Tutti i rischi legati all’oro

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Rischio geopolitico e inflazione alimentano i movimenti dell’oro di marzo Marzo è stato un mese segnato da tragici sviluppi quotidiani che hanno influenzato l’ordine mondiale e aumentato il livello di rischio nell’economia e nel sistema finanziario globali (entrambi fattori che hanno sostenuto i prezzi dell’oro). L’attacco della Russia all’Ucraina ha spinto il prezzo infragiornaliero dell’oro a 2.070 dollari per oncia l’8 marzo, appena sotto il suo massimo storico di agosto 2020, pari a 2.075 dollari. La guerra in Ucraina e le relative sanzioni a carico della Russia hanno fatto sì che l’oro venisse considerato un invitante rifugio sicuro e una copertura dall’inflazione. Il rischio geopolitico globale aumenta insieme alle preoccupazioni legate all’inflazione, soprattutto a causa dell’impatto sui mercati energetici derivante dalla riduzione delle esportazioni di petrolio e gas russi. Inoltre, la Russia rappresenta anche una quota significativa della produzione globale di molte materie prime tra cui palladio, oro, carbone metallurgico, nichel, alluminio e minerale di ferro. La Russia e l’Ucraina insieme rappresentano circa un quarto del commercio globale di grano e mais, il che aumenta ancora la pressione inflazionistica sui prezzi alimentari, già in aumento prima della guerra. L’indice dei prezzi al consumo (CPI) americano ha raggiunto il 7,9% a febbraio, il massimo in 40 anni, rispetto al 7,5% di gennaio, ed è probabile che a marzo crescerà ancora date le recenti pressioni sui prezzi. I prezzi medi del greggio West Texas Intermediate (WTI) e Brent a marzo erano più alti del 18% rispetto a febbraio. L’indice della fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan è sceso al minimo del decennio, mentre le aspettative di inflazione su un anno, misurate dall’Inflation Expectations dell’Università del Michigan, sono salite al massimo dal 1981.

Incertezza del mercato, anche la politica della Fed ne risente

L’8 marzo il London Metal Exchange (LME) è stato costretto a bloccare il commercio del nichel dopo che uno short squeeze ne ha fatto salire il prezzo di oltre il 100% in una sola sessione di trading, dati l’aumento dell’incertezza e della volatilità dei mercati e il prezzo dell’oro, ai massimi di 19 mesi. L’oro ha oscillato intorno ai 2.000 dollari per un paio di giorni, prima di scendere durante la settimana in vista dell’atteso primo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve Bank (Fed) degli Stati Uniti. Il 16 marzo, come ampiamente previsto, il Federal Open Market Committee (FOMC) ha aumentato il tasso target dei fondi federali di 25 punti base. Dopo l’annuncio, l’oro si è ripreso e ha mostrato resilienza nella seconda metà di marzo, nonostante la stabilità del dollaro USA e i tassi del tesoro statunitense significativamente più alti. I report ottimistici sui colloqui di pace tra Russia e Ucraina hanno messo sotto pressione l’oro a fine mese, ma il metallo è comunque riuscito a chiudere a 1.937,44 dollari, in crescita di 28,45 dollari l’oncia o dell’1,5% durante il mese di marzo.

Le azioni dell’oro seguono l’esempio (per lo più)

La maggior parte dei titoli auriferi ha avuto una buona performance durante il mese. L’NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR)4 è aumentato dell’11,4%, mentre l’MVIS Global Junior Gold Miners Index (MVGDXJTR)5 è salito dell’8,6%. Anche se l’andamento positivo del prezzo dell’oro ha portato a una sovraperformance delle azioni, le valutazioni di molte aziende aurifere rimangono storicamente basse, perché devono ancora recuperare dai livelli di ipervenduto raggiunti nel 2021. Inoltre, alcune azioni dell’oro sono state colpite dalla crisi tra Russia e Ucraina in modo più diretto rispetto ad altre. Per esempio, Kinross Gold (5,6% del patrimonio netto di Strategy) ha sottoperformato recentemente a causa della sua esposizione alla Russia, dove si trova circa il 12% delle riserve d’oro della società. Il 2 marzo, la società ha annunciato i suoi piani per sospendere le operazioni nella miniera di Kupol e tutte le attività del progetto di sviluppo a Udinsk. Inoltre, il 29 marzo, Kinross ha annunciato di essere in trattativa per la potenziale vendita del 100% delle sue attività in Russia. Riteniamo questo annuncio positivo, dato che la maggior parte del valore russo (se non tutto) è stato eliminato dal prezzo dei titoli di Kinross il mese scorso, quindi la rimozione di questo peso eccessivo dovrebbe permettere alla società di commerciare in altri forti fondamentali.

Lo spostamento della domanda da parte delle Banche centrali può innescare movimenti

L’effetto delle sanzioni contro la Russia si estende alla sua Banca centrale (Banca di Russia), che ha perso l’accesso a gran parte delle sue riserve in valuta estera, poiché i governi occidentali hanno congelato i beni per minare i violenti attacchi del Paese nei confronti dell’Ucraina. In effetti, le riserve di valuta estera della Banca di Russia erano state rese inutili, e in un momento critico. Questo ha spostato i riflettori sull’oro, che la Banca di Russia detiene all’interno dei propri confini e che, grazie ai grandi acquisti degli ultimi anni, si stima rappresenti poco più del 20% delle sue riserve totali (circa 2.300 tonnellate o 140 miliardi di dollari di valore). Certamente, altre Banche centrali in tutto il mondo stavano osservando come l’oro, presunta ancora di salvezza finanziaria, sia diventato la riserva di valore sicura incontrastata. Più tardi, a marzo, gli Stati Uniti hanno emesso un avviso che proibiva le transazioni in oro con la Russia. Nonostante questo complichi senza dubbio ogni vendita, dubitiamo che impedirà alla Russia di monetizzare il suo oro se lo desidera, dato che la Banca di Russia ha poi annunciato che comprerà oro dagli istituti di credito nazionali. Con questi sviluppi, pensiamo che sia ragionevole supporre che la decisione di congelare le riserve di valuta estera della Russia porterà l’attenzione sulla necessità di diversificare in oro, e potrebbe avere un impatto positivo sulla domanda di oro dalle Banche centrali e da altre istituzioni e investitori a livello globale. Secondo BGM Group, l’oro rappresenta meno dell’1% delle attività finanziarie globali e una percentuale relativamente piccola delle riserve totali di diverse grandi economie, tra cui Cina (3,3%), Giappone (3,5%), Svizzera (5,4%) e India (6,9%). Un aumento relativamente modesto della percentuale delle attività finanziarie globali assegnate all’oro, diciamo da poco meno dell’1% al 2%, potrebbe vedere raddoppiare la domanda e, con essa, il prezzo dell’oro. Anche se si tratta di un’ipotesi, in questi scenari non è difficile vedere i prezzi dell’oro aumentare ancora rispetto ai livelli attuali.

A breve termine, è molto probabile che le prospettive dell’oro siano guidate dalla guerra e dalla Fed

A brevissimo termine, e a nostro avviso, il prezzo dell’oro continuerà probabilmente a essere condizionato dagli effetti e dai rischi legati alla guerra in corso, dal suo potenziale di espansione oltre l’Ucraina e dai residui impatti negativi sull’economia mondiale. Inoltre, i mercati dell’oro guarderanno la lotta della Fed contro l’inflazione. La Fed ha ribadito di avere gli strumenti necessari per combattere l’inflazione e assicurarsi che non diventi un problema radicato. Intende ripristinare la stabilità dei prezzi e sostenere un forte mercato del lavoro, poiché crede che sia il mercato del lavoro che l’economia siano abbastanza forti da sopportare la sua politica restrittiva. Il presidente della Fed Jerome Powell ora si aspetta che l’inflazione raggiunga il picco nella prima metà del 2022 e, pur rimanendo elevata, ne prevede il calo nella seconda metà dell’anno. Il mercato si aspetta che la Fed aumenti di almeno 25 punti base in ognuna delle sei rimanenti riunioni del FOMC nel 2022, e i recenti commenti dei membri della banca suggeriscono che saranno assolutamente probabili aumenti di addirittura 50 punti base. Stimiamo che queste proiezioni siano già state prezzate dai mercati dell’oro. In questo contesto, l’azione dei prezzi dell’oro dovrebbe essere strettamente legata alle mutevoli aspettative sul ritmo degli aumenti dei tassi della Fed e, forse più importante, all’effetto percepito sull’economia e sull’inflazione. In altre parole, mentre tassi d’interesse alti sono generalmente negativi per l’oro, sono i tassi reali (tassi d’interesse nominali meno l’inflazione) che sono più fortemente (e negativamente) correlati all’oro. Con il CPI degli Stati Uniti intorno all’8%, c’è assolutamente modo di far rimanere i tassi reali negativi, anche se la Fed aumenta, il che è generalmente favorevole all’oro. La Fed è costretta a navigare in acque agitate, rese ancora più turbolente dalla guerra in corso. Deve essere abbastanza aggressiva per avere una reale possibilità di combattere l’inflazione, ma anche attenta a far sì che l’economia non entri recessione. Sia l’inflazione persistente sia la recessione sarebbero positive per l’oro.

Come si è comportato l’oro durante gli scorsi cicli di aumento dei tassi?

Vale la pena notare la performance del prezzo dell’oro durante gli ultimi cicli di serraggio della Fed: sulla base dei ritorni mediani, come mostrato nel grafico seguente, l’oro ha sovraperformato sulle azioni statunitensi (rappresentate dall’indice S&P 5006) e sul dollaro statunitense (rappresentato dall’indice U.S. Dollar Index7) nei sei mesi e nei dodici mesi dopo il primo rialzo del ciclo, anche se ha sottoperformato nei mesi precedenti.

L’oro ha spesso sovraperformato dopo il primo rialzo dei tassi di un ciclo di serraggio della Fed 

L’opinione dei mercati nei confronti dell’oro ha continuato a migliorare a marzo. Secondo il World Gold Council, dopo i persistenti deflussi di tutto il 2021, gli ETP di oro fisico hanno registrato forti afflussi, con partecipazioni in aumento di oltre il 5% nel mese di marzo e, finora, dell’8% nel 2022. Prezzi stabili e più alti dovrebbero continuare a favorire i minatori. L’oro ha stabilito una nuova tendenza positiva e sta consolidando i suoi guadagni sopra il livello di 1.900 dollari l’oncia. I prezzi più alti e potenzialmente ancora in aumento dovrebbero continuare a favorire le azioni aurifere. Le azioni dell’oro esercitano una forte leva operativa sul prezzo del metallo, come dimostrato a marzo. Inoltre, costituiscono un vantaggio di risorse rispetto al suo prezzo. Quando il prezzo dell’oro aumenta, le risorse e le riserve tendono a crescere e, di conseguenza, anche le valutazioni delle società. Questo dipende da diverse fonti: • Once la cui estrazione a un dato prezzo non era economica possono diminuire di prezzo se i prezzi dell’oro crescono. • L’aumento del flusso di cassa delle società può essere usato per effettuare “perforazioni di definizione” (progetti di perforazione creati per valutare la grandezza e lo stile della mineralizzazione della miniera di una società), in modo da convertire le risorse in riserve. • L’attività di esplorazione tende ad aumentare, il che può anche portare a ulteriori scoperte di risorse. Questi sono stati i temi trattati nelle conversazioni portate avanti durante i recenti incontri con le società aurifere in una conferenza del settore. La conversazione si è definitivamente spostata dall’investimento in favore della crescita all’idea di costruire, espandere, esplorare e consolidare. Mentre le pressioni inflazionistiche hanno aumentato i costi dell’industria nel 2022 (circa +5% in media secondo Scotiabank), i margini rimangono molto sani. I produttori d’oro godono dei benefici di una copertura naturale contro gli aumenti dei costi del settore, in quanto, se l’inflazione fa aumentare i costi, tende anche a mantenere i prezzi dell’oro più alti. In definitiva, ci aspettiamo margini di crescita e ci sentiamo incoraggiati vedendo le società parlare anche della loro continua attenzione sulla riduzione dei costi e sull’ottimizzazione di operazioni e portafogli.