Riuscirà la Cina ad abbandonare la politica “zero Covid”?

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Gran parte del mondo ha allentato le restrizioni legate al Covid-19 dopo l’ondata invernale di Omicron. Un’eccezione degna di nota è la Cina. Le principali città, tra cui Shanghai, sono rimaste in isolamento per diverse settimane questa primavera.

Ciò ha avuto un grave effetto domino sull’economia globale, su cui ha pesato la debolezza dei consumi e della produzione cinesi. I lockdown contribuiscono inoltre a ritardare le spedizioni, facendo lievitare costi logistici e tempi di consegna.

Quando la Cina riuscirà a rimuovere le restrizioni? Purtroppo, è probabile che ci vorrà molto più tempo di quanto molti si aspettino.

Il problema dei vaccini non è l’efficacia ma la loro adozione

In primo luogo, un punto chiave da sottolineare è che il problema non è l’efficacia dei vaccini prodotti in Cina. Sappiamo già che i principali vaccini occidentali non impediscono la trasmissione del virus: i casi di Covid-19 rimangono elevati in Europa occidentale e negli Stati Uniti, nonostante la vaccinazione di massa. Ciò che i vaccini fanno è offrire protezione contro le malattie gravi e la morte.

Alcuni dati di uno studio dell’Università di Hong Kong suggeriscono che tre dosi di Sinovac, uno dei vaccini cinesi più utilizzati, sono efficaci quanto i vaccini a mRNA (Pfizer/BioNTech, Moderna) che sono stati ampiamente utilizzati in Occidente.

Tuttavia, in Occidente abbiamo visto che anche due dosi di vaccini all’avanguardia non erano sufficienti a offrire una protezione sufficiente contro la variante Omicron, soprattutto per gli anziani. Sono stati necessari dei richiami e ad alcune persone vulnerabili sono stati offerti ulteriori booster.

Il problema della Cina è che gran parte della popolazione anziana non è vaccinata, o non sufficientemente vaccinata. I dati per fascia d’età sono difficili da reperire, ma il grafico seguente fornisce un’indicazione basata sulle ultime fonti disponibili.

Ciò che mostra è che il ritmo di vaccinazione tra gli over 60 è stato molto lento. In base alle tendenze attuali, la vaccinazione completa del 95% della popolazione over 60 non avverrà quest’anno e potenzialmente non prima del 2024. I dati mostrano anche che ci sono circa 17,5 milioni di ultraottantenni non vaccinati.

 

 

Perché l’adozione del vaccino è bassa?

Decifrare con esattezza il motivo per cui la vaccinazione contro il Covid è bassa tra gli anziani è un rompicapo, e i dati a riguardo sono limitati. La preferenza per la medicina tradizionale cinese può essere un fattore di resistenza ai vaccini.

Un’ipotesi è che molti anziani e i loro medici siano preoccupati per gli effetti collaterali del vaccino. In questo scenario, il modo per risolvere il problema sarebbe il lancio di un nuovo vaccino che abbia dimostrato di avere meno effetti collaterali.

È certamente vero che i vaccini a mRNA hanno causato meno effetti collaterali. Ma sembra improbabile che il lancio di un vaccino a mRNA da parte della Cina possa risolvere il problema, per due motivi:

  1. Gli anziani di Hong Kong hanno avuto accesso al vaccino Pfizer, ma in generale hanno preferito il Sinovac;
  2. In ogni caso, un nuovo vaccino a mRNA prodotto in casa potrebbe non essere percepito come “più sicuro”, dato che la Cina non ha alcun precedente nell’utilizzo di vaccini di questo tipo.

Naturalmente, anche altri Paesi hanno riscontrato preoccupazioni sugli effetti collaterali. In generale, hanno superato queste preoccupazioni perché le conseguenze dell’infezione da Covid sono state molto più gravi degli effetti collaterali della vaccinazione.

L’aspetto distintivo della Cina è che la sua strategia “zero Covid” fa sì che la gente giudichi il rischio di infezione molto più basso e quindi si concentri maggiormente sugli effetti collaterali.

Troppo rischioso allentare le restrizioni

La Cina si trova così in una situazione di stallo. Gli anziani, infatti, ritengono che il rischio di effetti collaterali del vaccino sia peggiore del rischio di infezione. Questo perché la strategia cinese “zero Covid” mantiene basso il rischio di infezione, e quindi la popolazione anziana non si vaccina. La Cina ritiene quindi di non poter uscire dalla sua strategia “zero Covid” perché troppi anziani non sono vaccinati.

Il problema è aggravato dall’alta trasmissibilità della variante Omicron. La Cina si trova quindi nell’impossibilità di modificare la propria politica.L’allentamento delle restrizioni potrebbe causare una “ondata ” di casi che provocherebbe un numero enorme di morti. Utilizzando un profilo di mortalità simile a quello di Hong Kong, stimiamo un tasso di mortalità da virus di circa il 6% per gli ultraottantenni. Ciò implicherebbe un milione di morti se le restrizioni terminassero prima che la popolazione sia completamente vaccinata. Per le persone di 60-80 anni, stimiamo un tasso di mortalità dell’1,6%. E con 30 milioni di persone in questa fascia di età non vaccinate, si tratterebbe di mezzo milione di morti.

Le restrizioni severe sono l’unico modo per ridurre la trasmissione, e quindi continueranno finché ampie fasce di popolazione rimarranno a rischio.

La Cina riuscirà ad abbandonare la strategia “zero Covid”?

Possiamo concludere che, mentre le singole province potrebbero allentare le restrizioni dopo un periodo di lockdown, l’abbandono su larga scala della strategia “zero Covid” sembra improbabile, almeno per un po’ di tempo.

Chiaramente, un metodo per abbandonarla sarebbe quello di vaccinare e fornire la dose booster all’intera popolazione anziana. Dato il tempo necessario tra un vaccino e l’altro, ciò non potrà concludersi prima dell’autunno e richiederebbe uno sforzo significativo.  Questo approccio renderebbe necessaria anche una campagna di informazione su larga scala per cambiare la percezione del Covid-19 da parte dell’opinione pubblica. Attualmente viene considerato un buon motivo per giustificare la chiusura di intere città, quindi l’atteggiamento dovrà cambiare se si vuole che venga trattato come un comune raffreddore. Singapore ha seguito una strategia simile lo scorso anno.

Una seconda teoria è che a un certo punto la leadership politica cinese potrebbe ritenere che valga la pena pagare il prezzo di un’ondata di uscita pur di rimettere in moto l’economia. Il 20° Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese si terrà a novembre di quest’anno ed è possibile che, data la maggiore solidità della propria posizione di leadership, persegua un cambio di rotta sulle politiche anti-Covid.

Come capire se è in atto un cambio di rotta

Resta da chiedersi se l’allentamento delle restrizioni possa essere presto seguito da un nuovo inasprimento, quando la trasmissione del virus riprenderà. Coloro che monitorano la situazione cercheranno segnali più chiari di un vero e proprio cambiamento nell’orientamento politico. A nostro avviso, questi sarebbero:

  1. Maggiore coercizione sulla vaccinazione degli anziani.
  2. Una campagna di informazione pubblica volta a persuadere le persone che il Covid è come un raffreddore.
  3. Autorizzazione di vaccini occidentali a mRNA per contrastare le preoccupazioni sugli effetti collaterali.