Investitori individuali più consapevoli del proprio ruolo sociale e più aperti ai mercati privati

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Gli investitori italiani sono più consapevoli del ruolo sociale che possono svolgere, in quanto azionisti, e più aperti a investire nei mercati privati. Tuttavia, esiste un divario tra gli investitori con competenze finanziarie più sofisticate e i soggetti con conoscenze più rudimentali, a dimostrazione di quanto una migliore educazione finanziaria sia ancora necessaria.

È, in sintesi, quanto emerge dai risultati della ricerca Schroders Global Investor Study 2022, indagine annuale che ha coinvolto oltre 23.000 persone in 33 paesi.

La ricerca mostra infatti che in Italia il 93% dei soggetti che si definiscono investitori “avanzati/esperti” ritiene che il ruolo di azionisti dovrebbe conferire loro la possibilità di influenzare le società detenute in portafoglio (95% a livello globale), contro il 60% (69% il dato globale) degli investitori “principianti/inesperti”.

 

 

In particolare, le priorità a livello di engagement rilevate dallo studio di Schroders vedono al primo posto per importanza le questioni climatiche, in Italia (indicate dal 38% dei rispondenti – 32% il dato globale) e in tutti i Paesi, ad esclusione di Messico, Corea del Sud e Belgio dove, invece, il patrimonio naturale e la biodiversità vengono collocate al primo posto, a dimostrazione della forte sensibilità nei confronti delle questioni ambientali e all’aderenza ai propri principi.

Da rilevare in proposito che mentre a livello globale i più attenti al ruolo che i loro principi possono giocare nelle loro decisioni di investimento sono gli investitori più esperti – il 79% dei quali dichiara di ritenere importante che gli investimenti riflettano i loro principi e le loro necessità – in Italia il dato che emerge dagli “avanzati/esperti” scende al 53%, allineandosi a quello dei “principianti/inesperti” (53%).

Stuart Podmore, Investment Propositions Director, Schroders, ha commentato:

“Questa ricerca dimostra l’aspirazione crescente degli investitori con qualsiasi livello di competenza ad esprimere il proprio parere, se le aziende non sono in grado di giustificare le proprie azioni. Se la pandemia ci ha insegnato qualcosa, è che le aziende, così come i governi, sono più che mai sotto esame per mitigare i rischi ambientali, sociali e di governance in modo sostenibile. L’aspetto più interessante della nostra ricerca di quest’anno è che i rischi a livello sociale e di governo d’impresa stanno iniziando a salire nella scala delle priorità degli investitori.

Una maggiore conoscenza degli investimenti sembra accrescere la fiducia degli investitori nel sostenere il processo decisionale delle aziende. In qualità di gestore attivo e di custode dei patrimoni dei nostri clienti, ci impegniamo a portare avanti attività di ingaggio costante per loro conto, con l’obiettivo di generare migliori risultati di investimento”.

Da una maggiore conoscenza la spinta degli investitori individuali verso i mercati privati

Lo studio indica inoltre che gli investitori si sentono più sicuri a scegliere investimenti che in precedenza potevano essere considerati fuori portata. Un esempio particolare è rappresentato da investimenti che rientrano nella categoria degli asset privati, con il 40% degli investitori italiani che si sente in grado di accedere alla microfinanza (42% il dato globale), il 38% agli investimenti immobiliari (45% il dato globale) e il 34% al private equity (47% il dato globale).

I dati evidenziano inoltre che ben il 57% degli investitori italiani investe già o intende investire in futuro nei mercati privati. Tra le motivazioni che stanno alla base di tale inclinazione, il 52% degli investitori sottolinea il ruolo di diversificazione di tali strumenti, il 40% indica la minore volatilità e un profilo rischio/rendimento interessante, mentre il 39% evidenzia la capacità dei mercati privati di generare rendimenti attraenti e decorrelati nell’attuale contesto macroeconomico.

 

 

Gli ELTIF come via d’accesso ai mercati privati

Gli ELTIF rappresentano oggi la via più agevole per gli investitori interessati al mondo dei mercati privati. Dalla ricerca di Schroders emerge infatti che l’86% degli investitori italiani prenderebbe in considerazione la possibilità di investire in asset privati attraverso un ELTIF se questa soluzione venisse proposta da un consulente finanziario, che darebbe loro più sicurezza nell’utilizzare uno strumento che investe in un ambito così sofisticato.

Georg Wunderlin, Global Head of Private Assets, Schroders Capital, ha commentato:

“Schroders Capital, la nostra divisione di private asset, è in una posizione ideale per promuovere e sostenere la ‘democratizzazione’ degli asset privati. Stiamo assistendo a un crescente interesse da parte degli investitori individuali verso un portafoglio olistico che comprenda investimenti nei mercati privati e pubblici, come evidenziato dal nostro Global Investor Study. I nostri team sono in grado di offrire agli investitori privati l’accesso a questo mondo attraverso una gamma di veicoli specializzati in private asset e soluzioni miste che comprendono asset privati e pubblici.

Oltre ai vantaggi della diversificazione, i portafogli misti consentono agli investitori individuali di superare la barriera dell’illiquidità che ha impedito loro di investire nei mercati privati su larga scala. Continueremo a innovare la nostra proposta per aiutare i singoli investitori, le banche private e i piani pensionistici a contributo definito ad accedere alle aree più interessanti dei mercati privati”.

Tuttavia, all’interno dei mercati privati, alcune specifiche classi di investimento sono ancora percepite come complesse e richiedono un maggiore supporto da parte di gestori e consulenti finanziari per potervi accedere. Ciò, in Italia, è particolarmente vero per il private equity, dove gli investitori sono più propensi a investire attraverso un prodotto offerto da parti terze, come un fondo comune (50% – 38% il dato globale), piuttosto che direttamente (34% – 47% il dato globale).

Anche in questo caso, tuttavia, lo studio di Schroders mette in evidenza un divario tra gli investitori con competenze finanziarie diverse. In Italia, ben il 44% degli investitori “avanzati/esperti” si sente in grado di investire nel private equity, a fronte di un mero 17% per gli investitori “principianti/inesperti”.

Sempre evidente la necessità di progredire nell’ambito dell’educazione finanziaria

Il divario esistente tra investitori con competenze finanziarie diverse è confermato anche dal dato relativo alla percezione della propria capacità di prendere le giuste decisioni di investimento per il proprio futuro. Il 70% degli investitori “avanzati/esperti” italiani (82% il dato globale) ritiene di avere conoscenze sufficienti per prendere decisioni di investimento per il proprio futuro finanziario, mentre solo il 18% degli investitori “principianti/inesperti” (26% il dato globale) si sente abbastanza informato per farlo. Ciò evidenzia la necessità di una migliore educazione finanziaria, soprattutto nel nostro Paese, e il ruolo attivo che i fornitori di servizi finanziari devono svolgere.

 

 

Sheila Nicoll, Head of Public Policy, Schroders, ha commentato:

“I risultati di quest’anno evidenziano ulteriormente la necessità di sostenere le persone ad acquisire maggiori informazioni sugli investimenti e a dedicarsi alle proprie finanze. Ciò deve avvenire fin dai primi anni di scuola, durante tutto il ciclo educativo e nel corso delle diverse fasi della vita. Per noi di Schroders è prioritario aiutare i nostri clienti a trovare le migliori soluzioni d’investimento che soddisfino le loro esigenze, assicurando al contempo che abbiano tutti gli strumenti giusti per prendere le loro decisioni”.