Obbligazionario Usa, come sfruttare l’attuale volatilità

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Nei primi mesi del 2023, la volatilità sul mercato del reddito fisso Usa, in particolare quello dei titoli di Stato, è stata sorprendente: in gennaio, nonostante le parole da falco di Jerome Powell, i tassi hanno continuato a scendere fino all’annuncio dei dati sull’occupazione Usa che, con un aumento di 500.000 nuove assunzioni, li hanno fatti schizzare nuovamente alle stelle, con il Treasury a due anni che ha toccato il 5%, per arrivare poi, in marzo, a un crollo di oltre cento punti base a causa della crisi bancaria.

Nonostante la volatilità, le obbligazioni hanno rendimenti positivi da un anno all’altro, e questo è un notevole cambiamento rispetto allo scorso anno, dal momento che siamo vicini alla fine del ciclo di rialzi della Fed. Diverse sono le opzioni possibili per gli investitori: ad esempio i buoni del Tesoro a 6 mesi hanno un rendimento di circa il 4,75%, decisamente superiore rispetto agli ultimi anni; oppure, volendo ampliare l’orizzonte temporale e correre meno rischi di reinvestimento qualora i tassi dovessero scendere tra sei mesi, c’è la possibilità di acquistare anche Treasury a 2 anni al 4,1%, Treasury a 10 anni al 3,5% o obbligazioni societarie investment-grade, che rispetto ai Treasury aumenterebbero dell’1,5% circa il rendimento totale, consentendo ritorni più elevati per un periodo più lungo.

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Ovviamente, non bisogna sottovalutare i rischi: anzitutto il fatto che la Fed possa aumentare i tassi d’interesse più del previsto, erodendo i rendimenti; un secondo rischio potrebbe essere l’allargamento degli spread, che quest’anno sono aumentati di 20 punti base, ma hanno recuperato circa la metà dell’allargamento rispetto ai massimi toccati durante la crisi bancaria di marzo. Qualora si entrasse in una recessione, gli spread aumenterebbero, anche se le aziende dovrebbero comunque essere ben posizionate e non dovrebbero quindi esserci rischi di perdite in conto capitale o di mancato pagamento delle cedole, ma solo una certa volatilità da un mese all’altro.

Del resto, riteniamo che, nei prossimi 6-12 mesi, l’avvento di una recessione sia più probabile che non e, se prima della crisi bancaria c’era qualche possibilità che la Fed avrebbe potuto orchestrare un “soft landing”, oggi, vista l’instabilità dei mercati, l’atterraggio potrebbe essere un po’ più difficoltoso. Le aziende americane, infatti, potrebbero mantenere un atteggiamento prudente e bloccare le assunzioni, rallentando la crescita.

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Un’eventuale recessione, con un conseguente taglio dei tassi da parte della Fed e un calo dei rendimenti dei Treasury, potrebbe avere un risvolto positivo, portando all’aumento dei prezzi delle obbligazioni, ma potrebbe anche determinare l’allargamento degli spread creditizi. Tuttavia, nel lungo periodo, gli investitori obbligazionari sarebbero probabilmente premiati con rendimenti positivi.

Occorre comunque considerare che il livello attuale dei tassi, che oggi ci sembra molto elevato, prima del 2008 era ancora più alto ed è chiaro che il regime di tassi a zero a cui abbiamo assistito negli ultimi quindici anni non era davvero sostenibile. Se la Fed riuscisse a riportare l’inflazione entro il target del 2%, questo le consentirebbe di abbassare nuovamente i tassi di interesse, pur essendo improbabile un ritorno ai tassi attorno a zero, come visto negli ultimi anni”, a meno di eventi particolarmente drammatici per l’economia.

Nonostante l’attuale incertezza, sembra quindi che i tassi di interesse abbiano raggiunto il loro picco massimo e che i Treasury a 10 anni siano destinati a tornare al 3%, o anche meno, nei prossimi anni. Dal momento che i prezzi delle obbligazioni si muovono inversamente rispetto ai tassi d’interesse, riteniamo che nel 2023 i mercati obbligazionari registreranno probabilmente rendimenti positivi e le società statunitensi saranno ben posizionate, anche se non sono da escludere possibili sorprese lungo il percorso.

Analizzando, nello specifico, i singoli settori, quello bancario globale rappresenta circa un terzo o un quarto del valore di mercato complessivo dei principali indici. Gli istituti di credito hanno diverse caratteristiche che li rendono attraenti, tra cui un elevato livello di liquidità e, almeno per quanto riguarda le banche sistemiche, una presenza a livello globale e coefficienti patrimoniali piuttosto solidi. Da non trascurare, anche se attualmente molto volatile, il segmento delle banche regionali, che, soprattutto negli Stati Uniti, hanno un’importanza sistemica per il funzionamento delle piccole imprese. Tuttavia, dopo le vicende recenti, occorre prestare particolare attenzione al ricorso da parte delle banche Usa ai programmi di finanziamento stanziati dalla Federal Reserve, oltre che agli standard creditizi imposti ai loro clienti, tra cui le piccole imprese, il cui irrigidimento potrebbe portare a un rallentamento dell’economia.

Per quanto riguarda le obbligazioni corporate, le società statunitensi sono in genere diventate più convenienti ed è rintracciabile valore soprattutto in alcuni settori storicamente più difensivi, tra cui i servizi di pubblica utilità, le comunicazioni e la sanità. È comunque consigliabile effettuare un’attenta analisi bottom-up per identificare le società che possono sovraperformare in base alle prospettive macroeconomiche, basandosi sul rapporto diretto con il management e sui progetti futuri, come ad esempio fusioni, acquisizioni o spin-off e sull’impatto che questi potrebbero avere sugli investitori.

Per quanto riguarda i singoli comparti obbligazionari, l’high yield, nonostante sia stato sottoposto a una notevole pressione e gli spread si siano allargati, resta un settore molto diversificato. I titoli con rating BB (e persino B) sono destinati a fare bene, perché, avendo approfittato dei tassi di finanziamento convenienti degli ultimi anni, non hanno un muro di scadenze incombente, mentre i titoli con rating CCC possono essere più a rischio a causa degli elevati tassi di rifinanziamento, che hanno decisamente aumentato il costo del credito.

Rispetto ai cartolarizzati, riteniamo vi siano alcune opportunità nell’ambito dei titoli Asset backed Securities, con alcune tranche AAA diventate piuttosto economiche, mentre siamo più cauti sul mercato dei CLOs. Il mercato dei Treasury statunitensi è più interessante di quanto non sia stato da molto tempo ed è il rifugio ideale per chi ritiene che i titoli azionari siano sopravvalutati e che sia previsto un loro calo in caso di recessione. Un’altra area su cui si concentrano i nostri analisti sono i mercati emergenti, di cui è bene conoscere aspetti politici e socio-economici, perché, sebbene abbiano dei rischi idiosincratici, sono diventati più convenienti e presentano un interessante valore relativo corretto per il rischio, in particolare all’interno di un fondo comune ben diversificato.

In conclusione, con l’inflazione che sembra essere in via di attenuazione (anche se ci vorrà del tempo perché questo possa riflettersi nei dati), per gli investitori è il momento giusto per non essere eccessivamente difensivi e non perdere occasioni di rendimento, cogliendo le opportunità che le obbligazioni offrono per la parte stabile di un portafoglio ben diversificato e prestando la massima attenzione alle variabili macroeconomiche e alla gestione del rischio.