Super dollaro o super euro?

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La correlazione fra l’euro e il mercato azionario europeo ha raggiunto il livello massimo dell’ultimo decennio. La moneta unica in questa prima metà d’anno è stata scambiata come valuta “risk-on”, ovvero si è apprezzata verso dollaro, yen e franco svizzero nelle fasi di bull market, cedendo il passo invece nelle fasi di debolezza. La forza del dollaro è stata inoltre accentuata dal diverso approccio di Fed e Bce e dal differenziale delle relative curve governative. Ora, però, la situazione sta cambiando con l’inversione di rotta da parte di Christine Lagarde. La Banca Centrale Europea potrebbe essere più lenta dei suoi colleghi nell’aumento dei tassi di interesse, ma il dibattito, anche pubblico, fra i diversi membri del Board sta evolvendo in modo molto rapido. Solo tre settimane fa, i vari governatori europei avevano iniziato a discutere su un possibile primo rialzo a luglio. Ora stanno parlando apertamente di un aumento di mezzo punto, se porre fine ai tassi negativi già quest’anno e come muoversi successivamente.

Aumentano quindi le possibilità di un confronto più acceso prima della riunione cruciale del 9 giugno, che dovrebbe suggellare la fine degli acquisti di obbligazioni da parte della BCE e preparare formalmente gli investitori a una manovra sui tassi a luglio e settembre. Per questo motivo l’euro è rimbalzato da livelli di ipervenduto, molti investitori hanno iniziato a riposizionare i portafogli. Ma la relazione tra moneta unica e azioni dell’area dell’euro non è semplice e lineare. Se da un lato una valuta molto debole non è positiva per il sentiment e danneggia in particolare le società più orientate al mercato domestico, dall’altro un rimbalzo troppo forte risulta dannoso per tutte le aziende esportatrici. L’esposizione globale e la conseguente sensibilità ai movimenti valutari, infatti, sono particolarmente evidenti tra i produttori europei. Gli Stati Uniti rappresentano oltre il 40% delle vendite per 70 large cap europee. Gli utili europei per ora stanno resistendo bene, ma le preoccupazioni per i margini sono in deciso aumento. Consumi discrezionali, food and beverage, in misura minore settore del lusso sono tra i maggiori “beneficiari” di un euro debole. Banche, utilities, settore automobilistico possono invece trarre beneficio da un euro più forte.