Rapporto EY: Italia in pole position per gli investimenti esteri

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Italia sempre più attrattiva per gli investimenti esteri. Nel 2022 sono stati realizzati 243 progetti .La crescita del numero di progetti su base annua è del 17%. Il nostro paese batte le tre maggiori economie europee, Germania, Regno Unito e Francia, le quali, sebbene continuino ad attrarre la maggior parte dei flussi di Ide, il 50% del totale in Europa, registrano performance al di sotto delle aspettative (Germania -1%; Regno Unito: -6%;Francia: +3%). È quanto emerge dall’EY Europe Attractiveness Survey 2023, ricerca annuale di Ernst&Young che analizza l’andamento degli investimenti diretti esteri in Europa e le percezioni di investitori, rappresentanti istituzionali e opinion leader locali e internazionali, con l’obiettivo di misurare il livello di attrattività di ciascun Paese, individuare i driver di investimento futuri e le principali criticità.

Il ceo di EY Italy Massimo Antonelli ritiene che “le opportunità per sfruttarlo risiedano soprattutto nel Pnrr”, mentre il ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto ha sottolineato come il piano debba essere modificato e approcciato in un’ottica diversa per fungere davvero da volano di sviluppo.

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Servizi e It in pole

A livello di settori, la survey evidenzia come i servizi B2B e il comparto IT, con il 19% e il 16% degli Ide totali dell’anno, siano risultati i settori più attrattivi per gli investitori stranieri in Italia. In calo trasporti e logistica, che segnano invece un decremento del 4% rispetto al 2021. A livello geografico, i maggiori investitori del 2022 si sono rivelati gli Stati Uniti (21%), la Francia (14%) il Regno Unito (14%) e la Germania (11%): i loro capitali sono confluiti per oltre metà (57%) nelle regioni del Nord-Ovest, dove si trovano alcuni dei distretti industriali più attrattivi, mentre Centro, Nord-Est e Sud si sono accontentati dal 16%, del 12% e del 10%.

Prospettive future

Secondo la ricerca, l’interesse degli operatori per l’Italia resta forte anche in ottica futura. Il 54% delle imprese intervistate ha dichiarato di volere investire in Italia nei prossimi dodici mesi e il 57% si aspetta un ulteriore miglioramento dell’attrattività di qui a tre anni. La dimensione del mercato nazionale rappresenta per il 65% del campione il principale driver che spinge gli investitori a stabilire una presenza diretta nel Paese mentre il 57% ritiene che rientri nel novero degli incentivi più efficaci anche il limitato grado di concorrenza in alcuni settori spesso caratterizzati dalla presenza di grandi imprese. Vincoli burocratici (64%) e incertezza politica e regolatoria (55%) sono gli elementi che, al contrario, disincentivano maggiormente. Ed è proprio in quest’ottica che diventa fondamentale la gestione del Pnrr. Così come la percezione che l’opinione pubblica ne ha.

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Il nodo Pnrr

“Presso i manager pubblici e privati cala la fiducia sul fatto che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possa trasformare il Paese”, ha detto Dario Bergamo, responsabile Mercati Regolati di EY. Ecco perché, ha sottolineato il manager, le soluzioni per far fruttare davvero gli oltre 200 miliardi di finanziamenti non possono non passare da due snodi: una maggiore collaborazione pubblico-privato e la realizzazione dei tre grandi obiettivi a breve termine che le istituzioni si sono date, cioè la transizione energetica e quella digitale insieme alla realizzazione delle infrastrutture. A questi tasselli, Fitto ne ha aggiunto un altro: la qualità della spesa. “Occorre capire quali progetti possano essere conclusi entro giugno 2026, portare avanti quelli e ricollocare gli altri su strumenti di programmazione a più lungo termine”, ha spiegato il ministro. Che ha messo al centro del dibattito anche il tema dell’impatto di guerra e inflazione sui costi di attuazione delle opere preventivate quando il piano è stato scritto.

In ogni caso, Fitto ha sottolineato come l’Italia non sia in ritardo: “Sulla terza rata del Pnrr ci siamo. È la prima volta che abbiamo avuto 55 obiettivi e sono stati tutti raggiunti. Nella fase di verifica ci sono approfondimenti che stiamo facendo con la Commissione Ue in modo costruttivo”. Una rivendicazione che si è aggiunta alla valorizzazione del RePowerEU: “Il governo sta lavorando per renderlo un capitolo aggiuntivo molto rilevante all’interno del Pnrr. Tra le principali linee di intervento, il rafforzamento della nostra rete energetica e una risposta strutturale in materia di incentivi e di efficientamento energetico”.

Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania sono i maggiori investitori, ma come ha sottolineato il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, durante il suo intervento, “viviamo in una fase turbolenta per il mondo intero. Anche per questo il Pil risente di una forte instabilità. La Germania che ora è in recessione rappresenta un problema per noi perché è il nostro principale partner”. “Per l’Italia, nonostante tutto, è un buon momento, siamo in crescita. Questo – ha proseguito Urso – è stato possibile anche per la solidità del governo, dopo 10 anni abbiamo un esecutivo politico che può agire con una coesione e un programma che sta sorprendendo il blocco industriale. Nella prossima primavera potremo definire una politica industriale importante, questo – ha concluso il ministro – succederà contemporaneamente con l’Italia presidente del G7”.