Incrementare il reddito duraturo nei portafogli

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Negli ultimi tempi è aumentata l’attrattiva della liquidità e dei titoli con duration breve. Venerdì il rendimento dei Treasury a 3 mesi ha toccato il livello più alto da oltre 20 anni. Questa dinamica è dovuta in parte ai toni più aggressivi usati dai funzionari della Federal Reserve (Fed) e alla prospettiva di un incremento delle emissioni a breve termine se il problema del tetto del debito verrà risolto. Giovedì la Presidente della Fed di Dallas, Lorie Logan, ha dichiarato che gli ultimi dati economici non giustificano ancora una pausa nei rialzi dei tassi alla riunione di giugno della banca centrale.

Ma nel nostro scenario di riferimento, in cui l’accordo sul tetto del debito verrà raggiunto prima della scadenza del 1° giugno, l’attrattiva dei depositi bancari e dei fondi del mercato monetario è destinata ad avere vita breve. Il calo dei rischi di default ha già iniziato a spingere al ribasso il rendimento dei Treasury a 1 mese, sceso di 22 punti base (pb) dal massimo ventennale toccato durante la sessione di mercato di martedì scorso. Inoltre, anche se le ultime indicazioni non escludono una stretta a giugno, la fine del ciclo restrittivo non è lontana e nel nostro scenario di riferimento continuiamo ad aspettarci che la banca centrale americana non effettui altri giri di vite. In vista del probabile picco dei tassi, gli investitori dovrebbero iniziare subito a cercare altre fonti di reddito di qualità prima che il mercato inizi a scontare un forte calo dei tassi. Vediamo diverse possibili alternative.

Bloccare i maggiori rendimenti disponibili sui mercati a reddito fisso. Anziché puntare sul segmento a più breve termine della curva dei rendimenti, vediamo opportunità nelle obbligazioni di alta qualità con duration medio- lunga. I rendimenti dei Treasury a 5 anni sono scesi dal recente picco d’inizio marzo (toccato prima che si diffondesse la preoccupazione per lo stato di salute del sistema bancario), ma restano vantaggiosi a quota 3,69%. Vediamo il potenziale di registrare plusvalenze se la crescita dovesse rallentare più bruscamente del previsto. Analogamente, le obbligazioni investment grade dovrebbero sovraperformare in caso di difficoltà dell’economia.

Ci aspettiamo anche un rialzo del debito sovrano dei mercati emergenti denominato in dollari. La ripresa della Cina ha deluso le attese in termini di entità e velocità, ma prevediamo comunque un’accelerazione della crescita del PIL cinese dal 3% nel 2022 al 5,7% quest’anno. Questa dinamica dovrebbe sostenere i titoli di Stato dei mercati emergenti e in questo momento il JP Morgan EMBIG Div Index ci sembra offrire un rendimento interessante, a quota 8,7%.

Vediamo buone opportunità di reddito anche sui mercati azionari, puntando su titoli di qualità con dividendi elevati. L’MSCI World High Dividend Yield Index offre un rendimento del 4,2%. Queste azioni appartengono ai segmenti più difensivi del mercato e sono relativamente resilienti nelle fasi di rallentamento dell’economia, poiché in base ai precedenti storici dovrebbero continuare a distribuire dividendi sostanzialmente stabili anche in caso di recessione. Dato che le aziende di questo tipo riescono spesso a trasferire gli aumenti dei costi ai clienti grazie al forte potere di determinazione dei prezzi, dovrebbero registrare performance positive finché l’inflazione si manterrà sopra i target delle banche centrali.

Gli asset reali e gli investimenti strutturati che generano rendimenti sono possibili alternative per rafforzare le fonti di reddito duraturo. L’esposizione agli asset reali, tra cui materie prime, infrastrutture e immobili, può apportare diversificazione e reddito ai portafogli, oltre a mitigare eventualmente l’inflazione a lungo termine. In questo momento consigliamo le posizioni dirette e indirette in infrastrutture e le posizioni dirette in commodity.

Le strategie basate sulla vendita di opzioni ci sembrano particolarmente valide. Queste strategie tendono a sovraperformare nelle fasi di stabilità dei mercati azionari, che è la nostra previsione per il resto dell’anno. Inoltre, il premio per il rischio di volatilità relativamente elevato indica che i mercati
azionari hanno registrato oscillazioni contenute rispetto agli indicatori della volatilità implicita. Aumentano così i guadagni potenziali per gli investitori che vendono opzioni.

Consigliamo quindi di non fare affidamento a lungo sugli attuali rendimenti della liquidità e dei mercati monetari. Sarà sempre più importante includere fonti di reddito duraturo nei portafogli se, come pensiamo, il recente rally azionario verrà meno nel resto dell’anno.

Al centro dell’attenzione

Le azioni si concentrano sulle buone notizie, non sui rischi

Sembra che verrà presto raggiunto un accordo sul tetto del debito statunitense, anche se nel fine settimana sono stati compiuti solo progressi modesti. I mercati azionari sembrano concentrarsi sulle buone notizie: l’S&P 500 ha guadagnato l’1,7% la scorsa settimana, toccando i massimi da agosto 2022, e l’indice VIX della volatilità azionaria implicita si attesta a 17 punti, al di sotto della media a lungo termine di circa 20. Dato che il mercato sconta già buona parte delle notizie positive, è possibile che gli investitori non diano sufficiente importanza ai rischi.

Primo, se verrà meno la minaccia di un default degli Stati Uniti, la Fed avrà più spazio di manovra per continuare ad alzare i tassi, come lasciano intendere i commenti rilasciati la scorsa settimana da alcuni membri della banca centrale. La Presidente della Fed di Dallas, Lorie Logan, ha dichiarato che «non sono ancora stati compiuti i progressi necessari» sul fronte dell’inflazione e che «non è ancora giunto il momento» di sospendere la stretta monetaria. Nel nostro scenario di riferimento l’istituto farà una pausa, ma non si esclude un ulteriore rialzo di 25 pb. Secondo, sui mercati azionari il rally dell’S&P 500 è stato trainato solo da pochi titoli e le valutazioni delle azioni large cap growth e tecnologiche sono relativamente elevate.

Terzo, l’impatto negativo della stretta creditizia sugli utili aziendali dovrebbe pesare sulle quotazioni
azionarie. Ci aspettiamo quindi un aumento della volatilità nei prossimi mesi e l’S&P 500 potrebbe attestarsi a 3800 punti a dicembre.

Conclusione: a nostro avviso il reddito fisso mostra un rapporto rischio/ rendimento migliore rispetto all’azionario. I segmenti obbligazionari difensivi e di maggiore qualità ci sembrano offrire buoni rendimenti in termini assoluti, valutazioni convenienti rispetto alle azioni e una copertura contro i rischi per la crescita e la stabilità finanziaria.

È il caso di preoccuparsi per le banche regionali americane?

Dal tracollo della Silicon Valley Bank (SVB) a inizio marzo gli istituti finanziari sono finiti in un circolo vizioso, poiché i dubbi circa i flussi dei depositi hanno messo sotto pressione le quotazioni delle banche. La garanzia fornita dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) ai depositi non coperti presso le tre banche fallite quest’anno e la nuova linea di credito bancario messa a disposizione dalla Fed (Bank Term Funding Program, BTFP) non sono riuscite a ripristinare interamente la fiducia dei mercati, per motivi comprensibili.

Primo, dal 2013 ad oggi, diversi anni dopo la crisi finanziaria globale, ogni anno sono fallite in media sette banche americane. In base ai precedenti storici esiste ancora il rischio di ulteriori crac. Secondo, le perdite sui depositi non garantiti hanno colpito gli istituti più piccoli, non quelli più grandi. Difficilmente potranno essere coperti tutti i conti, eventualità che richiederebbe l’approvazione del Congresso. Terzo, alla luce di quanto sopra è logico che i titolari di capitali depositati presso le banche più piccole con modelli di business meno diversificati cerchino di evitare i rischi spostando fondi presso le grandi banche universali.

Il circolo vizioso sembra dunque destinato a proseguire ancora e le banche regionali restano sotto pressione. Ma ciò non significa che debba scoppiare una vera e propria crisi. Crediamo che nel complesso le banche regionali statunitensi dispongano di livelli adeguati di capitali e liquidità.

Soprattutto, la FDIC, la Fed e il Tesoro monitorano la situazione, pronti a cogliere eventuali
segnali di rischi sistemici.

Conclusione: le azioni statunitensi sono tra le nostre posizioni meno preferite e invece preferiamo i mercati emergenti. Negli Stati Uniti manteniamo un giudizio di meno preferito sul settore finanziario.

Tre motivi per acquistare oro

Le quotazioni aurifere sono scese dai recenti massimi dopo che il Presidente americano, Joe Biden, si è detto fiducioso di poter evitare il default del debito pubblico a fronte dei progressi nei negoziati sul tetto del debito e alcuni funzionari della Fed hanno rilasciato commenti di tono restrittivo. Nel momento in cui scriviamo l’oro si attesta intorno a 1962 dollari l’oncia, circa il 5% al di sotto del massimo infragiornaliero da inizio anno segnato a inizio mese.

Tuttavia, il metallo giallo guadagna ancora il 7,6% da inizio gennaio e ci aspettiamo che quest’anno arrivi a segnare un nuovo record, in quanto è sospinto da numerosi fattori a medio-lungo termine. Primo, la domanda da parte delle banche centrali dovrebbe rimanere robusta a fronte dell’aumento dei rischi geopolitici e dell’elevata inflazione. Infatti, la decisione degli Stati Uniti di congelare le riserve in valuta estera della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina può aver avuto impatti di lunga durata sul comportamento delle banche centrali.

Secondo, in generale la debolezza del dollaro favorisce l’oro. Con l’erosione del premio degli Stati Uniti in termini di tasso d’interesse e di crescita ci aspettiamo che il biglietto verde ricominci a deprezzarsi. Storicamente l’oro registra buone performance quando l’USD si indebolisce.

Terzo, i rischi di recessione potrebbero sostenere la domanda di beni rifugio. La minaccia di un default sul debito degli Stati Uniti sta rientrando, ma l’economia americana continua a rallentare, la fiducia dei consumatori è in calo e l’inasprimento delle condizioni di credito peserà sulla crescita. In base ai dati dal 1980, la performance relativa dell’oro rispetto all’S&P 500 migliora nnotevolmente quando l’economia americana è in recessione.

Conclusione: continuiamo ad aspettarci che le quotazioni aurifere raggiungano 2100 dollari l’oncia entro fine 2023 e 2200 dollari l’oncia entro marzo 2024 e manteniamo il giudizio di preferito sull’oro, oltre a un orientamento positivo sul complesso delle materie prime.

Attivi non tradizionali

Le classi di attivi non tradizionali sono investimenti alternativi che comprendono hedge fund, private equity, immobili e managed futures (collettivamente, investimenti alternativi). Le quote dei fondi d’investimento alternativi sono vendute solo a investitori qualificati e soltanto mediante documenti di offerta che forniscono informazioni su rischi, performance e spese dei fondi d’investimento alternativi. I clienti sono invitati a leggere attentamente i documenti in oggetto prima di sottoscrivere le quote e di entrarne in possesso. Un investimento in un fondo d’investimento alternativo è di natura speculativa e comporta rischi significativi. In specifico questi investimenti (1) non sono fondi comuni d’investimento e non sono soggetti agli stessi requisiti normativi di tali fondi;

(2) possono presentare una performance volatile e gli investitori possono perdere una parte sostanziale o tutto il capitale investito;

(3) possono comportare leva finanziaria e altre prassi d’investimento speculative con un possibile aumento del rischio di perdita di investimento;

(4) sono investimenti illiquidi a lungo termine, solitamente non esiste un mercato secondario per gli interessi di un fondo e non se ne prevede alcuno sviluppo;

(5) gli interessi dei fondi d’investimento alternativi sono solitamente illiquidi e soggetti a
limitazioni di trasferimento;

(6) può non essere chiesto loro di fornire agli investitori informazioni periodiche sui prezzi o sulla
valutazione;

(7) solitamente comportano complesse strategie fiscali ed eventuali ritardi nella distribuzione agli investitori delle informazioni fiscali;

(8) sono soggetti a elevate commissioni, tra cui commissioni di gestione e altre commissioni e spese che nel complesso riducono i profitti. Le quote in fondi d’investimento alternativi non sono depositi né obbligazioni di banche o altri istituti di deposito garantiti, né sono garantite o avallate da questi, e non sono garantite a livello federale dalla Federal Deposit Insurance Corporation, dal Federal Reserve Board né da altri enti pubblici. I potenziali investitori devono capire questi rischi e avere la capacità finanziaria e la disponibilità ad accettarli per un lungo periodo prima di investire in un fondo d’investimento alternativo e devono considerare un fondo d’investimento alternativo come un’integrazione in un programma di investimento generale.

In aggiunta ai rischi che si riferiscono agli investimenti alternativi in generale, vi sono rischi aggiuntivi correlati a un investimento in queste strategie:

• Rischio degli hedge fund: l’investimento in hedge fund comporta dei rischi specifici tra cui possono figurare I rischi associati a investimenti in vendite allo scoperto, opzioni, azioni di small cap, junk bond, derivati, titoli in sofferenza, titoli azionari non statunitensi e investimenti illiquidi.

• Managed futures: l’investimento in programmi di managed futures comporta dei rischi specifici. Per esempio non tutti i gestori si focalizzano contemporaneamente su tutte le strategie e le strategie di managed future possono comportare elementi direzionali sostanziali.

• Immobili: l’investimento in prodotti immobiliari e real estate investment trust comporta dei rischi specifici. Tra questi figurano rischi associati a indebitamento, variazioni negative nelle condizioni economiche generali o nei mercati locali, variazioni nelle normative o nei regolamenti statali, fiscali, immobiliari e nei piani regolatori, rischi associati a richieste di capitale e, per alcuni prodotti immobiliari, rischi associati alla possibilità di beneficiare di trattamenti fiscali di favore ai sensi delle normative fiscali federali.

• Private equity: l’investimento in private equity comporta dei rischi specifici. Se non soddisfatte, le eventuali richieste di capitali con preavviso breve possono avere significative ripercussioni negative inclusa, a titolo esemplificativo e non limitativo, la perdita totale dell’investimento.

• Rischio di cambio/di valuta: chi investe in titoli di emittenti ubicati al di fuori degli Stati Uniti deve sapere che anche nel caso di titoli denominati in dollari statunitensi, le variazioni nel tasso di cambio tra il dollaro statunitense e la valuta “nazionale” dell’emittente possono avere effetti imprevisti sul valore di mercato e sulla liquidità di tali titoli. I titoli in oggetto possono inoltre essere interessati da altri rischi (cambiamenti della situazione politica, economica o del quadro normativo) di cui gli investitori statunitensi potrebbero venire a conoscenza in ritardo.