Cercando di riprendere il filo del discorso

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Inflazione e banche centrali continuano a dominare la scena sui mercati. Le stime economiche vengono riviste continuamente, aumentando le attese per l’inflazione e tagliando quelle per la crescita. Ciò che crea maggiore incertezza è che i banchieri centrali sembrano rincorrere i dati economici anziché anticiparli.

La scorsa settimana è toccato alla Federal Reserve alzare i tassi d’interesse di ben 75 punti base (pb), suggerendo che anche i prossimi incrementi saranno ingenti. La previsione dell’istituto indica una decelerazione del PIL, la cui stima di crescita è stata tagliata drasticamente dal 2,8% all’1,7%, ma la priorità sembra essere il controllo dei prezzi più che il sostegno all’economia.

Infatti, l’attività produttiva risentirà dell’inasprimento tramite l’aumento dei rendimenti obbligazionari, l’ampliamento degli spread creditizi e i ribassi del mercato azionario. L’incremento dei tassi sui mutui, ai massimi dal 2009, contribuisce a raffreddare il mercato immobiliare.

Anche la Banca nazionale svizzera ha sorpreso gli investitori la scorsa settimana alzando i tassi di mezzo punto percentuale, il primo aumento da 15 anni. I mercati da anni considerano la politica monetaria svizzera al traino di quella dell’euro, ma questa volta non è stato così.

È ormai evidente che la zona euro è alle prese con una decelerazione economica in un contesto che è comunque ancora positivo. Inoltre, è riemersa una forte divergenza tra i rendimenti dei titoli di Stato di nord e sud Europa con le distorsioni, anche competitive, che ciò comporta.

Infatti, nella conferenza stampa di dieci giorni fa la Banca centrale europea (BCE) non ha colto l’opportunità di giocare d’anticipo annunciando uno scudo per lo spread, la cui esigenza era del tutto evidente in un contesto di tassi in salita. Ha dovuto quindi tenere una riunione d’emergenza la scorsa settimana per dichiarare che reinvestirà i flussi di cassa derivanti da cedole e titoli in scadenza nel suo portafoglio in modo flessibile, vale a dire cercando di sostenere i titoli di Stato maggiormente sotto pressione. Parallelamente ha dato mandato a un suo organo interno di proporre un meccanismo che funzioni da scudo, ma non ci sono ancora dettagli concreti. Meglio tardi che mai, ma in economia i ritardi hanno un costo.

Dopo una correzione di oltre il 20%, il mercato azionario è entrato ufficialmente in un «bear market» il cui inizio può essere collocato circa sei mesi fa. Se facciamo riferimento al mercato statunitense, per il quale sono disponibili maggiori dati, si tratta delle dodicesima volta dal dopo guerra. In passato, in media i mercati orso hanno portato a ribassi del 35% ed è stato necessario aspettare un anno e mezzo prima di raggiungere il fondo.

In uno scenario in continua evoluzione e con crescente incertezza sull’andamento economico, sono consigliabili alcuni accorgimenti nella gestione dei portafogli.

In presenza di mercati volatili, avere a disposizione una buona liquidità può servire a evitare di dover vendere nel momento sbagliato asset le cui valutazioni potrebbero aver sofferto. In questo contesto, considerando i recenti aumenti dei rendimenti, le obbligazioni di buona qualità possono rappresentare un parcheggio per la liquidità destinata a soddisfare le possibili uscite di cassa dei prossimi 3-5 anni.

Nel comparto azionario, la combinazione di tassi più alti ed elevata inflazione favorisce i titoli value (cioè con un rapporto prezzo/utili non elevato), come il settore petrolifero, rispetto a quelli growth (società ad alta crescita ma con maggiori rischi e valutazioni più elevate). Nel frattempo, il ribasso dei listini potrebbe offrire l’opportunità di costruire un’esposizione di lungo termine al private equity.

L’indice VIX della volatilità da diversi mesi è abbondantemente al di sopra delle medie storiche. Per mitigare queste potenziali forti oscillazioni, gli investitori possono concentrarsi sulle aree più difensive del mercato, come le azioni ad alto dividendo e il settore farmaceutico.

D’altra parte, la volatilità è una delle variabili principali che determinano i prezzi delle opzioni e, nei periodi di elevata volatilità, si aprono opportunità di monetizzarla incrementando l’esposizione al mercato azionario con profili di distribuzione alternativi.

Continuiamo a considerare il mondo delle criptovalute come altamente speculativo e con numerose incognite, regolamentari oltre che funzionali. Non ha retto l’attuale correzione: il Bitcoin per esempio si è dimezzato da inizio anno e riteniamo che non dovrebbe far parte delle asset allocation strategiche degli investitori.