Transizione climatica, una sfida al mandato di stabilità dei prezzi della BCE

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L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha dato nuovo impulso all’ambizione dell’Europa di raggiungere la “sovranità strategica”, inclusa la questione della dipendenza energetica dalla Russia (elemento, questo, fondamentale).

La transizione verde è diventata un punto focale non solo per raggiungere gli obiettivi climatici europei, ma anche per aumentare la propria autosufficienza energetica. Ciò non avverrà da un giorno all’altro e il percorso verso il net zero è destinato ad evolversi nel corso dei prossimi decenni, verosimilmente accelerato dal recente conflitto.

Durante la transizione verso il net zero, è probabile che vi siano conseguenze per l’inflazione dell’eurozona e implicazioni per la politica monetaria. In parole povere, gli impatti del cambiamento climatico e le strategie di mitigazione del clima metteranno ulteriormente alla prova il mandato di raggiungere la stabilità dei prezzi.

Gli eventi meteorologici estremi stanno diventando sempre più frequenti e intensi, il che si ripercuote sui prezzi in diversi settori, come quello alimentare, energetico e delle catene di approvvigionamento. Ciò si traduce in una maggiore volatilità dell’inflazione.

Secondo una ricerca della BCE, le estati eccezionalmente calde possono aggiungere circa 1,5 punti percentuali all’inflazione dei prezzi alimentari nelle economie emergenti entro il trimestre. Sebbene la ricerca non abbia riscontrato un impatto significativo per le economie dei paesi sviluppati, si potrebbero ragionevolmente fare delle previsioni di ciò che potrebbe accadere nei mercati sviluppati basandosi su quanto accaduto nei mercati emergenti. I dati della BCE suggeriscono un aumento di 0,3 punti percentuali dell’inflazione nell’eurozona, data la minore quota di prodotti alimentari nel paniere dei prezzi al consumo della regione.

Anche i picchi dei prezzi dell’energia all’ingrosso legati al clima potrebbero contribuire ad aumentare la volatilità dell’inflazione. Quando il freddo eccezionale ha colpito l’Europa nel gennaio 2017, la domanda di gas è aumentata del 20% rispetto all’anno precedente e l’inflazione headline dell’area dell’euro è salita di 0,6 punti percentuali. La recente esperienza che ha visto scarse riserve energetiche in Europa e l’escalation delle tensioni con la Russia ci ricordano la sensibilità dell’inflazione headline a fluttuazioni significative e improvvise dei prezzi dell’energia. Inoltre, eventi meteorologici estremi possono causare danni temporanei alle infrastrutture e innescare strozzature nelle supply chain nel breve periodo.

Compensare l’aumento dell’inflazione energetica

Sebbene il contributo dell’energia all’inflazione headline dell’eurozona sia diminuito negli ultimi due decenni, è probabile che tale tendenza si inverta ora che i governi hanno iniziato a tassare le emissioni. Secondo le stime, i prezzi del carbonio dovranno aumentare in modo significativo per poter raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. L’energia rappresenta una quota relativamente elevata del paniere dei consumi, per cui un aumento dei costi dell’energia farebbe crescere sensibilmente l’inflazione.

La nostra analisi mostra che un aumento di 10 euro a tonnellata del prezzo della CO2 all’interno del Sistema per lo scambio di quote emissione di gas a effetto serra dell’UE (ETS) fa salire l’inflazione dei prezzi dell’energia di 0,3 punti percentuali durante il mese successivo. Nel corso dell’ultimo anno, il prezzo della CO2 nell’ETS è aumentato di circa 50 euro a tonnellata, quindi tale effetto potrebbe aver contribuito fino a 1,5 punti percentuali dell’inflazione energetica.

Se i governi dovessero ridurre le quote di CO2 o potenziare il proprio piano d’azione, l’inflazione potrebbe essere ancora più alta. In tale scenario, la BCE si troverebbe di fronte a un difficile compromesso: per compensare l’aumento dell’inflazione energetica e garantire la stabilità dei prezzi, dovrebbe limitare l’inflazione generata a livello dei singoli Stati membri.

L’incertezza potrebbe deprimere il rischio

Nel lungo periodo, la transizione green dovrebbe stimolare l’innovazione e la crescita. Le banche centrali vedrebbero di buon occhio un simile sviluppo, poiché la debolezza della crescita a seguito della crisi finanziaria globale ha limitato le possibilità di ridurre i tassi di interesse. Di conseguenza, le banche centrali si sono affidate a politiche non convenzionali.

Tuttavia, durante il periodo di transizione, l’aumento del debito pubblico per finanziare la transizione green potrebbe frenare gli investimenti privati. L’aumento dell’incertezza, dovuta agli effetti fisici del cambiamento climatico o all’incertezza relativa alla regolamentazione, potrebbe deprimere ulteriormente gli investimenti. Gli impatti fisici e gli effetti della transizione legati al cambiamento climatico potrebbero anche rendere obsoleta gran parte dello stock di capitale esistente, riducendo la produttività e la crescita.

L’aumento della volatilità e dell’incertezza potrebbe anche influire sulla capacità di pianificazione di famiglie e imprese. Ciò potrebbe portare a decisioni di risparmio e investimento non ottimali. Più in generale, un contesto incerto e volatile potrebbe scoraggiare l’assunzione di rischi, in quanto gli investitori cercano beni rifugio, indebolendo ulteriormente la crescita e i tassi d’interesse reali. I tassi reali bassi rappresentano una sfida ben nota per i policymaker: aumentano la probabilità che una banca centrale si trovi di fronte un problema di “Zero Lower Bound”, con una capacità di manovra limitata.

Credibilità della banca centrale a rischio

L’aumento della volatilità dei prezzi dei prodotti alimentari ed energetici e le interruzioni della catena di approvvigionamento potrebbero rendere più difficile per la BCE riconoscere le tendenze inflazionistiche sottostanti e complicare il suo impegno volto a stabilizzare l’economia. Frequenti e significativi scostamenti dall’obiettivo di inflazione potrebbero anche intaccare la credibilità della BCE. Di conseguenza, i policymaker potrebbero porre maggiore enfasi sulle misure dell’inflazione core, come abbiamo potuto constatare durante la pandemia.

Un aumento dei prezzi dell’energia, a parità di altre condizioni, farebbe aumentare l’inflazione core. La BCE si troverebbe, quindi, in una posizione non molto invidiabile, ossia dover inasprire la propria politica per compensare l’aumento dell’inflazione dei prezzi dell’energia. Ciò potrebbe avere un costo economico elevato durante il periodo di transizione. L’alternativa sarebbe quella di tollerare un’inflazione superiore all’obiettivo per un certo periodo di tempo, il che, ancora una volta, potrebbe minare la credibilità della banca centrale.

L’aumento dell’inflazione e l’incertezza dovuta al cambiamento climatico inaspriscono il contesto esistente, mentre le economie stanno uscendo dalla pandemia e si stanno affrancando dalla Russia. In un simile quadro, è probabile che gli investitori richiedano premi al rischio più alti.