Rapporto annuale dell’Istat: un Paese sempre più vecchio

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La trentunesima edizione del Rapporto annuale dell’Istat fornisce un’ampia base informativa e di analisi sulla situazione del Paese, in un quadro caratterizzato da notevoli opportunità, come quelle offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma anche da nuovi elementi di crisi e incertezza.

Di particolare rilevanza è il quadro demografico che viene tratteggiato.  Prosegue nel 2023 il calo del numero dei residenti già in atto dalla fine del 2014, frutto di una dinamica naturale ampiamente negativa (più decessi che nascite), attenuata sempre meno dagli effetti positivi dei saldi migratori. 

Dalle evidenze relative al primo quadrimestre dell’anno in corso, le nascite continuano a diminuire, registrando l’1,1 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per i decessi si osserva una riduzione dell’8,3 per cento, un dato in controtendenza rispetto al forte aumento che aveva caratterizzato drammaticamente il triennio precedente.

Al 31 dicembre 2022, i residenti in Italia ammontano a 58 milioni e 851 mila, 179 mila in meno rispetto all’inizio dell’anno. I cittadini stranieri sono 5.050.257, il 51 per cento dei quali donne, in lieve aumento rispetto al 2021, e costituiscono l’8,6 per cento dei residenti. 

Se si considera la dinamica naturale tra nati e morti, il 2022 si contraddistingue per un nuovo record del minimo di nascite (393 mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400 mila) e per l’elevato numero di decessi (713 mila). Nel 2022, le iscrizioni anagrafiche dall’estero ammontano a 361 mila, con un forte impulso dettato anche dai movimenti migratori dovuti alla guerra in Ucraina scoppiata a fine febbraio dello stesso anno. 

La fecondità della popolazione residente torna ai livelli del 2020 (1,24 figli in media per donna nel 2022), ma resta al di sotto del periodo pre-pandemico (1,27 nel 2019). La persistente bassa fecondità è uno dei tratti distintivi dell’evoluzione demografica del nostro Paese e ha prodotto negli ultimi decenni una consistente erosione della platea dei potenziali genitori, a cui si deve un effetto importante del calo delle nascite che osserviamo oggi.

L’evoluzione del numero medio di figli per donna in Italia continua a essere fortemente condizionato, inoltre, dalla posticipazione della genitorialità verso età più avanzate. L’età media al parto per le donne residenti in Italia è aumentata di dodici mesi dal 2010 al 2020, mentre è rimasta stabile nel 2021 e nel 2022, a 32,4 anni. 

C’è poi il tema della longevità. I livelli di sopravvivenza della popolazione, nel 2022, restano ancora inferiori a quelli del periodo pre-pandemico, con una perdita di oltre 7 mesi in termini di anni mediamente vissuti rispetto al 2019, sia tra gli uomini, sia tra le donne. Alla nascita, la stima della speranza di vita è di 80,5 anni per gli uomini e di 84,8 anni per le donne. Dal 2021, gli uomini hanno recuperato circa 2 mesi e mezzo di vita. Per le donne, invece, il valore della speranza di vita alla nascita rimane invariato rispetto al 2021. Il rallentamento del ritmo di crescita della speranza di vita delle donne costituisce un processo che si era manifestato già prima del 2020, ma la pandemia, nel suo insieme, ha rafforzato tale tendenza

La speranza di vita all’età di 65 anni è stimata nel 2022 in 18,9 anni per gli uomini e 21,9 anni per le donne. Anche in questo caso, il confronto con l’anno precedente evidenzia un guadagno solo per gli uomini (+0,1), mentre per le donne si ha la perdita di un punto decimale. Rispetto al 2019 persiste una perdita di circa sei mesi per gli uomini e di oltre otto mesi per le donne, a ulteriore conferma che la pandemia ha avuto effetti negativi soprattutto tra la popolazione più anziana e, in particolare, femminile. 

Nonostante l’elevato numero di decessi rilevato negli ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150 mila, di cui l’89,7 per cento con più di 65 anni, l’età media della popolazione è salita da 45,7 anni all’inizio del 2020 a 46,4 all’inizio del 2023. 

Al 1° gennaio 2023, le persone con più di 65 anni sono 14 milioni 177 mila, il 24,1 per cento – quasi un quarto – della popolazione totale. Cresce anche il numero di persone ultraottantenni, che arrivano a 4 milioni 529 mila e rappresentano il 7,7 per cento dei residenti. 

Il numero stimato di ultracentenari raggiunge il suo più alto livello storico sfiorando la soglia delle 22 mila unità, oltre 2 mila in più rispetto all’anno precedente. Da inizio millennio il numero di ultracentenari è triplicato. Al contrario, diminuiscono gli individui in età attiva, tra i 15 e i 64 anni, che scendono a 37 milioni 339 mila (63,4 per cento). 

Si riduce anche il numero dei più giovani: i ragazzi fino a 14 anni sono 7 milioni 334 mila (12,5 per cento del totale della popolazione residente). Le previsioni descrivono un consistente aumento dei cosiddetti “grandi anziani”. Nel 2041, la popolazione ultraottantenne supererà i 6 milioni; quella degli ultranovantenni arriverà addirittura a 1,4 milioni: si tratta di una situazione demografica mai sperimentata fino a ora in queste proporzioni che pone importanti sfide alla sostenibilità del sistema Paese.