ricerca frenetica di semiconduttori hanno inferto un duro colpo al settore. Per quanto venga attribuita alla pandemia, questa situazione fa capire anche ai più scettici come il settore automobilistico debba assolutamente reinventarsi e negoziare la svolta verso la transizione ecologica. L’aumento del valore aggiunto legato ai componenti elettronici e il passaggio alla mobilità elettrica proiettano i costruttori in un mondo dove aumentano le difficoltà di reperimento dei materiali e i rapporti di forza diventano meno favorevoli.

Le case automobilistiche dovranno inventare nuove strategie per internalizzare le competenze, assicurarsi contratti di lungo termine per garantire l’approvvigionamento dei componenti critici, ridurre gli intermediari, rafforzare la tracciabilità e avere una conoscenza più dettagliata dei componenti elettronici e software dei veicoli prodotti. I pionieri di questa trasformazione – che investe l’intero settore – stanno già consolidando le quote di mercato: Toyota ha posto fine a 90 anni di regno di General Motors negli Stati Uniti e le vendite della Tesla Model 3 hanno superato quelle della Volkswagen Golf in Germania a dicembre 2021, il che è tutto dire!

La pandemia ha anche ricordato l’emergenza climatica: la mobilità del 21° secolo sarà a emissioni zero e digitale. Il fabbisogno di investimenti nella digitalizzazione e nell’elettrificazione dei veicoli è colossale, 60 miliardi di euro per Mercedes, 90 miliardi per Volkswagen entro il 2026, pari a più del 50% degli sforzi di R&S e di investimento di questi gruppi. Questa nuova era favorirà la nascita di nuove partnership, come quella tra Stellantis e Foxconn, e farà emergere industriali ancora poco noti, come Wuxi Lead per l’equipaggiamento delle linee di produzione di batterie e veicoli elettrici.

Per finanziare la transizione ecologica, i costruttori potrebbero tramutarsi in esperti dell’inflazione “green” o “brown”. L’aumento del prezzo dei veicoli elettrici, l’inflazione “green”, sarebbe amplificato dallo spostamento verso il segmento più alto del mercato, soprattutto in termini tecnologici, incrementando di fatto il ritorno sull’investimento. L’inflazione “brown”, constatata nel 2021 con l’aumento dei prezzi delle auto a motore termico nuove e usate, si consoliderebbe, perché la produzione diminuirebbe più rapidamente della domanda e l’offerta si concentrerebbe sui segmenti più redditizi.

Una cosa è certa: il settore automobilistico rimane un universo spietato dove i leader di domani non saranno forse quelli che ci si aspetta. Tra titoli a sconto (BMW), turnaround (Renault) e titoli a forte crescita (Tesla), i consumatori e gli investitori devono scegliere con discernimento. Speriamo che questa volta, a più di un secolo dall’invenzione dell’auto elettrica e dal record di velocità della Jamais-Contente (prima vettura a propulsione elettrica a superare i 100km/h, nel 1899), l’attenzione alle problematiche ambientali e gli sviluppi tecnologici permettano all’industria automobilistica di avviarsi sulla strada della sostenibilità.