Si chiude il “paracadute” delle Banche Centrali

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I mercati erano tesi, la scorsa settimana, quando il presidente della Fed – Jerome Powell – è intervenuto per confermare l’inevitabile stretta monetaria ormai imposta da un’inflazione fuori norma e da un andamento estremamente positivo dell’occupazione. Dopo i ribassi che si sono succeduti sui mercati dall’inizio dell’anno si sarebbe anche potuto pensare che annunci di questo tipo fossero già scontati e non avrebbero accentuato le perdite sui mercati.

Eppure, al termine della conferenza stampa le azioni sono crollate – prima di recuperare un po’ – i tassi sono saliti, il dollaro ha continuato a rafforzarsi contro l’euro e l’oro è sceso. Le dichiarazioni di Powell hanno destato sorpresa non tanto per le misure annunciate implicitamente quanto per l’approccio in generale, fermo e deciso a contenere l’inflazione – che non viene più descritta come temporanea – e insensibile alla volatilità che affligge gli asset quotati da un mese.

I mercati si stanno gradualmente rendendo conto che la stretta monetaria non sarà necessariamente prevedibile e regolare ma dipenderà molto dai dati economici. J. Powell ha chiaramente enfatizzato questo punto, forse per compensare il suo precedente approccio che lo aveva a lungo portato a minimizzare la gravità dei dati sull’inflazione. Alla luce dell’impennata dell’inflazione nel 2021, dopo anni di sua assenza, è lecito temere forti contraccolpi nella politica monetaria. Un’inflazione elevata è volatile, perciò genera volatilità nella politica monetaria… che a sua volta crea volatilità nell’inflazione. Questa nuova incertezza sul futuro corso della politica monetaria può legittimamente confondere i mercati e le aziende.

Una seconda nuova incertezza si aggiunge tuttavia alla prima, forse più pesante per i mercati: scompare, o almeno si attenua, la funzione protettiva della Fed in caso di caduta dei mercati o di rallentamento delle attività economiche. Quando l’inflazione era bassa, persino troppo, un eventuale vuoto d’aria a livello economico non necessariamente costituiva una cattiva notizia per le borse. Le Banche centrali vi potevano rispondere con misure di allentamento, dando origine al principio secondo cui “le cattive notizie (economiche) sono buone notizie (in borsa)” come dimostra perfettamente l’episodio del mese di marzo 2020. Tutto questo è ormai venuto meno, per un po’ sicuramente. In tempi di forte inflazione, le Banche centrali si ritrovano con le mani legate: non possono intervenire per sostenere l’attività o i mercati, se non per difendere l’idea, in caso di crisi, che il rallentamento è deflazionistico, anche se non è sempre vero come dimostrano le crisi vissute in Paesi con un’inflazione molto alta (Turchia, Argentina, ecc.). Così, nell’attuale fase di inflazione, la funzione di “paracadute” delle banche centrali, definita “put” (opzione di protezione) nel gergo dei mercati, non esiste più – o almeno, può essere attivata solo a livelli molto più bassi. Nel contesto attuale, le Banche centrali non sono più, in un certo senso, le custodi dei mercati.

Di conseguenza, gli investitori che in un primo momento si erano rallegrati dell’atteggiamento benevolo delle Banche centrali nei confronti dell’inflazione capiscono ora quale sia il prezzo da pagare. E il conto da saldare non è ancora noto visto che la stretta in atto sarà probabilmente lunga. Se si prevedono almeno quattro rialzi dei tassi di 25 pb negli Stati Uniti nel 2022, ne occorrono più del doppio per raggiungere il punto di pareggio del 2,5% previsto a lungo termine. Inoltre, dopo la Fed, anche la BCE potrebbe dover prendere quella strada di fronte a un’inflazione quasi altrettanto galoppante, del 5% nell’Eurozona stando agli ultimi dati, ma molto più elevata in alcuni paesi (12% in Estonia).

Fortunatamente, le aziende e gli investitori si stanno adattando. Il cambiamento di passo dell’inflazione è certamente brutale, ma si stabiliscono nuovi equilibri… fino al prossimo cambiamento. Nonostante i debiti, nonostante i dubbi, questa stretta, che sembra un Everest finanziario da scalare, sarà forse soltanto una tappa nella continua, benché irregolare, ascesa dei mercati a lungo termine.