Lusso e banche spingono i listini europei
In passato, i mercati azionari statunitensi hanno sovraperformato su quelli dell’Eurozona. Nel 2023, lo S&P 500 (grafico blu) è cresciuto dell’8,77% su base annua, mentre l’Euro Stoxx 50 è all’11,64% (grafico arancione).
I mercati europei, con molte aziende esportatrici, hanno beneficiato dalla riapertura della Cina dopo la politica zero-Covid. In particolare, gli indici europei sono molto esposti al lusso, mentre quelli statunitensi sono composti principalmente da titoli del tech. Grazie ai consumi cinesi le aziende del lusso hanno generato utili sopra le aspettative. Inoltre, anche se dovesse esserci una recessione in certi Paesi, questa non causerà gravi perdite al settore, che ha una domanda relativamente inelastica. Un’altra motivazione per la sovraperformance europea è la stabilità del sistema bancario.
Negli Stati Uniti, la politica monetaria restrittiva e il conseguente crollo di Silicon Valley Bank hanno causato una crisi delle banche regionali. D’altro canto, nonostante le problematiche legate a Credit Suisse, le banche europee sono a un 3,91% dall’inizio dell’anno, mentre il KBW Bank Index, che segue la performance delle banche USA, è al -24,49%. Inoltre, i mercati azionari statunitensi sono caratterizzati dai titoli growth, mentre quelli europei da titoli value. La valutazione delle aziende growth è basata su una crescita ipotetica relativamente distante. Con i tassi d’interesse elevati, i flussi di cassa futuri vengono scontati maggiormente, diminuendo le valutazioni. Per concludere, la probabilità di recessione è più significativa negli Stati Uniti che in Europa. La BCE ha migliorato le previsioni di crescita rispetto a inizio anno, dato che l’Eurozona è riuscita ad evitare una recessione causata dai prezzi energetici.
L’insieme di questi fattori ha permesso ai mercati azionari dell’Eurozona di sovraperformare su quelli americani. I dati sulla disoccupazione americana indicano un aumento dei posti di lavoro vacanti, suggerendo che la Federal Reserve non sia ancora riuscita a frenare l’economia. Nonostante ciò, vari ufficiali della Fed hanno rinforzato la possibilità di uno stop dei rialzi a giugno. L’inflazione core dell’Eurozona, invece, è scesa dal 5,5% al 5,3% rispetto al mese scorso, rimanendo ancora troppo elevata. Se gli Stati Uniti dovessero fermare i rialzi dei tassi d’interesse e la BCE dovesse continuare la sua politica monetaria restrittiva, le aziende americane ne beneficerebbero, potenzialmente invertendo il trend.
ERDOGAN E LA CRISI DELLA LIRA
Con il 52% dei voti, Erdogan vince le elezioni presidenziali in Turchia e inizia il suo terzo decennio al potere. Ad oggi, l’economia della Turchia è in un contesto di incertezza che potrebbe scaturire una crisi nel Paese.
Erdogan sceglie di combattere l’inflazione mantenendo bassi i tassi d’interesse. Non potendo utilizzare una politica monetaria restrittiva per fermare il rialzo dei prezzi, la banca centrale deve ideare politiche d’emergenza, spesso irregolari e imprevedibili, che destabilizzano i mercati. Di conseguenza, l’inflazione, che ora è al 44%, non è stata ancora mitigata. Inoltre, la banca centrale turca soffre di una mancanza di credibilità. Per credere che il vero obiettivo della banca centrale sia la stabilità dei prezzi, gli investitori devono avere fiducia nella sua indipendenza. In passato, il governo turco ha influito sulle decisioni della banca centrale, spingendo gli investitori a non avere fiducia negli sforzi contro l’inflazione, non permettendo di frenarla. La crisi di fiducia degli investitori nelle politiche economiche turche ha causato un deprezzamento della lira. Il valore della valuta potrebbe scendere del 29% entro la fine dell’anno, essendo già crollato di più del 7% da inizio 2023. Per cercare di mantenere stabile il tasso di cambio, la banca centrale deve vendere riserve di valute estere e comprare la lira, riducendone l’offerta. Avendo già speso oltre $200 miliardi per supportare la lira, la Turchia sta esaurendo le riserve estere.
Certi analisti pensano addirittura che le riserve nette della banca centrale siano negative. Questo significa che non sarà in grado di continuare ad evitare un grave deprezzamento. I problemi macroeconomici riducono gli investimenti esteri in azioni e obbligazioni turche, che negli ultimi anni sono diminuiti dell’85%. Inoltre, le tensioni geopolitiche della Turchia con altre nazioni aumentano ulteriormente l’incertezza. Per esempio, il conflitto con il nord Iraq per un oleodotto che passa attraverso il Paese, mette a rischio il trasporto dello 0,5% di domanda di petrolio globale. Ad ogni modo, Erdogan ha promesso di scegliere un team economico governativo che aumenterà la credibilità della Turchia. Un cambiamento simile, insieme a una modifica della politica monetaria, potrebbe frenare l’inflazione, dare fiducia agli investitori e supportare l’economica turca.