La propensione al rischio continua nonostante la guerra e la stretta della Fed

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A dimostrazione dell’ottimismo che pervade i mercati finanziari, gli indici azionari europei hanno chiuso la settimana sostanzialmente al livello in cui si trovavano il giorno dell’invasione. Nei mercati valutari, la corona svedese è stata la migliore della settimana, mentre lo yen giapponese, tipica divisa rifugio, ha chiuso in fondo alla classifica del G10.

I mercati emergenti continuano a registrare utili, con le valute latinoamericane che traggono profitto in particolare dalle loro economie esportatrici di materie prime e dalla distanza dalla guerra. Abbiamo constatato che il nostro preferito, il real brasiliano, è in cima alle tabelle di rendimento delle principali valute di quest’anno, con un aumento di oltre il 10% rispetto al dollaro.

Il focus di questa settimana sarà sul rilascio di giovedì degli indici di attività commerciale dell’Eurozona e dei PMI del Regno Unito (ora ribattezzati S&P). Sono i primi a riflettere l’impatto dell’invasione dell’Ucraina, quindi l’incertezza è insolitamente alta, ma il consenso del mercato prevede un ritracciamento verso livelli ancora fortemente espansivi. A parte questo, almeno sei funzionari della Federal Reserve parleranno questa settimana. Ci aspettiamo che chiariscano la durata e l’entità dei rialzi in quello che sembra un deciso ciclo di stretta monetaria negli Stati Uniti, anche se finora il dollaro non è riuscito a trarre vantaggio dalle comunicazioni aggressive della Fed. Infine, il rapporto sull’inflazione di febbraio nel Regno Unito di mercoledì dovrebbe vedere l’ennesimo salto verso un nuovo record pluridecennale.

EUR

Una settimana tranquilla nella zona euro, con solo l’uscita della produzione industriale di gennaio, e un massiccio, anche se previsto, calo delle aspettative degli investitori per la crescita futura dopo lo shock dell’invasione russa. Quest’ultimo indice non è stato particolarmente utile per prevedere la crescita ultimamente, ma necessita attenzione.

La valuta comune ha avuto una settimana volatile, ma è riuscita a riprendersi e a stabilirsi saldamente al di sopra del livello di 1,10 rispetto al dollaro USA. La presidente della BCE Lagarde e il capo economista Philip Lane dovrebbero parlare entrambi questa settimana, ma l’evento principale sarà il rilascio dei dati PMI di marzo, dove si inizierà a vedere l’impatto stagflazionario della guerra sull’economia europea.

USD

La Federal Reserve ha confermato le aspettative di un aumento dei tassi in ogni riunione nel 2022. Le sue previsioni a lungo termine sono più accomodanti, ma dato il suo track record di previsioni non ci sentiamo di darvi troppo spazio.

Il mancato rafforzamento del dollaro a seguito dell’incontro è dovuto a due fattori. In primo luogo, l’aumento generale della propensione al rischio, che ha danneggiato il dollaro, che aveva agito da valuta rifugio dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. In secondo luogo, la sensazione che i mercati avessero già scontato la politica monetaria della Fed. Questa settimana dovremmo ottenere dei chiarimenti su quale di questi fattori prevarrà.

GBP

La Banca d’Inghilterra ha sorpreso i mercati durante la riunione di marzo di giovedì scorso. Sebbene abbia aumentato i tassi come previsto, c’è stato un voto contrario al rialzo e la dichiarazione è stata rivista in una direzione decisamente accomodante. Non vorremmo reagire esageratamente a questo cambiamento, poiché le comunicazioni del comitato di politica monetaria sono state piuttosto erratiche recentemente, ma alla luce di questo siamo un pò meno ottimisti sulla sterlina.

Prevediamo un altro forte rapporto sull’inflazione dal Regno Unito mercoledì, con nuovi record di 30 anni sia nell’inflazione core che in quella headline, il che dovrebbe confondere ulteriormente gli investitori riguardo l’apparente svolta accomodante della Banca d’Inghilterra della scorsa settimana.