Il nuovo paradigma degli emergenti è la regionalizzazione?

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Le autorità politiche si trovano costantemente di fronte a fenomeni di rottura, ma i cambiamenti odierni nel commercio e negli investimenti internazionali sono diversi. In effetti, potrebbe essersi affermato un nuovo paradigma, caratterizzato da flussi commerciali e di investimento regionalizzati, anziché globali. Il cosiddetto “friend-shoring” – una forma di regionalizzazione in cui i partner economici prediligono fonti di approvvigionamento vicine – potrebbe influire in modo significativo sulla crescita dei Paesi emergenti. Se il mondo si dividesse in blocchi geopolitici, i nuovi vincoli commerciali potrebbero portare a una riallocazione del capitale e a una riduzione della crescita. Alcuni Paesi beneficerebbero più di altri di questo cambiamento di ordine globale.

Secondo la nostra analisi, la performance relativa tra le regioni dei mercati emergenti dall’inizio del secolo probabilmente persisterà. L’Asia continuerà a sovraperformare le altre aree, soprattutto grazie alla crescita di Cina e India, anche se questi Paesi crescono più lentamente rispetto al passato. Gli elevati tassi di risparmio e gli accordi istituzionali di supporto continueranno ad attrarre i capitali necessari per sostenere la crescita. Inoltre, dati demografici favorevoli al di fuori della Cina favoriranno l’aumento della produttività, avvicinandola ai livelli dei mercati sviluppati. Vietnam e Cambogia, ad esempio, devono ancora integrarsi nelle catene di produzione globali e potrebbero beneficiare di una maggiore integrazione con l’ex Celeste Impero.

All’altra estremità dello spettro, l’America Latina continuerà a restare indietro. Le carenze strutturali, che hanno preceduto il Covid, continueranno a frenarne la crescita. Così come la volatilità delle politiche economiche, in gran parte frutto delle oscillazioni del panorama politico. Le occasionali crisi interne, innescate da squilibri macroeconomici ingestibili, indeboliranno ulteriormente la crescita. D’altra parte, un decennio dopo il cosiddetto “superciclo” delle materie prime, il ritorno di prezzi più elevati potrebbe rilanciare il vento di coda della crescita latino-americana. Inoltre, alcuni Paesi potrebbero trarre vantaggio dal friend-shoring. Il Messico, ad esempio, potrebbe beneficiare della profonda integrazione nelle catene di fornitura globali e della vicinanza agli Stati Uniti, soprattutto se questi ultimi si allontanano dai fornitori cinesi.

La regione EMEA crescerà più rapidamente dell’America Latina, ma più lentamente dell’Asia, e alcuni Paesi cresceranno più velocemente di altri. La crescita dell’Europa centrale e orientale continuerà a superare quella della vicina Germania e dell’Eurozona, in quanto beneficia del re-shoring (rilocalizzazione) e della regionalizzazione. La Turchia dovrebbe continuare a fare bene, grazie alla flessibilità del settore privato e alla vicinanza all’Europa e al Medio Oriente, ma la sua politica economica presenta rischi significativi. Anche i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo dovrebbero segnare buone performance. Il loro spostamento verso i settori non petroliferi, la transizione energetica e i cambiamenti strutturali nel sistema fiscale possono pesare sulla crescita, ma dovrebbero anche renderla più stabile. Invece, le prospettive di crescita a breve e a lungo termine della Russia dipendono fortemente dalle ricadute dell’invasione dell’Ucraina. La dipendenza del Paese dalle industrie estrattive, la mancanza di riforme esacerbata dalle sanzioni sui trasferimenti di tecnologia, il rapido invecchiamento della popolazione e la fuga di cervelli in corso potrebbero far sì che la crescita russa rimanga più bassa per più tempo. Prevediamo che la crescita a lungo termine della Russia si ridurrà di circa mezzo punto percentuale, il che implica un lieve calo dello 0,2% per la crescita a lungo termine della regione EMEA nel complesso. Anche la crescita dell’Ucraina dipenderà dalla guerra e dalla successiva ricostruzione, il che rende le previsioni molto incerte.

L’Africa subsahariana registrerà una ripresa, ma con diverse prestazioni. L’aumento dei prezzi del petrolio favorirà gli esportatori nel periodo, ma non nel lungo termine, in quanto il mondo passerà a tecnologie più ecologiche. Alcuni Paesi, come lo Zambia – esportatore di rame – beneficeranno di questa “rivoluzione green” ma, nel complesso, i suoi effetti sulle esportazioni africane rimangono incerti. Ampie aree dell’Africa potrebbero contenere importanti giacimenti di minerali “green”, come il litio o la grafite, ma finora sono state poco esplorate. Il reshoring delle produzioni a più alto valore aggiunto verso i mercati sviluppati potrebbe addirittura ristabilire i modelli commerciali degli anni Cinquanta e Sessanta, ovvero le esportazioni di materie prime dai mercati emergenti e le importazioni di prodotti finiti dalle economie avanzate. Un tale trinceramento avrebbe ripercussioni sulla crescita economica e sul tenore di vita. Si rischia il malcontento popolare, l’emergere di leader populisti o nazionalisti, la rottura delle alleanze internazionali e l’inasprimento delle relazioni commerciali con il G10. I fattori demografici aumentano questi rischi: la popolazione africana è più giovane rispetto al resto del mondo e molti giovani potrebbero cercare di emigrare. Ciò aggraverebbe le tensioni politiche con le economie avanzate e potrebbe portare a cambiamenti di orientamento politico o economico.

Con la riduzione delle prospettive di crescita a lungo termine, le opportunità di investimento richiederanno un’analisi che dia enfasi ai fattori geopolitici più che in passato. I modelli di commercio internazionale in ascesa basati sul friend-shoring potrebbero aumentare le fratture tra Paesi e regioni. Ciò crea nuove opportunità ma anche nuovi rischi, in un contesto di aumento del debito, dell’inflazione e dei tassi d’interesse.

Dal punto di vista degli investimenti, il debito dei mercati emergenti rimane una delle asset class più variegate: dai crediti con rating AA ai debitori in default, governi e società, in valuta locale e forte. Questa varietà continua a generare opportunità di valore relativo, che potrebbero accentuarsi con l’aumento dei flussi regionali.

La nostra selezione bottom-up dei titoli si concentra sull’individuazione di emittenti dotati di una certa capacità di tenuta, come gli esportatori di materie prime o quelli con esigenze di finanziamento equilibrate. Gli emittenti vulnerabili presentano solitamente politiche deboli e scarsa sostenibilità del debito. Dopo gli eventi degli ultimi anni, il friend-shoring è destinato a rimanere. Comprendere i modelli commerciali regionali e i flussi di capitale sarà sempre più importante.