E’ sempre più necessaria la collaborazione tra pubblico e privato nel sistema sanitario

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Il nostro Paese si caratterizza per dinamiche demografiche che determineranno un inevitabile incremento della domanda di servizi sanitari e di previdenza, ad oggi soddisfatta prevalentemente dal settore pubblico. Lo sottolinea l’Ivass in una recentissima Audizione parlamentare in cui pone particolare attenzione propositiva alla sanità integrativa tenendo conto degli effetti della denatalità e dell’incremento della speranza di vita.

Dalle proiezioni svolte dalla Ragioneria dello Stato emerge che il rapporto fra spesa a carico dello Stato per Long Term Care e PIL passerà dall’1,9% del 2020 al 2,8% del 2070. A queste spese vanno sommate quelle sostenute direttamente dalle famiglie, che nel 2021 sono state stimate pari a 23 miliardi di euro, sommando i costi dei soggiorni nelle Residenze Sociali Assistite, dell’assistenza domiciliare da parte dei familiari o dei care-giver professionali.

Per far fronte ai bisogni presenti e futuri delle persone anziane non autosufficienti può essere opportuno coinvolgere maggiormente il settore assicurativo. Le polizze LTC sono ancora poco diffuse nel nostro Paese. Questi contratti, in presenza di un’ampia platea di assicurati, a fronte di premi pagati durante la vita lavorativa sono in grado di garantire l’erogazione di una rendita assicurativa o la prestazione di servizi socio/sanitari a favore dei soggetti non autosufficienti.

Per lo sviluppo di questo comparto sarebbe utile pervenire ad una definizione condivisa e unica di non autosufficienza o di parziale non autosufficienza. Se la prestazione assicurativa consiste nell’erogazione diretta di servizi assistenziali e sanitari è importante poi stabilire adeguati e verificabili standard di qualità. Nuove modalità di cooperazione pubblico-privato, una rimodulazione delle agevolazioni fiscali e l’auspicabile coinvolgimento del terzo settore possono portare a definire prestazioni assicurative economicamente sostenibili e attraenti per platee di fruitori sempre più ampie e, circostanza da non sottovalutare, attente alla qualità dei servizi e delle relazioni umane.

Per quel che riguarda la spesa sanitaria in Italia presenta un’incidenza pari al 9,5% in rapporto al PIL, poco più bassa rispetto ad altri Paesi del Sud Europa (Spagna e Portogallo) che evidenziano valori intorno al 10,5%. Agli estremi inferiori, Lussemburgo e Romania segnalano valori intorno al 6% mentre Germania, Francia e Svizzera registrano i valori più elevati, tra il 12,8% e l’11,8%. La spesa diretta delle famiglie è particolarmente elevata in Italia (22% del totale, circa 36 miliardi), Spagna, Portogallo e Svizzera mentre ha valori minimi in Germania, Francia e Olanda.

Quali sono le considerazioni? Oggi, a seguito della pandemia, è divenuta ancora più pressante la necessità di avviare una riflessione su possibili e sostenibili linee di riforma complessiva del comparto sanitario in modo da garantire adeguate prestazioni integrative e sussidiarie dei livelli essenziali di assistenza (LEA) del SSN e la tutela di una effettiva facoltà di scelta dei cittadini. Potrebbe essere utile un ripensamento dei benefici fiscali connessi all’iscrizione/adesione alle forme sanitarie integrative che oggi scontano non giustificate differenziazioni, fonte di effetti distorsivi.

Con specifico riferimento al settore assicurativo, le norme e i benefici fiscali riconosciuti dovrebbero mirare a incentivare coperture che meglio conciliano sostenibilità del business e mutualità tra assicurati (oggi realizzata prevalentemente nelle polizze collettive). Chiarezza e semplicità dei contratti e dei documenti assicurativi precontrattuali sono parte poi essenziale della governance del prodotto diretta a individuare le richieste e le esigenze del sottoscrittore cui il contratto deve rispondere.