Le idi di marzo

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Con le ultime dichiarazioni di Powell, il rialzo dei tassi nella prossima riunione del FOMC di metà marzo è ormai un dato di fatto. Il mercato attualmente ne prezza almeno 5 nell’anno e assume sempre più forza l’ipotesi di un primo ritocco da 50 punti base (adesso dato con un 40% di probabilità), anche se storicamente ci sono pochi precedenti. Dopo un mese di gennaio difficile per i listini azionari americani, soprattutto per il Nasdaq, stiamo assistendo in questi giorni ad un recupero generalizzato. Le trimestrali dei big della tecnologia hanno riportato un po’ di serenità fra gli operatori, superando ancora una volta le attese degli analisti. Sul fronte obbligazionario invece, le dichiarazioni di Fed e Bce e le recenti rilevazioni dell’inflazione, mantengono alta la tensione e la volatilità sulle curve governative. Anche nel segmento dei corporate bond abbiamo assistito ad un repentino aumento degli spread, abbastanza normale visto il sentiment di mercato. Non è passato, però, inosservato il forte deflusso dalle obbligazioni high yield che da inizio anno negli Stati Uniti sono stati superiori ai 7 miliardi di dollari. Come ben sanno i veterani di Wall Street, quando il mercato si avvicina ad una fase “orso” il credito è il primo a muoversi, una sorta di leading indicator per i gestori azionari.

Il timore in questa fase è che le aziende altamente indebitate che finora sono riuscite a finanziarsi a tassi stracciati possano andare in difficoltà a causa del marcato rialzo dei rendimenti, magari accompagnato dal rallentamento economico che ne riduce i flussi di cassa. Di conseguenza gli emittenti più fragili sono i primi ad essere venduti. Anche analizzando l’andamento del Nasdaq rileviamo come tutte quelle aziende in fase di start-up che ancora non producono profitti, e che avevano performato estremamente bene grazie all’ingente liquidità riversata sui mercati dalle Banche Centrali, da inizio gennaio abbiano corretto bruscamente. Con i tassi reali che si stanno velocemente avvicinando alla fatidica soglia dello zero, dopo quasi due anni in territorio negativo, è in atto un repricing di tutti quei segmenti le cui valutazioni si fondano su un’ipotetica crescita futura. Il rischio, però, è che anche il resto del mercato possa seguire la stessa strada se la leva monetaria non viene gestita accuratamente. La riunione di marzo della Fed rappresenta uno spartiacque fondamentale non solo per i listini, ma anche per la ripresa economica. Se come molti pensano, le pressioni inflazionistiche sono destinate a rientrare nella seconda parte dell’anno per poi normalizzarsi nel 2023, una stretta monetaria eccessiva rischia di far deragliare i mercati con forti ricadute sul risparmio privato e sulla solidità dei bilanci delle società.