Tassi e prezzi hanno avuto impatti di rilievo sulle compagnie di assicurazione

-

La crescita dei tassi e quella dei prezzi hanno avuto impatti di rilevo sulle nostre compagnie di assicurazione attraverso, rispettivamente, la riduzione del valore di mercato delle attività e passività finanziarie e l’aumento dei costi dei sinistri. Lo sottolinea l’Ivass nella propria Relazione annuale in cui ricorda come, grazie al principio della contabilità al valore di mercato che presiede al calcolo delle grandezze prudenziali, il rialzo dei tassi ha agito, come sempre, in modo pressoché parallelo sui due lati del bilancio delle compagnie; i rapporti di solvibilità si sono quindi ridotti solo in misura contenuta. Il mutato contesto ha tuttavia contribuito ad accrescere il rapporto fra riscatti e premi nel segmento Vita. Si è innalzata l’attenzione delle compagnie e del supervisore sul rischio di liquidità
Alla fine del 2022 l’indice di solvibilità per la media del sistema era sceso al 246 per cento, un valore inferiore di circa cinque punti rispetto a un anno prima, ma tuttora elevato e in linea con la media europea.

La diminuzione è dovuta al comparto Vita, sul quale ha pesato un significativo aumento del requisito connesso al rischio di estinzione anticipata dei contratti. Per le compagnie specializzate in questo settore l’indicatore è diminuito in media di oltre 25 punti, a poco più del 200 per cento; per le altre (Danni e “multiramo”) non vi sono state, in media, diminuzioni. All’adeguata patrimonializzazione delle compagnie hanno contribuito sia rafforzamenti di capitale realizzati dagli azionisti, sia minori distribuzioni di dividendi. I profitti si sono ridotti considerevolmente. Per la prima volta da dieci anni la gestione Vita ha chiuso complessivamente in perdita.

Una norma temporanea ha dato facoltà alle società che adottano i principi contabili nazionali di non registrare nel 2022 gli effetti economici delle minusvalenze sui titoli del portafoglio non immobilizzato, accumulandoli in una riserva indisponibile. Questa norma ha consentito di limitare le perdite da valutazione esposte in bilancio. Ne hanno fatto uso 36 compagnie, che rappresentano circa due terzi del mercato in termini di attivi, sterilizzando minusvalenze per complessivi 17,7 miliardi di euro. Una norma successiva, approvata lo scorso gennaio, ha permesso alle assicurazioni, entro certi limiti e a certe condizioni, di liberare parte di tali riserve per la distribuzione di utili.
Il ROE medio delle compagnie assicurative si è comunque ridotto di oltre 5 punti rispetto al 2021, scendendo al 3,2 per cento. La gestione Vita è passata da un utile di 4,3 miliardi a una perdita di 0,4. I rami danni hanno invece visto un utile sostanzialmente invariato (2,7 miliardi), anche se, per la prima volta dal 2011, l’assicurazione auto ha segnato una lieve perdita per l’effetto dell’inflazione sul costo dei sinistri e a causa di una raccolta in diminuzione.

Anche l’andamento dei premi è stato nettamente differenziato tra Vita e Danni. Se in quest’ultimo comparto i premi sono cresciuti, con l’eccezione appena menzionata del ramo auto, nel primo il calo è stato marcato nel 2022 (11 per cento) ed è proseguito nei primi mesi del 2023, in particolare con riferimento ai prodotti unit linked, che svolgono una funzione simile a quella di puri investimenti finanziari.

L’incremento dei rendimenti delle attività finanziarie alternative alle polizze ha frenato la raccolta di premi e ha alimentato le estinzioni anticipate dei contratti Vita, in particolare tra i detentori di polizze di importo elevato.

Il rapporto tra riscatti e premi è cresciuto; in aprile esso ha brevemente superato il 100 per cento, per poi stabilizzarsi intorno al 90 per cento nelle 3 settimane successive. L’aumento è stato maggiore per le compagnie che distribuiscono i propri prodotti attraverso il canale bancario o mediante promotori finanziari. Tensioni sulla liquidità possono rappresentare un fattore critico specialmente in presenza di minusvalenze latenti sul portafoglio investimenti.

Alla fine del 2022 il saldo tra plusvalenze e minusvalenze era negativo per oltre 50 miliardi di euro; è gradualmente migliorato nei mesi successivi, portandosi a meno di 30 miliardi il 9 giugno.
Il caso patologico di Eurovita, ma anche le vicende, nel complesso fisiologiche, che sta attraversando l’intero comparto in una condizione di mercato in rapido mutamento, devono farci riflettere sull’adeguatezza dell’insieme di norme, europee e nazionali, che influiscono sull’assicurazione sulla vita, in particolare per le polizze di ramo I, caratterizzate da garanzie di rendimento. Se tutti gli assicurati detengono la polizza fino a scadenza, non vi sono per le compagnie e per i loro clienti rischi che non trovino presidio nella regolamentazione prudenziale delle assicurazioni. Le minusvalenze che si determinano naturalmente in un periodo di rialzo dei tassi si riassorbiranno via via con l’approssimarsi della scadenza dei titoli che coprono le polizze. Questo vale, sia detto per inciso, anche nel caso patologico appena ricordato. Se però le polizze consentono riscatti anticipati a valori predeterminati, si pone il problema di garantire congruità tra la liquidità dell’attivo e del passivo, nonché di coprire il rischio economico-finanziario connesso con il rendimento promesso agli assicurati lungo tutta la vita del contratto.

La disciplina dei requisiti di capitale in Solvency II, ideata in un quadro economico-finanziario diverso, su questo aspetto meriterebbe secondo l’Ivass un ripensamento. Il rischio di riscatto anticipato è preso in considerazione in prevalenza con il requisito “mass lapse”, che cattura il manifestarsi dei rischi associati all’andamento di tassi e riscatti, ma non incentiva adeguatamente la loro prevenzione con adeguati presidi applicabili fin dal momento della stipula di contratti che siano liberamente riscattabili in anticipo, senza penalità e con rendimento garantito. Un rafforzamento dei requisiti, anche di secondo pilastro, a fronte del rischio di liquidità è già in parte previsto nella revisione delle regole attualmente in corso; sarebbero necessarie, in prospettiva, riflessioni a più ampio raggio.

Nel riconsiderare il quadro normativo, sarebbe opportuno valorizzare il ruolo più propriamente assicurativo della polizza rispetto a quello, accentuatosi negli ultimi anni, di un surrogato degli investimenti puramente finanziari. La questione non riguarda solo l’Italia; però, sebbene i dati non consentano confronti analitici, pare in Italia più significativa che altrove, a causa di una complessiva cornice normativa e di una prassi di mercato che, direttamente o indirettamente, accentuano nel nostro paese la liquidità dei passivi assicurativi. Quale che sia la conclusione del processo europeo di riforma di Solvency, ormai giunto alla fase finale, occorrerà studiare meditati interventi a livello nazionale per gli aspetti non armonizzati (contrattuali, civilistici e/o fiscali).