Invecchiamento e Long Term Care: spesa in crescita al 2,8% nel 2070

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Da lungo tempo, in Italia come in altri paesi europei, sono in atto due fenomeni demografici significativi: il processo di invecchiamento della popolazione e la riduzione della natalità a tali fenomeni si è accompagnato, sul lato socioeconomico, sia un rallentamento del tasso reale di crescita del PIL sia un aumento della disoccupazione. Lo ricorda l’Ivass in un intervento nell’ambito di un interessante convegno sulla non autosufficienza.

Di fronte a questi trend, a partire dagli anni ’90, in molte economie avanzate, sono stati presi alcuni importanti provvedimenti, volti, da un lato, a ridurre il ruolo dei sistemi pensionistici pubblici e, dall’altro, a stimolare il ricorso a prestazioni di lunga durata a carattere socio-sanitario per gli anziani non autosufficienti (Long Term Care – LTC).

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Quello che va rimarcato è che, come si è fatto per il settore previdenziale, si rende necessaria anche nel settore socio-sanitario e dell’assistenza, un’evoluzione che renda più sostenibile e incisivo l’intervento pubblico per le famiglie meno abbienti e nel contempo, per le altre fasce della popolazione, più diffuso il ricorso a forme assicurative che coprano i rischi della terza e quarta età.
Al riguardo l’anomalia del mercato assicurativo italiano, che soffre di una strutturale (e crescente) sottocopertura nel ramo Danni (1,9% il rapporto premi/pil contro il 4,9% della media OCSE nel 2021) riflette inevitabilmente anche la sottoassicurazione sanitaria delle famiglie italiane.

Di fronte al veloce processo di invecchiamento della società italiana, con l’Italia al secondo posto nel mondo per quota di ultra 65-enni, dopo il Giappone il tema della LTC ha una chiara rilevanza sistemica poiché la non autosufficienza ha tutte le caratteristiche di una “catastrofe naturale individuale” non molto dissimile, nei suoi effetti dirompenti, dalle catastrofi naturali globali di origine ambientale: simile la rilevanza, simile l’impatto aggregato sulla collettività, simile l’esposizione e la sottocopertura di cui soffrono le famiglie italiane, simile lo strumentario tecnico e regolamentare che potrebbe essere messo in campo, in modo sistemico, per alleviare il problema.

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Oggi la spesa pubblica per LTC (spesa sanitaria, per indennità di accompagnamento e per altre prestazioni) è di circa 38 miliardi, pari al 2% del PIL ed è prevista in crescita al 2,8% nel 2070. La spesa privata (per le RSA e per l’assistenza domiciliare) è stimata in circa 33 miliardi (1,7% del PIL). C’è quindi, ad oggi, una sostanziale equiripartizione degli oneri complessivi, sebbene la situazione corrente non può certo dirsi soddisfacente sia perché non tutta la domanda di LTC è soddisfatta sia perché la qualità dei servizi non è ottimale La spesa privata è quasi interamente out-of-pocket, poiché la raccolta delle polizze assicurative LTC è di soli 178 milioni di euro, appena lo 0,2% dei premi Vita, cui andrebbe aggiunta la componente residuale a copertura del rischio di non autosufficienza ottenuta col ramo Danni-malattia. C’è dunque spazio per una soluzione che possa essere ad un tempo universalistica, economicamente efficiente e più attenta alla qualità dei servizi.
In particolare, mediante un sistema di partenariato tripartito, Stato-Imprese-Terzo Settore (quindi imprese “for profit” e imprese “for good”) con prestazioni ben definite, economicamente sostenibili e qualitativamente controllate, si potrebbe dare una soluzione strutturale al problema della non autosufficienza. Tale sistema misto pubblico-privato si baserebbe sull’approccio mutualistico della contribuzione e della copertura, per venire incontro all’esigenza di LTC di tutta la popolazione italiana.

Lo Stato stabilirebbe le regole e garantirebbe un’adeguata deduzione fiscale dei versamenti; i datori di lavoro e i lavoratori verserebbero la rispettiva contribuzione; le imprese di assicurazione gestirebbero le risorse offrendo rendite monetarie o risarcimenti “in forma specifica” da imprese sociali specializzate nella cura delle persone, con adeguati presidi di vigilanza sulla qualità dei servizi . Da non trascurare il fatto che il Terzo Settore potrebbe offrire non solo assistenza ma anche occasioni di adeguate attività lavorative per le disabilità meno gravi. Si tratterebbe, quindi, di un nuovo welfare, delineato secondo i principi dell’economia civile, focalizzato più sulle vulnerabilità (ex ante) che sulle fragilità (ex post) e attento alle tre dimensioni del benessere collettivo: universalità, efficienza e “qualità relazionale” dei servizi.