Forte volatilità sui prezzi petroliferi dopo che l’OPEC+ ha deciso per un lieve aumento della produzione a settembre

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I prezzi del greggio si muovono tanto dopo la notizia che l’OPEC+ (l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e alleati) ha deciso nella riunione odierna un lieve aumento della produzione di 100.000 barili di greggio al giorno. Dopo la notizia il WTI sale e tocca i $95/barile (+3% in poco più di un’ora) mentre il Brent torna sopra il limite psicologico dei $100 al barile segnando un guadagno del +1,5% con un massimo intraday a $102. Dopo l’infiammata iniziale i prezzi sono scesi notevolmente attestandoci poco al di sopra rispetto ai valori della mattinata, L’incremento, troppo esiguo per poter avere effetti tangibili sui prezzi, suona come una decisione politica attuata per non scontentare nessuno.  Risultato? I prezzi di petrolio e derivati rimarranno elevati ancora nel breve/medio periodo sulla scia di un rimbalzo della domanda e dell’invasione dell’Ucraina che hanno ampliato la differenza tra domanda e offerta a partire dall’inizio dell’anno.

Le conseguenze del meeting

I risultati della riunione di oggi sono dunque una conferma della polarizzazione nella produzione dell’oro nero (sbilanciata in aree del mondo quanto mai faziose) e dell’importanza che l’OPEC+ assume nelle più ampie vicende geopolitiche mondiali.

Il cartello ha cercato di non deteriorare le attuali relazioni né con il mondo occidentale né con la Russia e ha pertanto tentato di mantenere una posizione equidistante tra i due opposti. Di conseguenza concedendo un lieve aumento nella produzione (dagli effetti sui prezzi pressoché trascurabili) il cartello ha potuto accontentare tutte le parti in causa mantenendo un velato status quo – nonostante alcuni membri come il Kazakistan avessero proposto un incremento più ampio che portasse i prezzi nel range tra i $60 e gli $80 al barile. Sembra dunque che l’OPEC stia privilegiando dapprima i propri interessi – mantenendo i prezzi del greggio intorno ai $100/barile – senza ascoltare le proteste degli altri attori dello scacchiere globale che stanno patendo gli effetti delle pressioni inflazionistiche (e dell’erosione del potere d’acquisto) così come delle tensioni geopolitiche.

Una decisione politica

Gli interessi politici hanno quindi surclassato l’acume economico che prevederebbe un incremento della produzione con conseguente diminuzione dei prezzi del greggio e delle pressioni inflazionistiche (di cui il petrolio ne è una componente fondamentale) e che porterebbe ad una rinormalizzazione delle politiche monetarie delle banche centrali (diminuzione dei tassi di interesse). Al contrario le decisioni adottate oggi a Vienna potrebbero prolungare l’incertezza economica sullo scenario globale e diminuiranno sicuramente le chance delle banche centrali di riportare l’inflazione attorno al target del 2% a/a nel medio termine. In conclusione, crediamo che le probabilità di una recessione in Europa siano notevolmente aumentate a causa di uno scenario energetico globale che non mostra segnali di rinormalizzazione.