Situazione macroeconomica tra Cina, Europa e Stati Uniti

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La riapertura dell’economia cinese alla fine dello scorso anno ha inizialmente portato a un rinnovato ottimismo, anche se la ripresa è stata disomogenea. In Cina, i settori della ristorazione, della gioielleria e delle auto elettriche hanno registrato una forte ripresa, mentre in generale il settore immobiliare è rimasto profondamente in crisi. Guardando alla fine dell’anno, la Cina dovrebbe comunque essere in grado di raggiungere gli obiettivi di crescita del 5-5,5% nel 2023, visto il rimbalzo dell’attività nel primo trimestre, anche se non abbiamo molta fiducia in un piano di stimolo su larga scala per rilanciare l’attività immobiliare.

La situazione energetica europea è migliorata notevolmente, grazie alle massicce importazioni di gas liquefatto americano e alle temperature miti. Il calo dei prezzi delle materie prime energetiche è una buona notizia per l’economia europea, in quanto riduce il carico dei costi per le famiglie e le imprese. Guardando alla fine dell’anno, è improbabile che la situazione cambi in modo significativo, con un rischio, a nostro avviso basso, che l’Eurozona si trovi ad affrontare gli stessi problemi, dati gli attuali livelli molto elevati di scorte di gas. Allo stesso modo, è improbabile che le dinamiche della domanda e dell’offerta spingano i prezzi del petrolio a un livello significativamente più alto di quello attuale. Esiste tuttavia il rischio che la Russia riconsideri l’accordo internazionale sull’export di cereali e fertilizzanti russi e ucraini attraverso il Mar Nero (“Black Sea Grain Initiative”) o addirittura limiti le esportazioni di gas verso l’Europa.

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Infine, la spesa per i consumi è stata complessivamente resiliente, anche se la situazione negli Stati Uniti appare più positiva su questo fronte. Diversi fattori giocano a favore; in primo luogo, l’inflazione dei salari reali è molto più alta negli Stati Uniti che in Europa. In secondo luogo perché i risparmi in eccesso accumulati dalle famiglie americane fungono da cuscinetto, mentre in Europa i risparmi rimangono stabili. La BCE ha recentemente analizzato il modo in cui i risparmi in eccesso sono stati investiti in Europa e negli Stati Uniti. Risulta che in Europa le eccedenze di risparmio sono state investite principalmente in immobili, mentre gli americani sono abituati a investire soprattutto in azioni e obbligazioni. Esiste quindi un serbatoio di consumi ancora disponibile sull’altra sponda dell’Atlantico, cosa che non c’è in Europa.

Considerate le tendenze attuali e contrariamente a quanto avvenuto finora, riteniamo probabile una divergenza nelle previsioni di crescita a favore degli Stati Uniti nella seconda metà dell’anno.

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Il quadro a metà anno è quindi il seguente: con un mercato del lavoro troppo rigido e un’inflazione salariale troppo elevata, le banche centrali corrono il rischio di vedere l’inflazione di fondo rimanere elevata ancora per qualche tempo. Non notiamo segnali precoci di un’imminente inversione di tendenza; gli indicatori anticipatori più affidabili della storia mostrano attualmente uno stress minimo o nullo e indicano che l’inflazione salariale a sei mesi sta rallentando, ma si trova ancora al di sopra del 5% negli Stati Uniti, con una situazione simile in Europa. Il calo delle aspettative di inflazione è una buona notizia (Michigan, NY Fed) e un indicatore affidabile del futuro dell’inflazione salariale, ma potrebbero essere necessari molti mesi per vedere un calo tangibile.