MeToo, la parola pubblica atto trasformativo della società. La battaglia contro le molestie sulle donne

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MeToo della pubblicità — 
Esploso pochi giorni fa, il #MeToo della pubblicità, continua ad essere al centro dell’attenzione mediatica.
“FERPI, l’associazione che rappresenta in Italia i professionisti delle Relazioni Pubbliche e della Comunicazione, intende continuare a dare il proprio contributo, insieme a tutti coloro che vorranno affrontare la questione in maniera profonda e radicale” come afferma la Vicepresidente, Daniela Poggio (nella foto a destra).
In questi giorni il mondo della comunicazione è attraversato da quello che i giornalisti hanno già definito il #MeToo della pubblicità. Il riferimento è alla campagna lanciata sui social nel 2017 in sostegno alle artiste di Hollywood abusate dal regista Harvey Weinstein, come rivelato dal New York Times a ottobre di quell’anno. In soli due giorni, oltre dodici milioni di donne, in ogni parte del mondo, condivisero con lo stesso hashtag – talvolta adattato e tradotto in lingue diverse – le proprie storie di molestie e violenza spesso taciute, puntando il dito contro un sistema che limitava la libertà delle donne e giustificava la prevaricazione degli uomini. In Italia, il testimone del #MeToo venne raccolto inizialmente dalla campagna #quellavoltache, lanciata dall’attivista e autrice Giulia Blasi.
Il caso di oggi nasce dalle dichiarazioni di un uomo, e questa è una novità: Massimo Guastini, pubblicitario, due volte presidente dell’Art Directors Club Italiano, che da anni conduce la sua battaglia contro le molestie sulle donne. Intervistato su Facebook da Monica Rossi (pseudonimo di un editor), risponde a 33 domande raccontando e denunciando comportamenti sessisti e discriminatori nei confronti delle donne, ma anche violenze e abusi. Pochi giorni e il caso è su tutti i media nazionali.

Un nuovo #MeToo? Alla fine tutto è connesso e non riguarda solo il settore delle agenzie di pubblicità

“Esprimiamo vicinanza a tutte le donne che subiscono comportamenti abusivi sul posto di lavoro. Noi di GWPR, associazione che rappresenta le donne della comunicazione, condividiamo una riflessione aperta che vuol essere un invito ad una presa di coscienza più profonda di fronte agli episodi che sono emersi nel mondo delle agenzie di comunicazione” dichiara la presidente Carola Salvato (nella foto sotto).

La cultura italiana è anche figlia di pregiudizi e stereotipi che vedono da un lato donna e impotenza e dall’altro uomo e imponenza tanto da normalizzare o banalizzare le violenze che quotidianamente si compiono all’interno della società e delle aziende (private e pubbliche), costringendo la libertà in angusti spazi culturali votati spesso al potere o alla intimidazione.
 
“Prima, dunque, di parlare di molestie nell’ecosistema lavoro dobbiamo preoccuparci di comprendere che queste riguardano le dinamiche di interazione fra esseri umani” ribadisce Carola Salvato “Noi auspichiamo che quanto accaduto non si riduca ad una corsa da parte delle aziende a preservare la propria reputazione ma sia occasione VERA per aprire un dibattito pubblico serio che porti tutti, donne e uomini, a chiedersi cosa NON stiamo facendo oggi negli ambienti dove operiamo e cosa possiamo fare tutti i giorni per prevenire che abusi o ingerenze come quelli denunciati continuino a ripetersi. Siamo noi a costruire, gesto dopo gesto, ambienti armoniosi e sani con azioni di consapevolezza che creino la cultura dell’alleanza e diffondano la potenza delle parole gentili. Per realizzare questo traguardo una sola cura: investire nella cultura del rispetto, sollecitare il sistema paese perché intervenga in tutti i contesti, sin dalla scuola”.

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L’industria della comunicazione ha un ruolo fondamentale nella gestione responsabile dei modelli di genere che influiscono la percezione pubblica e che contribuiscono (o meno) all’evoluzione di questi modelli in una direzione di rispetto, equità e giustizia. Il #MeToo della pubblicità rappresenta una fortissima spia d’allarme che questa evoluzione non si sta verificando, e che un salto culturale autentico è più che mai urgente. La nostra call to action è alimentare nella quotidianità processi di consapevolezza e supporto.

“Ci sono esperienze che settano un punto. Quello in cui bisogna smetterla di agitare le acque e bisogna iniziare a fare. Fare significa agire in maniera coesa verso un traguardo comune. Da giovane ho subito queste angherie e so bene le cicatrici che lasciano. “Ciò che è fuori è ciò che è dentro”. Il lavoro è uno spazio di rappresentazione di ciò che siamo come persone e come collettività. Le cose infine non accadono. Si alimentano nell’indifferenza o nel non dar loro voce! Che è la stessa cosa” conclude Carola Salvato.

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